Ieri discussione del "decreto ombrello" 200/2023 sulle armi al governo ucraino - stamattina 8 febbraio voto finale - il resoconto ufficiale dei lavori alla Camera

08.02.2024

Alfonso Navarra

Discussione del disegno di legge: S. 974 - Conversione in legge del decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (Approvato dal Senato) (A.C. 1666).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1666: Conversione in legge del decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1666)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne ha chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione Affari esteri, onorevole Giangiacomo Calovini.

GIANGIACOMO CALOVINI , Relatore per la III Commissione. Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, nella mia esposizione mi limiterò ad illustrare il contesto multilaterale, a livello di Unione europea e di NATO, nel quale si inserisce il sostegno militare italiano in favore dell'Ucraina, lasciando poi al collega della IV Commissione il compito di illustrare le norme del provvedimento in esame. Quanto al contesto europeo, ricordo che nella riunione del 1° febbraio scorso il Consiglio ha ribadito il risoluto impegno dell'Unione europea di continuare a fornire all'Ucraina e alla sua popolazione un forte sostegno politico, un forte sostegno finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico per tutto il tempo necessario.

In particolare, ha confermato l'importanza di un sostegno militare tempestivo, prevedibile e sostenibile attraverso lo Strumento europeo per la pace e la missione di assistenza militare dell'Unione europea, ma anche attraverso l'assistenza bilaterale diretta degli Stati membri. Ha inoltre poi sottolineato l'urgente necessità di accelerare la fornitura di missili e munizioni, invitando gli Stati membri ad accelerare gli sforzi in tal senso.

A conferma del significativo impegno sotto il profilo del supporto militare, segnalo che tra il 2022 e il 2023 l'Unione ha mobilitato 5,6 miliardi di euro a titolo dello Strumento europeo per la pace con l'obiettivo di rafforzare le capacità e la resilienza delle Forze armate ucraine e proteggere la popolazione civile dall'aggressione militare in corso. Le misure di assistenza concordate finanziano l'invio di attrezzature e forniture come dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso e carburante, nonché attrezzature e piattaforme militari concepite per l'uso letale della forza a fini difensivi.

Tenuto conto del sostegno militare fornito dai singoli Stati membri dell'Unione europea, si stima che il sostegno militare globale dell'Unione all'Ucraina ammonti ad oltre 25 miliardi di euro. Ricordo poi che, in occasione del Consiglio Affari esteri dell'Unione europea del 22 gennaio scorso, l'Alto rappresentante per la politica estera Borrell ha espresso l'auspicio che l'Unione europea riesca a raggiungere un accordo su un'integrazione di 5 miliardi di euro al citato Strumento europeo per la pace e sull'istituzione di un Fondo di assistenza per l'Ucraina, in modo da poter far fronte alle esigenze più pressanti di Kiev.

In base alle conclusioni del citato Consiglio del 1° febbraio, l'accordo su tale Fondo dovrebbe essere raggiunto entro il prossimo mese di marzo. Sempre in ambito UE, da novembre 2022 è altresì operativa la missione di assistenza militare EUMAM-Ucraina, con l'obiettivo di promuovere la formazione di 40.000 soldati ucraini in diversi ambiti, tra cui assistenza medica, sminamento, logistica e comunicazione, manutenzione e riparazione degli equipaggiamenti militari, preparazione alla guerra chimica, batteriologica e anche nucleare.

La missione garantisce il coordinamento con le attività bilaterali degli Stati membri a sostegno dell'Ucraina, nonché con altri partner internazionali che condividono gli stessi principi, ed è aperta alla partecipazione di Paesi terzi. Per quanto concerne l'ambito NATO, nella dichiarazione adottata in esito all'ultimo summit dei Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza, svoltosi a Vilnius l'11 e il 12 luglio dell'anno scorso, è stato ribadito l'impegno assunto al Vertice di Bucarest del 2008 secondo cui l'Ucraina diventerà membro della NATO e si è riconosciuto che l'Ucraina è diventata sempre più interoperabile e politicamente integrata con l'Alleanza, realizzando progressi sostanziali nel suo percorso di riforme.

In esito al Vertice, è stato, altresì, concordato un pacchetto di sostegno politico e pratico ampliato, che prevede anche l'istituzione del Consiglio NATO-Ucraina, un nuovo organismo congiunto in cui gli Alleati e Kiev siedono come membri paritari per promuovere il dialogo politico, l'impegno, la cooperazione e le aspirazioni euro-atlantiche dell'Ucraina. A margine del summit, Paesi del G7, compreso anche il Giappone, hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta in cui, tra le altre cose, si annuncia un avvio di negoziati con l'Ucraina per formalizzare, attraverso impegni bilaterali, in conformità con i rispettivi princìpi costituzionali, il sostegno duraturo all'Ucraina sia nella fase bellica che in quella della ricostruzione, favorendo il suo processo di integrazione nella comunità euro-atlantica.

Si afferma poi l'impegno di ciascun Paese a definire con l'Ucraina accordi di sicurezza specifici, bilaterali e a lungo termine per garantire capacità di difesa dall'aggressione attuale e scoraggiare eventuali aggressioni future. Si sottolinea che il sostegno dei Paesi del G7 prevede la fornitura continua di assistenza alla sicurezza e attrezzature militari, dando priorità alla difesa aerea, all'artiglieria, ai veicoli corazzati e al combattimento aereo, e promuovendo una maggiore interoperabilità con i partner euro-atlantici.

Si afferma, infine, l'impegno a collaborare con l'Ucraina per lo sviluppo della sua base industriale della difesa, a svolgere attività di addestramento, a condividere l'intelligence e a cooperare nella cyber difesa. In termini quantitativi, secondo i dati diffusi dalla NATO, dall'inizio dell'aggressione russa nel febbraio 2022 gli Alleati hanno stanziato circa 100 miliardi di euro in aiuti militari all'Ucraina, di cui circa la metà provenienti dagli Stati Uniti.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione difesa, onorevole Pino Bicchielli.

PINO BICCHIELLI, Relatore per la IV Commissione. Presidente, onorevoli deputati, il decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, approvato in prima lettura, senza modificazioni, dall'Aula del Senato nella seduta dello scorso 24 gennaio, reca la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina.

Il provvedimento, composto da un solo articolo, più l'entrata in vigore, è connesso con la necessità di ottemperare agli impegni assunti dall'Italia nell'ambito delle Nazioni Unite, dell'Unione europea e della NATO per affrontare, nella maniera più efficiente, la crisi in atto in Ucraina, dai cui sviluppi stanno derivando preoccupanti riflessi sulla sicurezza e sulla stabilità internazionale.

Dopo la seduta introduttiva, nella giornata di ieri, le Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa) hanno sviluppato un approfondito dibattito sugli emendamenti presentati e hanno confermato il testo originario già approvato dal Senato.

Entrando nel dettaglio delle disposizioni del decreto-legge, ricordo che la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine è stata autorizzata dall'articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del 2022, previo atto di indirizzo delle Camere in deroga alla legge 9 luglio 1990, n. 185, e agli articoli 310 e 311 del codice dell'ordinamento militare. Tale autorizzazione è stata poi prorogata fino al 31 dicembre 2023 con il decreto-legge n. 185 del 2022, convertito dalla legge n. 8 del 23 gennaio 2023.

Ricordo, inoltre, che il comma 2 del citato articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del 2022 ha poi previsto che l'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari oggetto della cessione, nonché le modalità di realizzazione della stessa, anche ai fini dello scarico contabile, sono definiti con uno o più decreti del Ministro della Difesa, adottati di concerto con i Ministri degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'Economia e delle finanze.

L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari di cui si autorizza la cessione è classificato e sui relativi decreti ministeriali il Ministro della difesa pro tempore è stato audito presso il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir).

Per quanto riguarda gli atti di indirizzo approvati dal Parlamento, ricordo che il 1° marzo 2022, a conclusione delle comunicazioni sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina rese dal Presidente del Consiglio, il Senato e la Camera hanno approvato rispettivamente le risoluzioni n. 6-00208 e n. 6-00207, che, tra l'altro, hanno impegnato il Governo ad attivare, con le modalità più rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie per assicurare assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché, tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei alleati, la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione. Tale orientamento poi è stato confermato e precisato nelle risoluzioni n. 6-00226, approvata dal Senato il 21 giugno 2022, e n. 6-00224, approvata dalla Camera il 22 giugno 2022, in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2022.

Tali risoluzioni hanno impegnato il Governo a continuare a garantire, secondo quanto precisato dal decreto-legge n. 14 del 2022, il necessario e ampio coinvolgimento delle Camere con le modalità ivi previste in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari.

Successivamente, il 13 dicembre 2022, sia il Senato che la Camera, in seguito alle comunicazioni del Ministro della Difesa, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 185 del 202, hanno approvato al Senato le risoluzioni n. 6-00009, n. 6-00008 e n. 6-00011 e alla Camera le risoluzioni n. 6-00012, n. 6-00014 e n. 6-00016, che impegnano il Governo a proseguire il sostegno militare all'Ucraina. Da ultimo, l'impegno al sostegno militare è stato rinnovato dal Parlamento con diverse sfumature con le risoluzioni approvate in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio del 14 e 15 dicembre 2023, alla Camera con le risoluzioni del 12 dicembre n. 6-00073, n. 6-00072, n. 6-00074 e n. 6-00075, e al Senato con le risoluzioni del 13 dicembre n. 6-00057, n. 6-00058 e n. 6-00061.

Il decreto-legge oggi al nostro esame proroga, fino al 31 dicembre 2024, l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, prevista dall'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14. La relazione tecnica ad esso allegata sottolinea che dal provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che i materiali e i mezzi oggetto di cessione sono già nelle disponibilità del Ministero della Difesa, mentre eventuali oneri ad essi connessi saranno sostenuti nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Viene, inoltre, precisato che le cessioni di mezzi, materiali e armamenti avvengono a titolo non oneroso per la parte ricevente, cioè per il Governo ucraino, ma, al pari di quelle realizzate dagli altri Stati membri, sono parzialmente rimborsate dall'Unione europea attraverso i fondi dello Strumento europeo per la pace.

Per tali cessioni il Consiglio dell'Unione ha finora risposto lo stanziamento di 5,6 miliardi di euro.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Sottosegretario di Stato per la Difesa, Matteo Perego Di Cremnago.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO, Sottosegretario di Stato per la Difesa. Grazie, Presidente. Mentre intervengo - in particolare, questa mattina - c'è stata un'intensa attività di fuoco delle Forze armate russe verso l'Ucraina, verso la capitale, dove 4 persone hanno perso la vita e diverse infrastrutture energetiche sono state distrutte. Sono stati impiegati anche i bombardieri russi, con lancio anche di missili da alcuni assetti navali nel Mar Nero. Quindi, una situazione che vede l'offensiva russa tutt'altro che arrestarsi. Dall'altra parte le Forze armate ucraine, che hanno condotto un'operazione, una controffensiva che è terminata nel mese di dicembre e che non ha conseguito i risultati sperati, ha permesso, però, di contenere l'ulteriore avanzata russa, che ancora si assesta su una linea di attrito a Sud del fiume di Dnipro, avendo liberato la città di Cherson e intorno al Donbass. Questo è lo scenario militare con il quale ci misuriamo ormai da diverso tempo. A fianco di questo - quindi, a quello che è il piano militare - c'è il piano diplomatico. Diversi sono stati i tentativi e diversi sono ancora quelli in essere. In particolare, penso al summit sulla formula per la pace, proposto dal Presidente Zelensky attraverso 10 punti, che verrà probabilmente discusso in Svizzera il 23 e il 24 marzo, e ai precedenti incontri a Malta, con una partecipazione sempre più presente (a Davos erano presenti 80 Paesi). Allo stesso tempo, quindi, un'iniziativa diplomatica, in un certo senso, è stata avviata al fine di arrivare a un cessate il fuoco, così come c'è stato uno scambio di prigionieri fra i due Paesi, nonché l'iniziativa, soprattutto dell'Europa, di garantire l'adesione dell'Ucraina all'Unione europea, salvo il verificarsi di alcune riforme in essere, che è stata definita dal Consiglio d'Europa a novembre dello scorso anno, che è la migliore garanzia evidentemente di sicurezza per il Paese.

Ma queste due questioni, quella militare e quella diplomatica, si inseriscono anche nel quadro geopolitico. La Russia, ad esempio, impiega - e ha impiegato anche questa mattina, ma l'ha già fatto diverse volte in passato, in questi mesi - droni one-way attack e droni Shahed iraniani. Lo stesso Iran, attraverso i suoi proxy Ansar Allah, i partigiani di Dio o meglio chiamati Houthi, oggi sta attaccando i mercantili occidentali nel Mar Rosso, risparmiando per l'appunto quelli russi e quelli cinesi. Quindi, un contesto geopolitico estremamente complesso.

Per queste ragioni e coerentemente con la posizione che il nostro Governo ha assunto - così come il Governo precedente e, quindi, con un'ampissima maggioranza - dall'inizio del conflitto, noi chiediamo di poter continuare a sostenere militarmente, a fianco di un'iniziativa diplomatica, l'Ucraina. Lo crediamo perché personalmente riteniamo che non ci sia alcuna contraddizione a continuare a sostenere la difesa del popolo ucraino, un popolo che ha perso centinaia di migliaia di vite di cittadini innocenti per una guerra senza alcuna logica. Quindi, crediamo che sostenerlo significhi anche sostenere la possibilità di una soluzione diplomatica, nell'interesse prima di tutto del popolo ucraino, ma non soltanto del popolo ucraino. Qui mi preme sottolineare come sia difficilmente comprensibile il ragionamento per il quale siccome non si sono verificati gli esiti positivi di una controffensiva e siccome le Forze armate russe non sono state scacciate dal territorio ucraino sia venuto meno il senso di continuare a sostenere militarmente l'Ucraina, come alcune posizioni nell'opposizione vengono a rappresentare in questo Parlamento. Io credo che questo sia un grave errore per diverse ragioni. La prima è di natura prettamente militare, perché qualora oggi la comunità occidentale, la comunità dei donor, smettesse di sostenere l'Ucraina evidentemente quella che oggi è una posizione di difesa, che cerca di garantire quantomeno l'integrità della porzione non occupata il territorio, verrebbe decisamente delimitata e anzi ci sarebbe un'invasione russa - siccome sta premendo fortemente, ad esempio, nell'area del nord del Donbass - e quindi una probabile capitolazione dell'intero territorio. In secondo luogo, perché l'Ucraina si difende secondo un principio sancito dalle Nazioni Unite nel quale tutti, credo, ci riconosciamo, l'articolo 51, e non difende soltanto se stessa. Difende il diritto internazionale, difende i valori di democrazia e libertà, su cui è costruito questo stesso edificio, con il sacrificio di tanti italiani, con il sacrificio della Resistenza, che ci hanno portato a un Paese libero e democratico. Per cui, anche qui, non si capisce perché si dovrebbe non sostenere lo sforzo di un Paese fondato sui principi di uguaglianza, di libertà e di democrazia, così come il nostro, oggi difende non soltanto se stesso, ma anche quei principi e, ripeto, in un contesto in cui, da una parte, ci sono i regimi autoritari e, dall'altra, le democrazie e nelle democrazie come la nostra gli oppositori ai Presidenti della Repubblica non vengono spediti in Siberia o in carcere. Nei Paesi come il nostro le democrazie e i diritti sono tutelati e questo è l'esercizio e lo sforzo che sta facendo un Paese amico, l'Ucraina, un Paese che dal primo giorno ha visto una resistenza del proprio popolo, dapprima con i propri mezzi e poi con il nostro sostegno, che ha impedito, per chi è stato in Ucraina come il sottoscritto e come tanti dei parlamentari qui presenti oggi, basta vedere dove siano arrivati i carri armati russi, a pochi chilometri dal centro di Kiev, e quale mondo sarebbe stato e sarebbe se l'Ucraina capitolasse davanti all'affermazione del più forte, del potere delle armi, del potere della distruzione, del potere della guerra contro il diritto internazionale.

Ci si dice, a volte, che non ci sia abbastanza diplomazia, non si stia lavorando sui negoziati di pace per arrivare a una soluzione non soltanto militare del conflitto. Ebbene, questo ripeto è in contraddizione rispetto invece agli innumerevoli sforzi che sono stati fatti da questa parte che rappresentiamo noi, quella delle democrazie. Certo è che non c'è mai stato un minuto, un solo secondo, dall'inizio del conflitto, in cui le forze armate russe non abbiano continuamente bombardato il territorio ucraino, e non soltanto e soprattutto le strutture militari, ma le città. È accaduto a Leopoli, nell'estremo Occidente dell'Ucraina, ben lontano dal teatro di conflitto, accade quotidianamente su Kiev, accade su Kharkiv, accade su Kherson, accade su Dnipro. Quindi, non c'è mai stato un segnale reale da parte della Federazione Russa di un cessate il fuoco. L'unico segnale, oltre a quello delle armi, è stato quello di invocare dei referendum illegittimi per l'annessione dei territori occupati. Credo che questo sia il messaggio fondamentale. Noi continueremo a sforzarci, lo faremo come Presidenza del G7 ed è nelle priorità del nostro Governo, quello di favorire una soluzione diplomatica che sia la più giusta possibile. Però, ricordiamoci, da un lato, quale sia la posta in gioco e io faccio riferimento all'intervista di un autorevole esponente dell'opposizione che oggi diceva mi sembra un atteggiamento cinico di quelli che dicono non diamo più le armi all'Ucraina. Effettivamente, è un modo di abbandonarli, di abbandonare un Paese che ha visto più di 300.000 morti, che ha visto giovani perdere la vita, in nome di quei valori per cui i nostri predecessori, chi è venuto prima di noi, ha perso la vita allo stesso modo per difendere democrazia e libertà. Quindi, io credo che dovremmo essere tutti solidali, l'impatto per il nostro Paese è un impatto obiettivamente limitato nell'aver sostenuto militarmente l'Ucraina, stiamo parlando di qualche decina di euro a cittadino italiano, senza un impegno diretto delle nostre Forze armate. Quindi, quella che era all'inizio una sfida per la difesa della libertà, dell'integrità territoriale continua ad esserlo e continua a essere la missione di un Paese responsabile, autorevole, membro del G7, che fa la propria parte in nome di democrazia e libertà, che non sono solo bellissime parole, ma sono anche dei valori da coltivare, per arrivare alla pace, che è un traguardo e non basta dire pace per fermare il conflitto, non basta dire smettiamola di dare le armi e tutto cessa. Purtroppo, oggi serve continuare a sostenere l'Ucraina, serve a continuare a sostenerla con determinazione, serve portare i due attori protagonisti di questo conflitto al tavolo, ma serve ricordarsi anche nel mondo in cui viviamo, perché bisogna difendere la democrazia contro i regimi autoritari (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Onori.

FEDERICA ONORI (AZ-PER-RE). Signor Presidente, colleghi, membro del Governo, ubi solitudinem faciunt pacem appellant, ovvero dove fanno il deserto lo chiamano pace. Così Publio Cornelio Tacito ci descrive con chiara amarezza in cosa consista la dominazione di un impero sui territori conquistati. Qui lui, ovviamente, si riferisce all'impero romano. E proprio l'immagine del deserto spacciato per pace si addice, secondo me, alla città di Mariupol, una città portuale in cui vivevano pacificamente 400.000 abitanti che, dopo aver subito incessanti bombardamenti russi per più di 80 giorni, è letteralmente rasa al suolo.

Ecco io credo che il voto di oggi non sia un voto di routine. Il modo in cui sceglieremo di votare - voto a favore, voto contrario, luce verde, luce rossa - rimanderà a una visione ben precisa che ognuno di noi ha della storia e del presente, ma soprattutto del futuro. Questa volta la ferita inferta alla legalità internazionale è talmente grave che diviene emorragia profonda, che mette in crisi l'architettura stessa della sicurezza che ha complessivamente retto dal dopoguerra ad oggi. Il voto di oggi sancisce la possibilità o meno che qualcuno possa mettere indietro le lancette dell'orologio e far vigere la brutale legge del più forte come regola base dei rapporti tra gli Stati. E non ci possono essere ambiguità o tentennamenti in questa sfida decisiva per le sorti dell'intero continente europeo, perché il nostro voto di oggi riguarda l'Europa.

Perché riguarda l'Europa? Io difficilmente avrei potuto scegliere parole più chiare ed esatte di quelle espresse da Milan Kundera nel suo saggio Un Occidente prigioniero. Kundera, che la maggior parte di noi conosce per la sua opera più famosa, L'insostenibile leggerezza dell'essere, ci ha lasciato soltanto pochi mesi fa ed era uno scrittore, poeta e saggista francese di origine cecoslovacca che ha indagato lo spirito di quelle nazioni dell'Europa centrale, la Cecoslovacchia, appunto, ma anche l'Ungheria, la Polonia e potremmo far rientrare a ben vedere anche l'Ucraina, che hanno da sempre dovuto lottare per la propria indipendenza e per non essere assorbite dall'Impero russo, assorbite a livello politico, a livello culturale e a livello della loro lingua. Ne leggerò, quindi, poche righe che parlano della rivoluzione ungherese del 1956, nota anche come primavera ungherese. La primavera ungherese è stata una sollevazione armata contro la Russia in cui morirono 2.700 ungheresi e in cui migliaia - circa 250.000 - lasciarono il proprio Paese e si rifugiarono in Occidente. "Nel settembre del 1956 il direttore dell'agenzia di stampa ungherese, pochi minuti prima che il suo ufficio venisse distrutto dall'artiglieria, trasmise al mondo intero per telex un disperato messaggio sull'offensiva che quel mattino i russi avevano scatenato contro Budapest. Il dispaccio finisce con queste parole: moriremo per l'Ungheria e per l'Europa. Che cosa intendeva dire? Di certo che i carri russi mettevano in pericolo l'Ungheria e insieme l'Europa. Ma in che senso anche l'Europa era in pericolo? I carri russi erano forse pronti a varcare le frontiere ungheresi e a dirigersi a ovest? No. Il direttore dell'agenzia di stampa ungherese intendeva dire che in Ungheria era l'Europa a essere presa di mira. Perché l'Ungheria restasse Ungheria e restasse Europa era pronto a morire. La frase ha un senso evidente eppure continua a incuriosirci. Qui in Francia, in America - noi potremmo dire in Italia - siamo infatti abituati a pensare che fosse allora in gioco un regime politico, non l'Ungheria o l'Europa. Non ci sfiora neppure l'idea che a essere minacciata fosse l'Ungheria in quanto tale, né tantomeno comprendiamo come mai un ungherese, che rischia di morire, chiami in causa l'Europa".

Ecco perché il voto di oggi secondo me riguarda l'Europa, perché l'Ucraina è Europa e non tanto o non solo perché il 15 dicembre scorso il Consiglio europeo ha deciso di avviare i negoziati di adesione con l'Ucraina, ma perché, ad esempio, 10 anni fa, tra il 2013 e il 2014, c'è stato Euromaidan, dove sangue ucraino fu versato nella violenta repressione del vasto movimento di protesta, delle proteste scaturite a seguito della decisione dell'allora Presidente in carica Yanukovych di non sottoscrivere il trattato di associazione politica ed economica con l'Unione europea, con l'evidente intento di orientare l'Ucraina in netta direzione filorussa. Allora, come oggi, gli ucraini lottavano per la libertà, per la democrazia, per una maggiore integrazione europea e, soprattutto, per affrancarsi dal giogo russo, dalla continua interferenza e ingerenza di un regime imperialista che mostrava e, mostra tuttora, rinnovate mire espansionistiche.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA (ore 16,45)

FEDERICA ONORI (AZ-PER-RE). Ma il voto di oggi riguarda l'Europa anche perché si tratta di stabilire se vogliamo mettere a rischio o meno, provare ad intaccare o meno, l'unità dell'Europa sul tema, se vogliamo sostenere l'Europa in una risposta congiunta e, quindi, se vogliamo dare all'Europa la possibilità di svolgere un ruolo importante in quello che è uno scenario che si svolge sul territorio europeo oppure no. Un'Europa non unita era evidentemente la prima cosa che poteva auspicare di ottenere Putin quando diceva che nel giro di pochi giorni avrebbe potuto invadere, aggredire e quindi annettere parti dell'Ucraina.

Se l'Ucraina invece ha potuto difendersi, in alcuni casi addirittura riconquistare dei territori, è perché è stata sostenuta nella sua resistenza all'aggressore e chi oggi negherà il sostegno, anche militare, alla resistenza ucraina, dobbiamo dircelo molto chiaramente, starà dalla parte dell'Ungheria di Orbán, che negli ultimi mesi ha mostrato il suo volto forse peggiore in un ricatto continuo proprio sul tema degli aiuti all'Ucraina con le istituzioni europee, quell'Orbán che è finito sui giornali, sui telegiornali e nelle televisioni italiane, negli ultimi giorni, per il caso della nostra concittadina Ilaria Salis, quell'Orbán la cui Ungheria, al momento, mostra una distanza valoriale, tanto profonda quanto pericolosa, con i principi basilari dell'Unione di cui l'Ungheria, pure, fa parte.

Alla luce di tutto ciò, risulta inevitabile una menzione di discredito al Governo italiano per quello che non ha saputo fare, per il coraggio che non ha saputo avere rispetto a posizioni di Orbán assolutamente contrarie all'interesse nazionale e all'interesse europeo e mi riferisco sia alla condotta ricattatoria con le istituzioni europee circa gli aiuti all'Ucraina, sia al caso di Ilaria Salis.

Torniamo, però, ai termini del provvedimento che stiamo per votare. Vorrei, adesso, condividere una riflessione: è evidente che dichiararsi favorevoli al sostegno anche militare alla resistenza Ucraina sia una posizione per lo più impopolare. Cerco di spiegarmi, capovolgendo i termini del ragionamento: oggi, un politico che volesse essere popolare ad ogni costo non potrebbe permettersi di assumere questa posizione di sostenere la resistenza ucraina. Perché per farlo dovrebbe argomentare, menzionando, ad esempio, l'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che prevede la possibilità della difesa individuale e collettiva, dovrebbe cercare di contestualizzare, ricordando, ad esempio, eventi storici, come abbiamo fatto pochi minuti fa con Euromaidan, appunto, che la maggior parte delle persone però ignora - e anche questo ce lo dobbiamo dire -, oppure il "Memorandum di Budapest". Insomma, la questione non è che sia proprio semplice da illustrare e, inoltre, le armi chiaramente non piacciono a nessuno.

Quindi, quella di chi vuole sostenere la resistenza ucraina, è una posizione molto più difficile da spiegare, da far passare, del semplice e magari comunque efficace slogan: "No alle armi. Sì alla pace", che pure è incompleto come slogan, perché a ben vedere dovrebbe continuare così: "No, alle armi. Sì alla pace e che i russi prendano pure tutto quello che vogliono".

Ora, io voglio credere, invece, che tutti qui sentiamo la responsabilità di prendere decisioni che siano, non solo, corrette sul piano del diritto internazionale, non solo, in linea con i nostri valori fondativi - e la Resistenza è necessariamente uno di questi, perché il popolo italiano ha imbracciato le armi per resistere all'invasore e perché ha ricevuto aiuto dagli Alleati e sostegno in questo e proprio dalla Resistenza, non a caso, nasce la Repubblica italiana -, valori quali quello della Resistenza, ma che siano anche, più cinicamente, forse, nell'interesse nazionale. Perché tutto questo, ce lo dobbiamo ricordare, avviene alle porte dell'Europa e non possiamo credo, sic et simpliciter, chiudere gli occhi e fare finta che il problema non esista. Ecco, perché, da qualsiasi punto la si guardi, sostenere la resistenza ucraina è l'unica scelta giusta (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe) e, dirò di più, è anche una scelta da rivendicare a gran voce. E spiace che ci sia chi prova imbarazzo nel sostenere questa posizione. Non ci dovrebbe essere alcun imbarazzo a sostenere un popolo che resiste a un aggressore.

Presidente, vorrei terminare con un'immagine che, forse, meglio di tante parole, riesce a dare l'idea di quello che è in ballo oggi. L'immagine è la seguente: per me, il processo di pace è un viaggio in treno, la pace è la nostra destinazione, lì, dove vogliamo arrivare, mentre il supporto anche militare, da una parte, e il canale diplomatico, dall'altra, sono le due rotaie. Il treno può procedere fintanto che ci siano entrambe le rotaie e che entrambe le rotaie siano allineate. Se una delle due rotaie venisse meno, il treno sbanderebbe e non arriverebbe a destinazione. Supportare la resistenza ucraina vuol dire mantenere aperta la possibilità di una soluzione diplomatica, si intende, una soluzione diplomatica giusta e che possa rientrare nel principio della legalità internazionale. Interrompere questo supporto vuol dire far deragliare il processo di pace e a quel punto neanche la diplomazia servirebbe più. La Russia avrebbe una posizione di vantaggio tale che non avrebbe bisogno di scendere a compromessi, avrebbe ottenuto quello che vuole e sarebbe riuscita a farlo con la forza. A quel punto, però, perché fermarsi, perché non continuare, con la Transnistria, con le Repubbliche baltiche, con la Finlandia? Ci rendiamo conto di cosa c'è in gioco? Io mi rifiuto di accettare che per qualche like in più sulla propria pagina Facebook o per uno "zero virgola" in più nei sondaggi della prossima settimana qualcuno possa essere disposto a correre questo rischio e, come dicevo in apertura e termino, oggi, è un giorno importante, non è un pigro pomeriggio di febbraio, come forse ne abbiamo vissuti nelle nostre vite, quella che stiamo vivendo è la storia e la storia ci chiede di prendere una posizione chiara, netta e cristallina e la nostra non potrebbe esserlo di più. Forza Ucraina, syla Ukrayiny (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Padovani. Ne ha facoltà.

MARCO PADOVANI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il Sottosegretario per aver fotografato in maniera precisa la situazione attuale di quelle terre martoriate. È opportuno ricordare che tale provvedimento ha tra le sue origini anche gli atti di indirizzo approvati dal Parlamento già nel 2022. Il 1° marzo 2022, infatti, a conclusione delle comunicazioni sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina, rese dall'allora Presidente del Consiglio, il Senato e la Camera approvarono rispettivamente due risoluzioni, la n. 6-00208 e la n. 6-00207. Tali risoluzioni impegnarono il Governo ad attivare, con modalità rapide e tempestive, tutte le azioni necessarie per assicurare assistenza umanitaria, finanziaria, economica e di qualsiasi altra natura, nonché tenendo costantemente informato il Parlamento e in modo coordinato con gli altri Paesi europei alleati, la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la propria popolazione. Tale orientamento è stato successivamente confermato dal Senato e dalla Camera il 21 e il 22 giugno 2022, garantendo così tutte le misure a sostegno, ivi comprese le cessioni di forniture militari, proseguendo così il completo sostegno militare all'Ucraina. Proseguire questo percorso significa, quindi, dimostrare in maniera tangibile la nostra vicinanza al popolo ucraino, contribuendo di fatto a non consentire, nei princìpi e nella sostanza, l'invasione dell'Ucraina. Non sarebbe possibile fermarci ora. La nostra coscienza - e non solo - non ce lo permette. Sostenere il popolo ucraino significa non far saltare le regole del diritto internazionale. Non mantenere questa posizione significherebbe che gli scenari di crisi potrebbero moltiplicarsi ovunque e in qualsiasi momento. Tutto ciò, però, non significa non proseguire con un percorso di trattativa e di azione diplomatica, a cui il Governo Meloni sta lavorando sin dal suo primo insediamento per fare in modo che si arrivi a un piano di pace solido e duraturo. Nel frattempo, lo ribadisco, è giusto garantire il pieno sostegno all'Ucraina in tutti gli ambiti - politico, militare e umanitario -, atteggiamento assunto fin dal primo momento dall'Italia. Lo stesso Consiglio europeo ha ribadito il risoluto sostegno all'indipendenza, alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale, nonché al suo diritto naturale di autotutela contro l'aggressione russa. In particolare, sempre il Consiglio europeo ha confermato l'importanza di un sostegno militare tempestivo, prevedibile e sostenibile, attraverso lo Strumento europeo per la pace e la missione di assistenza militare nell'Unione europea, ma anche attraverso l'assistenza bilaterale diretta degli Stati membri. Ha, inoltre, sottolineato l'urgente necessità di accelerare la fornitura di missili e munizioni, e dotare l'Ucraina di un maggior numero di sistemi di difesa aerea. A conferma del significativo impegno sotto il profilo del supporto militare, è doveroso ricordare che, tra il 2022 e il 2023, l'Unione europea ha mobilitato oltre 5 miliardi di euro a titolo dello Strumento europeo per la pace, con l'obiettivo di rafforzare le capacità e la resilienza delle Forze armate ucraine e proteggere la popolazione civile dall'aggressione militare in corso.

Le misure di assistenza concordate finanziano l'invio di attrezzature e forniture come dispositivi di protezione individuali, kit di pronto soccorso e carburante, nonché attrezzature e piattaforme militari a fini difensivi. In questo momento, dove c'è un'Ucraina ferita, dove vi è un popolo che sta combattendo una guerra di difesa, una guerra di sopravvivenza e sicuramente non una guerra di conquista, e dove c'è chi ha violato il principio della sovranità nazionale, voglio ricordare che Fratelli d'Italia non ha mai cambiato idea sui valori e sui princìpi fondamentali della democrazia e della libertà. Una libertà che, dopo questa invasione, certamente non è più scontata in Europa. La resa dell'Ucraina significherebbe la resa dell'Europa intera, e noi abbiamo il dovere e il diritto di contribuire alla salvaguardia di questi princìpi, che non sono negoziabili. È gusto ricordare, inoltre, che la legge di bilancio per il 2024, del 30 dicembre 2023, n. 213, proroga la scadenza dello stato di emergenza dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024, per continuare ad assicurare accoglienza e assistenza alla popolazione proveniente dall'Ucraina sul territorio nazionale. Un impegno, quindi, del Servizio nazionale, coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile, che vede, ancora una volta, Fratelli d'Italia e tutto il centrodestra uniti e in piena sintonia, senza esitazione alcuna, sulla linea di condotta da seguire per un aiuto concreto al popolo ucraino. Oggi, purtroppo, però, una parte dell'opposizione, anche in quest'Aula, manifesta vuoti di memoria, che hanno il sapore dell'incoerenza, a partire dall'onorevole Conte, che, a seconda della posizione e dello scranno - maggioranza o minoranza - dove siede, decide di sostenere o meno gli interventi a favore delle autorità governative dell'Ucraina (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Per Fratelli d'Italia, sarebbe un errore fare un passo indietro. La condizione base per arrivare a qualsiasi forma di soluzione di questo conflitto è quella di consentire all'Ucraina di essere competitiva attraverso un equilibrio di forze in campo. Un equilibrio che non ci sarebbe stato, fino ad oggi, se non avessimo dato anche il nostro contributo.

Mettere, dunque, l'Ucraina nella posizione di competere e di avere quel bilanciamento nel conflitto, che è anche l'unica condizione per un'eventuale soluzione negoziabile. Sta a noi, a ciascuno di noi, decidere da che parte della storia stare, in coscienza. L'Italia lo ha fatto, ha scelto con chiarezza da che parte stare. Lo ha fatto per senso di giustizia e con la fierezza del lavoro svolto, ma, nello stesso tempo, con la consapevolezza che il 2024 sarà un anno cruciale per Kiev. L'obiettivo dell'Esecutivo è arrivare a una soluzione di pace duratura ed equilibrata, che ristabilisca la sicurezza e l'ordine, nel rispetto del diritto internazionale.

Recentemente, il Ministro Crosetto ha sintetizzato un pensiero che il gruppo di Fratelli d'Italia condivide pienamente: il presupposto della pace è un giorno in cui non cadono le bombe russe, non un giorno in cui gli ucraini smettono di difendersi. La morte dell'Ucraina si porterebbe dietro la morte di un pezzo di democrazia. La difesa è un prerequisito della sicurezza, che è un prerequisito della stabilità, che porta alla pace. Non esiste, nei tempi in cui viviamo, una Nazione che possa permettersi di mettere da parte la difesa, ce lo dimostra recentemente anche il Mar Rosso.

Ed è alla luce di queste considerazioni, che rivolgo il mio plauso e quello di Fratelli d'Italia alle nostre Forze Armate, all'Esercito, alla Marina militare e all'Aeronautica militare, per il lavoro quotidiano nell'interesse e nell'amore per la patria, sia sul suolo nazionale, che in tutte le missioni di pace internazionali. Missioni che hanno, come obiettivo, il mantenimento della stabilità locale e globale, la sicurezza, l'addestramento delle Forze armate di altri Paesi e, non per ultimo, il supporto umanitario alle popolazioni. Forze armate che sono orgoglio nazionale, una risorsa che, mai come oggi, va preservata e salvaguardata. In un momento in cui le condizioni di tensione sono spiccate, esse portano il loro contributo, facendosi apprezzare ovunque nel mondo. Sarebbe opportuno che, anche all'interno di quest'Aula, qualche deputata che si riempie la bocca di pace, ma evidentemente solo a parole, mostrasse il doveroso rispetto a chi indossa l'uniforme del nostro Esercito, a chi quotidianamente si mette a disposizione della Nazione, a chi, la pace vera, la vuole garantire senza convenienza, senza alcuna strumentalizzazione e nel solo interesse del tricolore nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Noi di Fratelli d'Italia siamo con questi soldati, i nostri soldati, con i loro valori veri e non discutibili.

Concludendo, Presidente, la posizione di Fratelli d'Italia su questo provvedimento è stata netta fin da subito, non l'abbiamo mai cambiata, una scelta inevitabile: da un lato l'aggressore, dall'altro l'aggredito. Ora non c'è spazio per i tentennamenti, per un distinguo sofisticato, per un pacifismo finto e peloso. Noi non faremo mai elogi alla guerra, ma non possiamo accettare nemmeno che qualcuno pretenda la resa dell'Ucraina come un dovere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Graziano. Ne ha facoltà.

STEFANO GRAZIANO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Io vorrei iniziare con il ricordare che il 24 febbraio 2022 è stato un giorno terribile per l'Europa, oltre che per l'Ucraina, perché l'invasione russa, l'aggressione russa del popolo ucraino, è stato un giorno davvero triste. Triste perché iniziamo col dire che l'Europa è stata, per settant'anni, un continente di pace. E dopo settant'anni, in realtà, si è ritrovata nel bel mezzo di una guerra, di un'aggressione che ha fatto del popolo ucraino un aggredito e un aggressore, che noi, fermamente, da subito, abbiamo condannato senza indugio. E soprattutto dal momento in cui c'era, al Governo, Draghi e, come Ministro della Difesa, l'onorevole Guerini, abbiamo lavorato affinché ci fosse un forte aiuto e una forte presenza di aiuti militari, di equipaggiamenti e di tutto ciò che poteva essere utile, dal punto di vista umanitario, per dare forza alla resistenza del popolo ucraino. Abbiamo scoperto una grande capacità di resilienza e una grande capacità di forza del popolo ucraino.

Questo decreto chiede una proroga, di fatto, fino al 31 dicembre 2024 e continua in quella logica della cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari per dare forza e resistenza. Ma vedete, tutto questo viene fatto in una certa logica, così come prevede il decreto, con norme stabilite con modalità e con indirizzi molto precisi. Sostanzialmente, a seguito della risoluzione che abbiamo presentato, a nome della deputata Braga e di tutti i parlamentari del Partito Democratico, che è stata approvata, sostanzialmente si sono approvate alcune cose, a nostro avviso, importanti. Vogliamo al riguardo ringraziare il Sottosegretario che era presente per aver dato un parere favorevole in quella direzione, anzi ci permette di dire alcune cose importanti: la prima, occorre lavorare a una conferenza di pace, perché non c'è nessuno di noi che sia lontano o che non voglia la pace. Abbiamo visto che, oggi, questa mattina e ancora mentre parliamo, su Kiev si sono abbattuti molti missili, la città è senza energia elettrica: immaginate quel popolo in questo istante se ha voglia di avere una guerra all'infinito. Ha voglia di pace ovviamente e quindi abbiamo chiesto che ci fosse una conferenza di pace.

C'è bisogno ancora di più di una forte azione diplomatica che ancora manca da questo punto di vista, perché, diciamoci la verità, quando nasce un'azione diplomatica, bisogna vedere gli equilibri sul campo. E gli equilibri sul campo, oggi, se non sosteniamo l'Ucraina, se non sosteniamo il popolo ucraino, ovviamente non è che cambieranno, saranno unilaterali, cioè saranno tutti a favore di una parte. Ecco il motivo per cui dobbiamo ancora di più insistere nel sostenere il popolo ucraino ed è questo quello che chiediamo. Chiediamo che vi sia un'azione diplomatica più forte e che vi sia sostegno alle forniture, agli equipaggiamenti, a tutte le esigenze umanitarie. Oggi oltre 17 milioni di ucraini hanno bisogno di assistenza umanitaria e sanitaria; pensate che, solo nel 2021, probabilmente gli ucraini erano poco meno di un milione e mezzo, 2 milioni. Oggi siamo a 17 milioni, circa la metà della popolazione ucraina ha bisogno di assistenza sanitaria.

C'è anche un altro tema: sostenere l'Ucraina significa rispettare la Carta delle Nazioni Unite che, all'articolo 51, riconosce espressamente il diritto all'autotutela individuale o collettiva, aiutando con i mezzi e con gli assetti che ogni Paese, che aderisce, può assicurare, con la risoluzione che di fatto c'è stata, a partire dalla logica multilaterale dell'Unione europea, da un lato, e della NATO, dall'altro. E qui che si inserisce, ancora una volta, quella che dovrebbe essere poi un'azione diplomatica.

Noi inoltre presentammo proprio qui in Parlamento (c'era il Governo Draghi) un emendamento, affinché, ogni tre mesi, si svolgesse un'informativa del Governo sullo stato del conflitto in Ucraina e ciò viene completamente confermato. È un altro tema importante.

Ovviamente questi equipaggiamenti vengono stabiliti in un allegato; c'è il Copasir che ne viene a conoscenza, quindi anche da questo punto di vista è previsto il passaggio parlamentare. Poi fatemi dire, questo avviene attraverso un decreto del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell'Economia e delle finanze. Quindi, sono previsti tutti quei passaggi affinché vi siano garanzie rispetto alla cessione gratuita a favore del popolo ucraino per le ragioni che abbiamo detto e, soprattutto affinché una parte di quella cessioni di mezzi, equipaggiamenti e tutto ciò di cui hanno bisogno, dal punto di vista umanitario, venga anche rimborsato dall'Unione europea.

Vorrei fare però una riflessione un po' più allargata rispetto alla vicenda Russia e Ucraina. Noi siamo in un momento particolare della storia dell'Europa e dell'Occidente. Ci troviamo da un lato con il conflitto russo-ucraino, dall'altro con una grande tensione in Serbia e Kosovo, come il Sottosegretario potrà confermare. La tensione è grande in quella direzione. Ma vi sono anche altre questioni: quella israelo-palestinese, quella del Mar Rosso e poi, anche se non ne parliamo più, quella della Tunisia, quella del Sahel, e tutto quello che riguarda quel mondo. Se per un istante, mettete un compasso al centro dell'Europa e lo fate ruotare, in realtà, vi accorgete che tutto questo è esattamente intorno all'Europa. Siamo qui!

E poi fatemi dire una cosa rispetto al conflitto russo-ucraino: c'è una questione di fondo, a mio avviso. Gli ucraini stanno combattendo anche per noi, lo stanno facendo perché l'invasore russo vorrebbe sempre di più allargare i confini e man mano allargarli per arrivare chissà dove. Allora, il nostro sostegno a questo popolo è anche un sostegno a noi stessi. Dobbiamo avere la consapevolezza che il sostegno all'Ucraina è un sostegno all'Occidente, un sostegno all'Europa nel suo complesso; non è un sostegno in una direzione che immaginiamo possa essere al di là di ogni bene e male. Mentre noi qui oggi possiamo continuare a costruire i nostri sogni, ad avere la nostra famiglia, a costruire le nostre relazioni, a ridere con i nostri amici, loro sono lì, in questo momento a combattere, anche per noi. E penso che questo sia il dovere di un Paese come l'Italia: far sì che possa continuare a sostenere una tesi di questo tipo.

Vorrei chiudere questo intervento, dicendo che il tema di oggi è fondamentale. Occorre leggere quello che sta accadendo sul piano geopolitico e sul piano complessivo del mondo: c'è un attacco frontale all'Occidente nel suo complesso e contemporaneamente abbiamo le elezioni americane. Questo mix, purtroppo, crea molta instabilità ed è qui che si inserisce la nostra richiesta - è ancora di più la richiesta al Governo che viene dal Partito Democratico - di alzare il livello per costruire un'iniziativa diplomatica sempre più forte, perché purtroppo questo è quello che ancora manca. Manca perché non c'è un'attenzione ancora forte, sapendo che l'iniziativa diplomatica presenta difficoltà a fronte degli equilibri sul campo ed è il motivo per cui dobbiamo sostenere l'Ucraina senza indugio e senza avere dubbi.

Per noi, lo dico, chiudendo il mio intervento, l'Ucraina oggi è ciò che è stata la Catalogna per George Orwell. Il giorno in cui gli ucraini saranno liberi di sognare la loro vita e di ricostruire le loro città non esisterà più la differenza tra di noi. Solo allora potremo dire di aver reso quel popolo libero, libero di sognare, ma, fatemi dire, avremo ristabilito, anche in Europa, una condizione di libertà, che oggi ancora non c'è, e di preoccupazione, che oggi non c'è. Quindi, bisogna sostenerli senza se e senza ma e continuare in quella direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carra'. Ne ha facoltà.

ANASTASIO CARRA' (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, l'esigenza di varare un nuovo decreto-legge per consentire la prosecuzione degli aiuti civili e militari all'Ucraina manifestatasi nello scorso dicembre è stata oggetto di valutazioni ai più alti livelli istituzionali del nostro Paese e deriva da circostanze drammatiche. È passata, infatti, al vaglio del Consiglio supremo di difesa, organo costituzionale di alta consulenza presieduto dal Capo dello Stato, nel cui ambito, lo scorso 11 dicembre, è stata ribadita la volontà dell'Italia di continuare ad aiutare l'Ucraina fino a ristabilire la pace in tutti quei territori stigmatizzati da conflitti, perdite di vite umane, con l'obiettivo di ristabilire vecchi disegni imperiali, apertamente dichiarati da Putin, a discapito della libertà di un popolo e del diritto di autodeterminarsi.

Quanto alle circostanze drammatiche, il prossimo 24 febbraio sarà il secondo anniversario della brutale decisione russa di aggredire l'Ucraina. Una data che ricorda a tutti noi quanto, ancora oggi, anche in Occidente, sia precario e debole il concetto di democrazia, di sacralità e inviolabilità della vita e difesa della libertà. Per questi motivi, onorevole Presidente, onorevoli colleghi, questa guerra è molto più di tutto questo: rappresenta l'idea stessa di libertà, in un modo che si applica molto più direttamente alle nostre nazioni e società di quanto la maggior parte di noi si renda conto. Sì, questa guerra riguarda la lotta per l'integrità territoriale dell'Ucraina. Si tratta anche di difendere lo Stato di diritto e il diritto all'autodeterminazione delle nazioni.

La scommessa di Putin era che l'Ucraina non avrebbe potuto resistere a un attacco russo e che la divisione interna e la dipendenza energetica avrebbero impedito all'Unione europea di venire in aiuto all'Ucraina. I russi parlavano di una guerra-lampo, di un conflitto che avrebbe presto visto capitolare l'Ucraina e il suo esercito alle visioni espansionistiche di Putin. Tuttavia, in questi due lunghi anni, abbiamo assistito all'esempio dato da un popolo, quello ucraino, che ha continuato a combattere e lottare per la propria libertà, resistendo alla forza militare e tattica dell'avversario e alla ferma volontà da parte di tutti i Paesi dell'Eurozona di fronteggiare le diverse criticità, come crisi energetica e carenza di grano, per confermare e mantenere il supporto a Kiev. Non possiamo voltarle le spalle senza che crolli. Se mollassimo Kiev, l'Italia e l'Europa tutta dovrebbero rinunciare alla lotta per la libertà contro l'oppressione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Di qui il decreto-legge di cui oggi votiamo la conversione in legge, un provvedimento che estende al 31 dicembre 2024 l'autorizzazione a disporre l'invio di aiuti civili e militari all'Ucraina sulla base delle stesse disposizioni adottate, all'indomani dell'invasione, il 25 febbraio 2022. Il fatto che si intenda continuare a rifornire di aiuti economici, umanitari ed anche materiali d'armamento non è peraltro incompatibile con la prosecuzione degli sforzi del nostro Governo, volti a promuovere in ambito internazionale l'avvio di un negoziato che porti quanto meno a una tregua. Questo è, quindi, il momento per reimmaginare e rifondare noi stessi. Abbiamo assistito all'unione delle democrazie occidentali e al riemergere del diritto all'autodeterminazione nazionale.

È per noi fondamentale garantire in Italia e in Europa un futuro di libertà. Difendere questo diritto è il minimo che il nostro Paese e l'Unione europea devono fare ed ottenere per le giovani generazioni, in Ucraina e altrove in Europa. Andarsene, di contro, certamente non incoraggerebbe i russi a sedersi al tavolo delle trattative, mettendo a serio rischio l'assetto democratico dei Paesi occidentali. Noi ne siamo convinti, per questo sosterremo la strategia prescelta dal Governo e voteremo a favore dell'approvazione della legge di conversione del decreto-legge n. 200 del 2023 (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lomuti. Ne ha facoltà.

ARNALDO LOMUTI (M5S). Grazie, Presidente. Solo pochi mesi fa - siamo agli inizi di ottobre dello scorso anno -, abbiamo assistito a un siparietto tragico di questo Governo sull'oggetto della discussione di oggi, che è l'invio di armi in Ucraina. Da una parte, abbiamo visto il Ministro degli Affari esteri Antonio Tajani bruciare tutti sul tempo e annunciare l'ottavo pacchetto di invio di aiuti militari all'Ucraina, disintegrando la strategia di questo Governo, che era quella di agire nel sottotraccia, tant'è che, poi, si è visto, dall'altra parte, un infastidito Ministro della Difesa Crosetto intervenire sulle facilonerie del primo, facendo dichiarazioni molto interessanti, innanzitutto, parlando proprio della situazione e di come si è comportata l'Italia. Ha fatto un po' la fotografia da quando è iniziato questo conflitto fino ad oggi e ha affermato, testualmente, che l'Italia ha fatto tutto ciò che poteva fare.

Una seconda riflessione importante è che il Ministro aggiungeva che lo spazio nel quale noi ci stiamo muovendo oggi non è illimitato, perché non sono illimitate le nostre scorte di armi. Infine, ha fatto un'altra importantissima riflessione - e, poi, spiego perché -, dicendo che, quando inviamo le armi, è arrivato il momento anche di decidere cosa si può inviare e cosa non si può inviare, perché siamo entrati in una fase in cui, in base alle scorte militari di armi che abbiamo, possiamo pregiudicare la nostra potenza difensiva del Paese. Questo è molto importante, Presidente, perché, finalmente, il Ministro Crosetto pone sul tavolo del ragionamento politico la questione della sicurezza nazionale, cosa che il MoVimento 5 Stelle aveva già fatto da tempo, non soltanto il MoVimento Stelle, ma i massimi esperti di strategia militare del nostro Paese, che non mancano. Era una situazione prevedibile, Presidente, perché non è soltanto il Governo, c'è stata anche la complicità di questo Parlamento, che ha agito con una - chiamiamola così - colpevole superficialità. Però, qui non siamo nel campo dell'imprevedibile o di un imprevisto, era tutto prevedibile, era matematico, era scontata come previsione.

Come risolvere questo problema? Come potrebbe risolvere il Ministro Crosetto questo problema? Ha tre soluzioni. La prima: smettendo di inviare armi, ma non credo che questo Governo sia propenso a questa prima soluzione. La seconda: continuare ad inviare armi, sguarnendo, però, le nostre difese militari. Immagino che nessun Governo sano di mente possa decidere di percorrere questa seconda ipotesi. Poi c'è una terza via, che è quella di continuare ad inviare armi a Kiev, ma comprando nuove armi per garantire la difesa nazionale. Vuoi vedere che proprio il Governo o, meglio, proprio quel buontempone del Ministro Crosetto ha scelto questa soluzione? Quel buontempone del Ministro Crosetto, negli anni, ha servito sempre gli interessi dell'industria bellica. Guardando un po' quello che arriva in Commissione difesa e, cioè, il costoso programma di riarmo, potremmo benissimo immaginare che sia andata proprio così e, cioè, che il Governo abbia scelto questa terza soluzione.

Ciò anche perché, poi, dobbiamo parlare di costi, perché anche questo interessa ai cittadini, cioè quanto ci costa questa azione governativa? Potremmo parlare, a titolo di esempio, di 800 milioni previsti per i nuovi sistemi di contraerea che devono sostituire i missili Stinger che abbiamo ceduto all'Ucraina.

Presidente, questo ha generato un dilemma non soltanto nel comparto o nell'aspetto politico, non soltanto dubbi oppure centro di discussione da parte parlamentare.

Oggi, anche le nostre Forze armate si pongono un dilemma, e cioè cedere le armi hi-tech all'Ucraina non è che poi ci espone a un pregiudizio difensivo, cioè del nostro potenziale di difesa? Non è che andiamo a diminuire la forza di difesa del nostro Paese? Presidente, noi ci troviamo molte volte, in maniera anche solenne, a ringraziare i nostri militari, ed è giusto. Noi siamo da quella parte, perché ci rappresentano in maniera degna nel mondo, ma, nel momento in cui noi, da una parte, li ringraziamo sempre, giustamente, ripeto, in maniera solenne, dall'altra parte, poi, devono seguire alle parole i fatti, e non mi sembra che lasciare le nostre Forze armate a secco sia un segnale di patriottismo. A me sembra un segnale di tradimento, con un pizzico anche di ipocrisia, Presidente. È questo proprio il punto.

Tornando poi a noi, cioè al tema di oggi, vorremmo sapere quali sono i costi reali, perché ad oggi abbiamo l'impressione che il Governo ce li nasconda, anche in maniera subdola. Perché subdola? Perché, se dobbiamo pensare, a maggio dell'anno scorso, quando questo Governo buttava in mezzo alla strada milioni di cittadini, ammazzando il reddito di cittadinanza, poi arrivava sempre quella manina notturna che inseriva 14,5 milioni di euro per la produzione di munizioni di medio e grande calibro, perché non potevamo lasciare sguarnite le nostre difese rispetto a quello che abbiamo inviato in Ucraina.

Allora, Presidente, il punto è proprio questo. Il MoVimento 5 Stelle non è che si sveglia oggi, è da tempo che denunciamo le bugie di questo Governo sul reale costo delle forniture di armi in Ucraina. È un'operazione che qualcuno ci ha detto che era a costo zero, quel qualcuno è il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Peccato, però, che poi le bugie hanno sempre le gambe corte e qualcuno inizia a sentire la puzza di bruciato. Quel qualcuno non sono questi malfidati del MoVimento 5 Stelle, bensì sono i tecnici dell'Ufficio parlamentare di bilancio.

Credo che un po' di credibilità queste persone debbano averla, una credibilità oggettiva, al di là delle preferenze o meno politiche. E, come già accaduto un anno fa, oggi come ieri, verrebbe da dire "stessa spiaggia, stesso mare, stesso Ufficio parlamentare", quegli stessi tecnici dicono "guardate, c'è un problema, poniamo dubbi sulla trasparenza che sta utilizzando questo Governo rispetto ai costi reali di questa operazione", e cioè sul finanziamento zero, così come paventato dalla Meloni, con riferimento a questa operazione, rispetto non soltanto alla logistica - la preparazione, la procedura di invio delle armi, perché anche lì ci sono voci molto importanti di costi -, ma anche e soprattutto al ripianamento proprio delle scorte dei materiali che abbiamo esaurito perché li abbiamo ceduti all'Ucraina.

Ora, Presidente, leggo testualmente il Kiel Institute, che fa un calcolo, e cioè è di circa 700 milioni di euro il valore degli invii bilaterali di armi a Kiev effettuati finora, ai quali, stando agli stanziamenti annuali previsti in manovra, vanno aggiunti almeno altri 500 milioni versati in 2 anni da Roma all'European Peace Facility, che finanzia le forniture europee. Siamo oltre il miliardo di euro, cifra di cui lo stesso Ministro Tajani già parlava un anno fa. Noi ci poniamo delle domande, a questo punto, Presidente, cioè perché questo Governo continua a mentire agli italiani sui costi reali dell'invio delle armi a Kiev?

Perché Meloni, Crosetto e Tajani non hanno il coraggio di dire quanto veramente stiamo spendendo per continuare ad alimentare questa guerra? È arrivato il momento di fare una scelta, e lo diciamo a tutte le forze parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione. Oggi bisogna decidere, oggi chi vuole veramente la pace e il bene degli ucraini non soltanto a parole, ma anche con i fatti, deve uscire fuori, deve scegliere. Oggi bisogna scegliere di non alimentare per il terzo anno consecutivo questa guerra inutile e sanguinosa. L'unica scelta che questo Parlamento può fare di buonsenso, usando il criterio della logica e della ragionevolezza, è quella di chiedere in maniera forte un cessate il fuoco, perché solo da lì si può partire verso il processo di pace, per raggiungere la pace attraverso i negoziati.

Presidente, concludo, il nostro appello è: uniamoci per gridare fortemente cessate il fuoco, iniziamo con i negoziati di pace in maniera seria, perché non è facile arrivarci, bisogna costruirli ed è un percorso difficile. Fermiamo l'invio delle armi, fermiamo le armi, fermiamo la guerra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. L'articolo 1 del decreto-legge in esame proroga fino al 31 dicembre 2024 l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, prevista dall'articolo 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28. Il 19 dicembre 2023 il Ministro della Difesa è stato audito dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sui contenuti del cosiddetto VIII pacchetto di invio di materiali ed equipaggiamenti militari all'Ucraina. Questo VIII pacchetto giunge 7 mesi dopo il VII, ovvero il decreto del Ministro della Difesa del 23 maggio 2023. I decreti ministeriali hanno tutti un medesimo contenuto: i mezzi, i materiali e gli equipaggiamenti militari, di cui si autorizza la cessione, sono elencati in un allegato elaborato dallo Stato maggiore della Difesa, che è però classificato, quindi non disponibile. Lo Stato maggiore della Difesa viene anche autorizzato ad adottare le procedure più rapide per assicurare la tempestiva consegna di mezzi, materiali ed equipaggiamenti. Per questa ragione, fatte salve le informazioni che escono sui media, non sappiamo quali armi e mezzi siano stati inviati fino ad ora in Ucraina, a differenza di quanto accade negli altri Paesi europei. La secretazione del documento allegato ai decreti interministeriali si basa su una delle classifiche di segretezza previste dall'articolo 42 della legge n. 124 del 2007, sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto, e non vi è mai stata apposizione del segreto di Stato. È per questo che noi abbiamo chiesto con un emendamento di non applicare le disposizioni della legge n. 124 del 2007 su questi documenti e renderli finalmente integralmente pubblici.

Dobbiamo parlare di armi oggi: parliamone e cerchiamo di farlo in modo non ideologico. Lunedì scorso l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri, nel corso di una visita ufficiale a Varsavia, ha dichiarato: "Non solo dobbiamo sostenere l'Ucraina per tutto il tempo necessario, ma per qualsiasi cosa necessaria. Non è solo una questione di tempo: è una questione di quantità e qualità delle nostre forniture. Il modo più rapido, economico ed efficace per aumentare la nostra fornitura all'Ucraina è smettere di esportare verso Paesi terzi".

L'Unione europea, a marzo 2023, ha approvato un piano da 2 miliardi di euro per incrementare le forniture di munizioni all'Ucraina, impegnandosi a inviare 1 milione di proiettili da 155 millimetri entro 12 mesi, ma alla fine del 2023, come sa bene il Ministro Crosetto, ne erano stati forniti solo 330.000 ed entro la fine di marzo si arriverà forse solo a 520.000. Borrell è convinto che la capacità produttiva dell'industria bellica degli Stati europei sia assolutamente in grado di fornire le munizioni necessarie all'Ucraina purché si interrompano, appunto, le esportazioni di armi verso Paesi terzi.

Parliamo di aziende che producono, tra l'altro, i famosi proiettili da 155 millimetri indispensabili, pare, per la controffensiva ucraina. Si tratta di 11 Stati europei: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Polonia, Slovacchia, Spagna, Svezia e Italia. Sottosegretario, ma secondo lei, che di questa materia dovrebbe essere esperto, così come lo è sicuramente il Ministro Crosetto, si potranno ricontrattare le condizioni, i tempi di consegna e quant'altro rispetto a forniture dirette a Paesi come quelli del Golfo? Abbiamo presente quanto incandescente sia lo scenario geopolitico in Medio Oriente e non solo? Borrell, dopo aver visto cadere il suo piano di 20 miliardi di euro, ha puntato all'aumento di 5 miliardi di euro del Fondo European Peace Facility, destinato alle missioni militari all'estero. A noi sembra di assistere a una rincorsa affannosa alle armi senza mai arrivare all'obiettivo. L'impotenza della politica, che si misura esclusivamente in termini di crescita di potenza militare, è sotto i nostri occhi, eppure si continua ciecamente in questa via, incuranti delle catastrofi incombenti. In un contesto di crescente stanchezza internazionale per il protrarsi del conflitto e di relativa paralisi dei nuovi finanziamenti per Kiev, le Forze armate ucraine, sempre più esauste, sembrano concentrarsi più sulla difesa delle proprie posizioni che sulla riconquista di territori in mano alla Russia. Al momento il Cremlino controlla circa un quinto del suolo dell'Ucraina, compresa la Crimea e ampie zone del Sud-est e la regione di Cherson. Secondo un recentissimo rapporto - del dicembre 2023 - dell'intelligence statunitense, riportato da Reuters, fino al 12 dicembre 2023 sarebbero 315.000 i soldati russi uccisi e feriti nei combattimenti. Il Governo ucraino non rilascia il bilancio delle vittime, ma Washington ha riferito, nell'agosto 2023, che il numero dei morti tra i combattenti ucraini si sarebbe aggirato probabilmente attorno alle 70.000 unità e secondo le stime delle Nazioni Unite i morti civili sarebbero 10.000. L'Ucraina ha subito un vero e proprio trauma nella sua struttura demografica e anche di questo dobbiamo tenere attento conto. Alla diminuzione di popolazione, dovuta all'emigrazione e al calo delle nascite, si è aggiunto l'esodo di circa 8 milioni di persone, soprattutto donne e bambini. Il tasso di fecondità per il 2023 è caduto allo 0,55, al di sotto dello 0,7 della Corea del Sud, che detiene il record mondiale.

Dei 51.500.000 abitanti del 1989, quando l'Ucraina ha acquisito la propria indipendenza, sarebbero solo 31.100.000 quelli attuali. Secondo fonti Eurostat, 4 milioni di ucraine e ucraini sotto protezione temporanea hanno acquistato la cittadinanza europea. Tra i rifugiati poi alta è la percentuale di coloro che hanno un titolo di studio universitario. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il sistema sanitario e sociosanitario in Ucraina è al collasso e la salute psicofisica della popolazione è a forte rischio: un terzo manifesta segni di stress acuto, depressione e uso di sostanze. Se la guerra dovesse finire tra un anno, oltre alle enormi risorse necessarie per la ricostruzione si presenterebbe un drammatico problema di manodopera, compresa quella qualificata e molto qualificata, a causa della diminuzione della popolazione in età lavorativa e rispetto alle altre coorti.

Nel luglio 2023 il Parlamento ha effettuato un focus sui danni ambientali della guerra, che ammonterebbero a ben 52,4 miliardi di euro. Ci sono 2.317 segnalazioni verificate di azioni militari con un effetto ambientale diretto: inquinamento di habitat, acqua, suolo e aria. I bombardamenti dei siti industriali hanno provocato contaminazioni paurose. Ogni esplosione produce gas, polvere, incendi e deforestazioni, per non parlare delle emissioni di CO2 dalle attrezzature militari, che sono altissime. Parte importante dei seminativi saranno inutilizzabili per anni. A causa della guerra in corso l'Ucraina è uno dei Paesi al mondo più contaminati dalle mine. La missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha confermato che le mine e altri ordigni esplosivi hanno causato ben 116 vittime tra i bambini tra il 24 febbraio 2022 e il 19 novembre 2023.

Ma andiamo a Putin. In vista delle elezioni presidenziali, che si terranno a marzo 2024, Putin insiste su una propaganda insistente, appunto, volta a minare l'idea che Mosca sia isolata a livello internazionale e le posizioni statunitensi - dove pure si avvicinano le elezioni - sulla guerra e sul supporto a Kiev non fanno che dare adito a questa linea. Gli americani sono sempre più divisi sulla guerra e molti parlamentari repubblicani si oppongono in modo attivo a maggiori aiuti. Anche se il Congresso approverà ulteriori aiuti militari per il 24, come pare in seguito ad un accordo bipartisan degli ultimi giorni, questo potrebbe essere l'ultimo stanziamento significativo che Kiev riceverà da Washington. Il mantra sul sostegno all'Ucraina per tutto il tempo necessario si sta trasformando in finché si potrà. Ora che persino Zelensky ammette che i risultati della controffensiva ucraina sono stati deludenti, è più lecito che mai chiedersi se i tempi siano finalmente maturi per negoziare una via d'uscita dal conflitto, che ormai dura da ben due anni. Purtroppo, l'azione di questo Governo si sta limitando solo alle forniture militari. Non c'è traccia di alcuna reale azione diplomatica, di un lavoro per il cessate il fuoco e di un impegno concreto nel trovare una soluzione diversa dalla logica vincitori e vinti.

A maggior ragione, dato il rischio di disinteresse che nei prossimi mesi potrebbe concretizzarsi negli USA nei confronti dell'Ucraina, è proprio ora che l'Unione europea e i suoi Governi nazionali dovrebbero mettere in piedi una nuova strategia. Senza un'immediata iniziativa di pace questa guerra proseguirà purtroppo a lungo e sempre più sanguinosa. È indispensabile farsi carico perciò di uno sforzo negoziale e diplomatico nella consapevolezza della difficoltà e della fatica del percorso, ma ancor più del fatto che questo rappresenti l'unica strada possibile per la fine della guerra, per interrompere ulteriori escalation e allargamenti del conflitto: Quindi, un'immediata iniziativa diplomatica si rende ancora più necessaria per allontanare scenari drammatici per la sicurezza globale in considerazione anche del riesplodere della crisi in Medio Oriente a seguito degli attacchi terroristici multipli e indiscriminati di Hamas in Israele del 7 ottobre e della reazione di Israele che ha travalicato i limiti del diritto internazionale umanitario. La fornitura di mezzi e materiali d'armamento all'Ucraina era stata considerata come uno strumento volto a consentire la determinazione - lo abbiamo sentito anche oggi - di migliori condizioni negoziali. Essa si è rivelata però del tutto insufficiente rispetto a questa ambizione ed è stata persino controproducente, contribuendo invece ad indebolire il ruolo dell'Unione Europea, nella ricerca di una soluzione al conflitto. L'Europa politica, priva di quella difesa comune che era stata sognata a Ventotene, dovrebbe e potrebbe fare la differenza nella costruzione della pace, anche attraverso l'istituzione di un corpo civile di pace europeo, che riunisca le competenze degli attori istituzionali e non istituzionali in materia di prevenzione dei conflitti, risoluzione e riconciliazione pacifica dei medesimi.

Presidente, il nostro gruppo Alleanza Verdi e Sinistra sarà l'unico, credo, a votare contro questo provvedimento, l'unica voce che si leva, con lucidità e coerenza, a difesa dell'articolo 11 della nostra sacra Costituzione e della ragione della vita contro quelle della morte. Come ebbe a dire Papa Francesco, ripeto le sue parole, la pace è sempre possibile, a patto di non rassegnarsi alla violenza della guerra e non dimentichiamo che la guerra è sempre, sempre, sempre una sconfitta. Soltanto guadagnano i fabbricatori di armi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Signor Presidente, io approfitto della sua presenza e, in un momento in cui mi esprimo, a nome di +Europa, a favore di questo provvedimento e quindi a favore del Governo, signor Presidente Fontana, però per dire, a lei e al Governo, che ci vuole più rispetto per il Parlamento. Lei non è responsabile, signor Sottosegretario, ma nel pomeriggio, neanche mezz'ora prima dell'inizio della riunione della Commissione esteri, dove erano previste interrogazioni, il Governo ci ha comunicato che non ci sarebbe stato nessun suo rappresentante. Ora a me è capitato per numerosi anni di fare il sottosegretario, proprio agli esteri, non mi ricordo che sia mai successo che abbiamo avvisato la Camera mezz'ora prima dicendo ci spiace abbiamo altro da fare. Lo dico a lei Presidente, non so se ne era al corrente, però io credo che serva anche su questo un richiamo forte. Era già successo che non ci fosse il Governo durante la discussione dei provvedimenti in Commissione esteri, ma che ti avvisino mezz'ora prima dicendo scusate non possiamo, adesso non so cosa abbiano detto.

Sta di fatto, che la riunione con le interrogazioni è stata sconvocata e io ritengo che sia un ulteriore grave episodio di mancanza di attenzione e di rispetto nei confronti del Parlamento. Venendo al provvedimento, sono state dette tante cose, non voglio ripetere cose già dette, però voglio partire da una bella intervista - non sono un fan della RAI in questo periodo - che il direttore Chiocci del TG1 ha fatto a Zelensky pochi giorni fa, un'intervista fatta bene, seria e molto intensa. Vorrei partire dalle parole del Presidente Zelensky perché noi abbiamo sentito parlare, anche casualmente - anche dalla Primo Ministro, Meloni - della fatica - della fatigue - della guerra in Europa e nel mondo occidentale. Zelensky in quell'intervista spiegava la situazione, credo con il rigore dello statista quale, suo malgrado, tutto sommato ha dovuto diventare, e con la passione per la sua terra, il suo popolo e le sue istituzioni democratiche e anche col dolore di chi si è trovato, inopinatamente, immotivatamente, a guidare un Paese sotto aggressione pesante e sotto i missili che continuano a bombardare obiettivi civili in Ucraina anche in questi giorni. Sullo stato dell'arte, diceva Zelensky, sul terreno c'è uno stallo, è un dato di fatto. Ci sono stati ritardi negli equipaggiamenti e i ritardi significano errori. Combattiamo contro terroristi che hanno uno dei più grandi eserciti del mondo. Non bastano le munizioni, ma servono mezzi tecnici moderni. Questa è la domanda. Io ho sentito anche i colleghi critici, cosa gli rispondiamo a Zelensky, Presidente regolarmente eletto in un'oasi di democrazia, difficoltosa e imperfetta, che si spinge verso l'autocrate regime russo? A distanza di due anni è importante, dice Zelensky, che siamo riusciti a difendere il nostro Stato: circa il 26 per cento del territorio è ancora sotto occupazione. L'Ucraina oggi è diversa, è più vicina all'Europa: 50 miliardi di euro sono un aiuto molto importante, vorrei ringraziare tutti. Senza, la difesa sarebbe impossibile, senza questi soldi possiamo perdere ciò che abbiamo. La Russia non si fermerà e dobbiamo renderci conto di tutto questo. Poi Zelensky dice, certo, concordiamo con il popolo italiano sulla necessità di arrivare a un processo di pace, però bisogna che tutti capiscano qual è la situazione.

È ovvio che Zelensky è la prima persona e che il Governo, le istituzioni ucraine siano i primi ad avere l'interesse alla pace. Ma Zelensky ci ricorda che l'obiettivo principale di Putin è privarci dell'indipendenza, rendere l'Ucraina parte del suo impero. Ed io su questo, Presidente, lei che ha esperienza e sensibilità sui temi internazionali, ricordo che noi - non voglio divagare - ci stiamo dimenticando, ad esempio, di quello che è accaduto in questi due anni in Bielorussia. Siamo passati da una speranza, da una prospettiva e anche dall'illusione di molti oppositori di Lukašenka, dall'illusione di una Bielorussia che potesse emanciparsi dall'autocrazia di Lukašenka, che potesse guardare a elezioni libere ed eque, e poi invece abbiamo assistito, inermi e inerti, al precipitare della Bielorussia nel buco nero del regime putiniano. Ormai la Bielorussia è un protettorato. Putin ha imposto una modifica della Costituzione successiva al 24 febbraio del 2022 che ha portato - altro che la NATO che si espande verso Est - alla cancellazione della previsione costituzionale, in Bielorussia, della denuclearizzazione del Paese. Oggi, la Bielorussia è un posto dove Putin può mettere e probabilmente avrà già messo gli ordigni nucleari, certamente con una direzione e un obiettivo, ma tornerò sulla Bielorussia.

Zelensky, poi, diceva in questa intervista - chi vuole andare su RaiPlay, la può ascoltare -: siamo già assuefatti, la gente si abitua alla guerra, ci si è abituati al fatto che migliaia di bambini ucraini siano stati deportati - ricordo che alla Corte penale internazionale de L'Aja Putin è imputato per questo specifico crimine, oltre che per altri: la deportazione dei bambini -, ma quando la guerra arriva a casa tua è impossibile abituarsi, e inammissibile, altrimenti hai perso, hai perso la guerra, hai perso te stesso, hai perso la casa, hai perso la famiglia e lo stesso discorso vale per l'Europa - dice Zelensky - la guerra può arrivare da voi, perché abbiamo a che fare con Putin e quando la guerra arriverà nessuno sarà pronto.

È uscito nelle settimane scorse, ha fatto notizia, poi è stato in parte ridimensionato, un rapporto delle autorità militari tedesche che prevedevano la possibilità che già nel 2024, attraverso un'iniziale guerra ibrida, Putin arrivasse alla guerra in Europa, perché i Paesi baltici sono un pezzo dell'Unione europea, oltre che della NATO, per cercare di alzare lo scontro con la NATO.

Io credo che queste parole vadano ascoltate. Qui, il punto non è di essere militaristi da una parte e non militaristi dall'altra. Io ho ascoltato le parole riprese da Papa Francesco; che la guerra sia una sconfitta è un'affermazione assolutamente condivisibile, ma non aiutare gli ucraini non sarebbe la fine della guerra, sarebbe probabilmente il presupposto per altre guerre d'invasione da parte di Putin. Lei mi chiede - dice Zelensky - cosa dire a chi la pensa diversamente, penso di dire soltanto questa cosa: a cosa serve rischiare e credere che Putin sia diverso da come lo descrivo io e che la strategia della Russia sia diversa da come sostiene l'Ucraina? A chi dice che non è detto che verrà, a cosa serve rischiare, dico che se non è detto che verrà, non è detto che non verrà. E credo che in queste parole ci sia il senso drammatico della decisione che noi dobbiamo prendere e come +Europa siamo al fianco del Governo sulla continuità nell'impostazione che il Governo Draghi diede di sostegno all'Ucraina.

A questo proposito, voglio riprendere un tema che - lo ricordo al Sottosegretario - abbiamo inserito in una risoluzione comune con Azione, Italia Viva e +Europa, in occasione delle comunicazioni del Ministro Crosetto, risoluzione che aveva il consenso del Governo e che è stata approvata a larghissima maggioranza; mi riferisco al tema del finanziamento, del sostegno all'Ucraina e al tema della confisca delle riserve, in particolare delle riserve monetarie russe, nei Paesi del G7. Questo è un tema, signor Sottosegretario, che io mi auguro che l'Italia possa portare al G7, quello cioè di utilizzare le riserve monetarie, sono, grosso modo, 300 miliardi, nemmeno sufficienti per le previsioni di ricostruzione. Io so che questo è un tema non scontato, registro che Biden, negli Stati Uniti, ha rotto il tabù, perché una delle preoccupazioni europee è sempre stata fin dall'inizio, anche per ragioni legate alle valute, alle monete, ai possibili movimenti delle riserve in generale, che bisogna farlo in modo bilanciato, perché altrimenti sarebbe un rischio per l'euro, che è una moneta forte, e siamo contenti che lo sia, ma non è la moneta di riserva, non è il dollaro.

Ora Biden, anche per sfidare o superare il veto miope al rifinanziamento, e tutto rivolto alla campagna elettorale che i Repubblicani al Congresso stanno facendo, cercando di scambiarlo in particolare con le normative sull'immigrazione - e sarebbe drammatico se da parte americana mancasse il finanziamento: i 50 miliardi europei sono stati una scelta importante, che si è riusciti a fare, superando il veto cinico, minacciato dall'autocrate non liberale Orban, che pure sta nell'Unione europea e non so in quale partito europeo finirà -, però, ha rotto gli indugi; quantomeno, ha squadernato il tema sui tavoli delle Cancellerie e questo tema deve essere messo sul G7, a mio avviso, e anche sui tavoli europei. Mi auguro che l'Italia sia protagonista anche di questo, anche se le riserve presenti in Italia dovrebbero aggirarsi sui 2,5 miliardi.

Le remore che c'erano da parte della Banca centrale europea vanno affrontate e prese sul serio, ma possono essere superate. La decisione di confiscare i beni dello Stato russo congelati all'estero, per destinarli alla ricostruzione dell'Ucraina, non è più rinviabile.

Ci sono profili giuridici, ma c'è un profilo giuridico che riguarda anche la confisca di diritto e di fatto, di impianti e di sussidiarie di grandi aziende occidentali, come Danone, Carlsberg, Exxon, ExxonMobil, Lamedia, JSI, Fortum; sono 103 miliardi di dollari secondo The New York Times gli asset sequestrati e confiscati, gli asset occidentali, scusatemi la semplificazione, confiscati da Putin. L'idea si basa su una dottrina ricompresa nel diritto internazionale, quella delle contromisure: se attuata come risposta a un comportamento illecito altrui, uno Stato leso può avviare una controazione a condizione che sia di carattere pacifico, che osservi il criterio di proporzionalità e rispetti lo ius cogens a tutela dei valori fondamentali. Le contromisure spettano allo Stato che ha subìto le lesioni, ma nel tempo si è affermata una prassi, anche se non condivisa ancora al 100 per cento dai giuristi internazionalisti, sull'esercizio di contromisure da parte dei soggetti terzi, quando gli obblighi violati sono di natura erga omnes, come hanno spiegato benissimo - hanno visitato anche questa Camera, ho avuto modo di incontrarle, anche insieme al presidente Tremonti della Commissione - Olena Halushka e Hanna Hopko, che sono promotrici dell'International Center for Ukrainian victory che si occupa di sensibilizzare a questa mossa.

Certo, c'è da fare la mappatura di questi beni, c'è la proposta della Commissione di investirli e in qualche modo di utilizzare da parte della Commissione europea o i profitti degli investimenti o i proventi di chi detiene queste attività, ma è una soluzione minimalista, quella di usare i proventi di questi fondi. E prima acceleriamo sul fronte delle risorse meglio è, make Russia pay, facciamo che siano i russi a pagare per quello che serve nel sostegno all'Ucraina. Io non ho molto da aggiungere.

In questo capitolo farei ricomprendere anche il sostegno alla resistenza bielorussa all'estero, perché anche i fondi bielorussi sequestrati, non credo che possiamo restituirli a Lukashenko. Io credo che, oggi, andrebbero utilizzati per sostenere chi si oppone a che la Bielorussia diventi un protettorato, com'è, definitivamente, putiniano nel cuore geografico dell'Europa. Su questo, si dice troppo poco; è un dato di fatto, lo ripeto, è un dato di fatto, non ci siamo riusciti, perché era un'altra condizione, ma credo che dobbiamo continuare a difendere l'Europa, difendendo l'Ucraina.

Non è retorica, nessuno auspica che la guerra duri e sia sanguinosa, ma abbiamo il dovere etico e politico, da italiani e da europei, di rispondere alle parole del Presidente Zelensky, pronunciate con passione, ma con simpatia, senza alcuna iattanza; rispondere alla necessità di continuare ad aiutare l'Ucraina a difendersi, perché questo significa difendere l'Europa e creare così l'unica condizione per una pace sostenibile. Non c'è nessuna pace sostenibile nella vittoria del colonialismo imperiale di Putin. Non c'è nessuna pace sostenibile per l'Europa senza un ridimensionamento di Putin in Europa e, magari, anche in Africa, ma ne parliamo un'altra volta. Quindi, daremo, come +Europa, il sostegno a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-+Europa, Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe e Italia Viva-il Centro-Renew Europe).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Monte. Ne ha facoltà.

ISABELLA DE MONTE (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Sottosegretario, colleghi e colleghe, credo che il diritto di libertà debba appartenere a tutti i popoli. Credo che tutti i popoli abbiano il diritto, ma anche il dovere e la responsabilità di cercare la propria libertà, qualora questa venga perduta. Signor Presidente, lo diceva poco fa anche il collega Della Vedova, è vero, rischiamo concretamente di assuefarci a queste notizie, purtroppo, di uccisione, non solo dei militari, ma anche dei civili ucraini. E, in realtà, tutto questo - lo sappiamo bene - non deve accadere, non dobbiamo assolutamente assuefarci. Dobbiamo combattere, in realtà, affinché tutto questo possa terminare, perché ogni vita persa è una responsabilità di tutti noi e di tutti coloro che devono difendere la libertà, perché difendere la libertà significa difendere la vita.

E poi, la solidarietà. Questo è un principio europeo, la solidarietà tra i popoli. Però non può essere un concetto astratto, doveva essere un concetto assolutamente concreto. E questa concretezza dev'essere espressa attraverso gli strumenti. Oggi, questi strumenti - lo dobbiamo dire - sono le armi che devono essere utilizzate, strumenti che consentano al popolo ucraino di difendere la propria terra e la propria vita, ma anche di pensare un domani, speriamo prossimo, di avviare di nuovo una vita normale. Mi rendo conto che questo argomento è davvero futuristico in questo momento, ma sappiamo bene che una delle offese peggiori che sono state fatte da parte della Russia è anche la distruzione di buona parte del patrimonio culturale, perché questa volontà è ben precisa, cioè distruggere l'identità di un Paese. E quindi, noi, come Italia, avendo, peraltro, un grande patrimonio culturale, siamo già in campo e lo saremo anche per questa prospettiva, che speriamo non sia troppo lontana nel tempo.

Ma dobbiamo anche dirci altrettanto schiettamente che, invece, non supportare l'Ucraina non solo significa non rispettare la libertà di un altro popolo, ma significa, concretamente, purtroppo, consegnare l'Ucraina alla Russia. E a chi dice che l'invasione russa non ci deve riguardare, dobbiamo dire che è importante, invece, ricordare che l'Ucraina sta difendendo anche i confini dell'Unione europea. Altri colleghi l'hanno detto, ma credo sia importante ricordare il rischio concreto - certamente ancora attuale, se ne parlò all'inizio, purtroppo, dell'invasione russa nei confronti dell'Ucraina - che riguarda anche i Paesi baltici. Quindi, anche in questo senso, dobbiamo essere attenti e non possiamo considerare esaurito il rischio solamente nel fatto che ci sia questa guerra in corso.

E poi, se questo non è avvenuto, dobbiamo riconoscerlo, è perché vi è stata una forte azione comune da parte dell'Unione europea: c'è stata, ad esempio, per il regime delle sanzioni; c'è stata anche per il regolamento sulle munizioni. E la questione della compattezza è importante anche nel sostenere la prospettiva dell'ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea. Con riferimento a questo, però, non c'è stato un senso di unità, che oggi, sì, abbiamo recuperato, ma che ha avuto un passaggio problematico. Infatti, sappiamo bene che, nel Consiglio europeo di dicembre, in realtà, questa unanimità non è stata espressa, perché vi è stato un veto, sia pure improprio, ma comunque in quel consesso l'Ungheria non si è espressa immediatamente a favore. Fortunatamente, questo passaggio, comunque, è stato risolto la settimana scorsa, nel Consiglio straordinario, con l'avvio e il riconoscimento di questi fondi straordinari proprio per sostenere l'Ucraina nella sua guerra. E, ovviamente, questo è un segnale non soltanto finanziario, ma anche - lo dobbiamo riconoscere - politico.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA (ore 18,10)

ISABELLA DE MONTE (IV-C-RE). Però, comunque, c'è ancora qualcuno, anche in quest'Aula, che professa un teorico pacifismo. Ma, Presidente, siamo tutti pacifisti, ci mancherebbe altro, guai se non fosse così. Però, un conto è essere pacifisti e un conto è pretendere, invece, l'assenza delle armi, perché questo significa solamente riconoscere la legge del più forte, significa sostanzialmente dire che chi usurpa ha ragione, significa dire che i crimini di guerra non significano niente. Per me questo non è essere pacifisti, significa un po' abdicare a quel senso di responsabilità, che, invece, noi tutti dobbiamo avere soprattutto quando parliamo di un contesto europeo. E anche in modo molto realistico dobbiamo dirci, però, che questo pacifismo, cioè l'assenza della guerra, invece, è una prospettiva che, magari, non abbiamo nel breve termine. Questo dobbiamo dirlo. E purtroppo i rischi geopolitici si sono anche moltiplicati, se pensiamo alla situazione in Medio Oriente, ma anche alla situazione che si è creata nel Mar Rosso, dove oltretutto vi è un danno anche di carattere commerciale ed economico, perché le navi, per evitare questi rischi, devono circumnavigare l'Africa, se non ritengano di affrontare, appunto, il rischio, con un aumento dei costi e, addirittura, in alcuni casi, trovandosi del tutto fuori luogo e fuori dal tempo consentito per il trasporto di alcune merci che sono naturalmente deperibili. Per cui, dobbiamo tener presente che è giusto e doveroso - quando riteniamo che ci siano questi soprusi e questi attacchi - esserci e dare una risposta come Paese. E lo dobbiamo anche come Paese che ha conosciuto sulla propria pelle la sofferenza delle guerre e che, quindi, non può assolutamente permettersi di girarsi dall'altra parte.

Aggiungo anche un altro aspetto, visto che parliamo di Medio Oriente, e cioè che i droni che Putin utilizza per attaccare l'Ucraina sono forniti dall'Iran, lo Stato etico! Lo Stato etico che, oltre a violare costantemente i diritti fondamentali del popolo, interviene anche nei confronti della guerra che esiste oggi per l'attacco di Hamas nei confronti di Israele, intervenendo di conseguenza anche nel supporto agli Houthi, che stanno minacciando i trasporti nel Mar Rosso. E ne stiamo, purtroppo, vedendo gli effetti, come dicevo, perché il trasporto è diventato, per l'appunto, impraticabile. Quindi abbiamo una situazione, obiettivamente, dal punto di vista geopolitico, molto complicata. Per quello io credo che oggi dobbiamo assolutamente rappresentare un senso di unità, anche parlamentare, cioè dobbiamo dare un segnale al Governo nella sua azione. Noi, come forza politica, abbiamo dimostrato in più occasioni che, quando ci sono dei provvedimenti che devono essere supportati e che noi vogliamo supportare, abbiamo espresso anche un voto favorevole. Non l'abbiamo fatto, magari, in contesti economici, perché riteniamo che il Governo non abbia agito nel modo in cui doveva agire, anche con una prospettiva, magari, più lunga nel tempo, per dare le risposte economico-finanziarie che il Paese si attende. Però, in questo caso, soprattutto quando noi parliamo di politica estera, io credo che noi dobbiamo esprimerci in modo coerente con quanto prevede la nostra Costituzione. E la nostra Costituzione prevede esattamente questo, cioè diritti e libertà fondamentali, quei diritti e quelle libertà che oggi sono negati al popolo ucraino. E poi credo che dobbiamo dare un segnale di forza. E in questo senso noi dobbiamo essere di supporto al Paese, proprio alla Presidenza del Consiglio, al Ministro degli Affari esteri, al Ministro della Difesa, affinché, anche nei contesti internazionali, ci possa essere quella forza e quella determinazione che ci deve essere come Paese che ha alle spalle il proprio Parlamento. Chi pensa di fare qualche cosa di diverso, nel senso di far male al Governo, io credo che faccia male al Paese, perché, in realtà, noi abbiamo bisogno di essere rappresentati nei contesti internazionali nel modo più appropriato.

Concludo con una osservazione che riguarda il tema della difesa, perché il Governo, in alcune occasioni, si è espresso a favore di avere un coordinamento a livello di Esercito, ma non nel senso di pensare ad una prospettiva più forte.

Ecco, io invito, Presidente, tramite lei, il Governo a riflettere, in realtà, su questo aspetto, perché non abbiamo certamente, come detto, una situazione geopolitica tranquilla, ma dobbiamo anche pensare che un'organizzazione a livello europeo ci debba essere anche in questo senso. Più volte credo che siano stati anche manifestati degli studi a proposito della convenienza di avere non solo un coordinamento, ma anche degli eserciti comuni. Mi rendo conto che questo è un momento particolare per parlarne, anche perché stiamo andando verso le elezioni europee, ma, al tempo stesso, dobbiamo tener presente che, a livello di Parlamento europeo, è stata espressa una risoluzione molto determinata e molto forte anche a proposito delle riforme istituzionali che si dovranno attuare nei prossimi anni. Di questo dobbiamo tener conto, anche in maniera parallela, rispetto all'ipotesi di allargamento ulteriore dell'Unione europea. Allora, dobbiamo fare le riforme istituzionali ma pensare anche a quali politiche debbano essere integrate e rafforzate al livello europeo. Ebbene, penso che queste politiche debbano riguardare innanzitutto la politica estera che oggi è chiaramente e largamente in capo agli Stati membri e occorre pensare anche seriamente ad una politica della difesa. Credo che, se procediamo fiduciosi verso questa direzione, allora, come Paese, saremo ancora più compatti. Concludo ribadendo il voto favorevole al provvedimento in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maiorano. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MAIORANO (FDI). Grazie, Presidente. Signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame, avente ad oggetto la proroga, fino al 31 dicembre 2024, dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell'Ucraina, rappresenta la volontà del nostro Paese di continuare a sostenere in ogni ambito le autorità, ma, soprattutto, la popolazione ucraina nella sua difesa contro l'invasione russa.

Questo decreto, già approvato al Senato, è composto di due soli articoli. Nell'articolo 1 si prevede appunto la proroga fino al 31 dicembre 2024 dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali e equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, ai sensi dall'articolo 2-bis del decreto-legge del 25 febbraio 2022, n. 14. L'autorizzazione è concessa nei termini e con le modalità stabiliti nella normativa richiamata e previo il necessario atto di indirizzo delle Camere. A tal proposito, si ricorda che l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del 2022 autorizza, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine in deroga alla legge n. 185 del 9 luglio 1990, agli articoli 310 e 311 del Codice dell'ordinamento militare e alle connesse disposizioni attuative.

L'autorizzazione alla cessione, come tutti sappiamo, era stata già prorogata fino al dicembre 2023 dal decreto-legge n. 185 del 2022, convertito dalla legge n. 8 del 23 gennaio 2023. L'elenco dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari, oggetto della cessione, nonché le modalità di realizzazione della stessa, anche ai fini dello scarico contabile, sono definiti con uno o più decreti del Ministro della Difesa, adottati di concerto con i Ministri degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'Economia e delle finanze, i quali, con cadenza trimestrale, riferiscono alle Camere sull'evoluzione della situazione in atto. Facendo riferimento alle cessioni in oggetto sono stati, finora, emanati otto decreti ministeriali: l'ultimo del 19 dicembre 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre successivo. I mezzi, i materiali e gli equipaggiamenti militari, di cui si autorizza la cessione, sono elencati in un allegato cosiddetto classificato, elaborato dallo Stato maggiore della Difesa, che adotta le procedure più rapide per assicurarne la tempestiva consegna.

Per ogni decreto-legge in questione e per ogni pacchetto, così come previsto, il Ministro della Difesa è stato ovviamente audito presso il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il Copasir. Così come si legge nella relazione tecnica dalla cessione di armi non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che i materiali e i mezzi oggetto di cessione sono già nelle disponibilità del Ministro della Difesa, mentre eventuali oneri ad essi connessi saranno sostenuti nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

La proroga, che oggi andiamo a esaminare e successivamente a votare, rappresenta un passo fondamentale per il Parlamento che dovrebbe sostenere con compattezza, consapevolezza e, soprattutto, con convinzione.

Questa proroga, signor Presidente, va autorizzata non per gloria, non con piacere, ma per dovere e consapevolezza di fare la scelta giusta. Abbiamo il dovere di rimanere responsabili davanti agli impegni assunti nell'ambito delle Nazioni Unite, dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica. Questa proroga va deliberata per raggiungere l'obiettivo di affrontare e risolvere la crisi internazionale attualmente ancora in atto in Ucraina, crisi che, come tutti purtroppo sappiamo, influenza, in maniera concreta, i vari equilibri geopolitici, minando, allo stesso tempo, la nostra stabilità internazionale.

Il conflitto impone all'Italia una scelta di coerenza, una scelta di serietà, una scelta responsabile, una scelta che si traduce necessariamente con il nostro sostegno a Kiev, in linea con gli impegni assunti in sede internazionale. Il nostro sostegno non può cessare, il nostro aiuto deve proseguire con l'invio di armi per aiutare il popolo ucraino a difendersi e a combattere per la propria libertà (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), a difendersi, mai per attaccare.

Il nostro aiuto è giusto e doveroso, così come la nostra solidarietà e vicinanza verso un popolo che sogna e merita una vita dignitosa, senza più guerra, senza più la Russia e i suoi soldati nelle loro abitazioni e nella loro vita.

Come in più occasioni hanno già ribadito sia il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sia il nostro Ministro della Difesa, Guido Crosetto, il nostro sostegno all'Ucraina deve rimanere forte e totalmente inalterato. Anche questo pacchetto di equipaggiamenti e sistemi d'arma sono volti solo e soltanto a rafforzare le capacità difensive dell'Ucraina, mi ripeto: mai per attaccare.

Il nostro concetto cardine deve essere quello che, in questa guerra, c'è un aggressore e un aggredito, un Paese che bombarda, ogni giorno, obiettivi civili e militari, provocando morti e feriti; un Paese che ripetutamente viola le norme del diritto internazionale e della Carta ONU; un Paese che non riconosce la sovranità di un popolo, Stato vicino, e che non rispetta il suo popolo così come non rispetta ogni regola di convivenza civile; un Paese che invade ed un Paese che è costretto a difendersi e che non può e non deve rimanere solo.

La situazione è molto complessa, ma fare ora un passo indietro o fermarsi sarebbe un grande errore strategico e politico. Siamo e saremo al fianco dell'Ucraina e delle sue Forze armate, finché non cesseranno gli attacchi russi.

Sosterremo il popolo e le istituzioni ucraine, allo stesso tempo, rafforzando l'impegno diplomatico e le politiche dell'Unione europea per arrivare ad una giusta e sicura pace. Concludo, Presidente. E' vero, ci piacerebbe essere qui sicuramente per parlare di altro, ci piacerebbe parlare e presentare soluzioni in favore degli italiani, delle fasce più deboli, dei pensionati. Ci piacerebbe parlare di Italia e di italiani, ci piacerebbe, certo, ma, prima del nostro piacere, esistono le responsabilità, esiste la coerenza e, soprattutto, esistono la serietà e la responsabilità di mantenere gli impegni presi in sede internazionale. Ma quello di oggi, Presidente, è, comunque, un modo, forse indiretto, di tutelare i cittadini, perché mantenere coerentemente fede agli impegni presi in ambiti internazionali significa sempre e comunque parlare degli interessi della nostra Nazione e degli italiani e, per tutti questi motivi, si propone all'Assemblea l'approvazione del disegno di legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quartini. Ne ha facoltà.

ANDREA QUARTINI (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, vorrei iniziare questo dibattito, questo confronto fra noi, citando una poesia di Eugenio Montale, che chiudeva Ossi di seppia, nel 1925, "Non chiederci la parola", con la seguente quartina: "Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Erano tempi cupi, incastrati fra guerre e dittature, una generazione disorientata, non si riconosceva più negli ideali del passato questa generazione. Anche oggi viviamo tempi cupi, fra guerre più vicine, sempre più vicine, ritorno di fantasmi dal passato che si pensavano evaporati, in ambiente sempre più fragile, paura del disastro nucleare, che cancellerebbe tutte le nostre sicurezze e il nostro futuro. Anche noi ci sentiamo spesso disorientati, delusi, ma anche noi possiamo dire, con tutto il fiato che abbiamo nel petto, ciò che non siamo e ciò che non vogliamo: non siamo portatori di morte, non vogliamo la guerra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Oggi il Governo chiede di prorogare l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti, anche militari, a favore dell'Ucraina. Sono convinto che nessuno di coloro che appoggerà questa autorizzazione accetterà di essere definito un portatore di morte e quasi tutti si diranno contrari alle guerre in genere, per poi, con non così sottili distinguo, affermare che questa sia una guerra necessaria per proteggere la sovranità ucraina, per evitare che un dittatore, Putin, si impossessi di terre non sue e imponga la sua legge ad altri Paesi impauriti. Si disquisirà in maniera, più o meno, tecnicamente ineccepibile su quanto e come la nostra Costituzione permetta l'invio di armi, che, a maggioranza, tutti in questo Parlamento, o quasi tutti, sembrano disposti a finanziarie. Ci si appellerà al fatto che le nostre obiezioni sono obiezioni di una risicata minoranza. Si alluderà di sicuro a come, magari, noi potremmo essere definiti filo-putiniani mascherati.

La giusta guerra, la guerra giusta, che nei fatti viene nutrita da anni, riempiendo gli arsenali con sempre maggiori spese in armamenti, in realtà, è arrivata a un punto critico: senza vincitori sul campo, ma tanti vincitori nelle stanze della politica e degli affari e, fra questi, l'esecrabile dittatore. Forse i filo-putiniani sono coloro che inviano armi. La guerra è da sempre un'opportunità per alcuni, quelli che le sanno scegliere, se non, addirittura, preparare in anticipo. Chi perde sono sempre le persone comuni, quelle che davvero spariscono con i loro ricordi, con i loro affetti, con i loro desideri e sogni sotto le bombe, che continuano a cadere su di loro inarrestabili. Noi siamo dalla loro parte, noi siamo accanto alle vere vittime di ogni guerra, quelli che il poeta romanesco Gioacchino Belli definiva li morti de Roma, pesciolini da frittura, umanità inutile, senza importanza. Noi non siamo con chi considera i morti in guerra come una drammatica necessità, un fenomeno collaterale inevitabile in un contesto più ampio. Noi non vogliamo la guerra, nessuna guerra e non vogliamo essere complici di decisioni che alimentino un pensiero e una prassi bellicisti. Mai e in nessun caso. E votare a favore dell'invio di armi è un gesto di guerra. Non lo pensiamo solo noi. I sentimenti prevalenti della popolazione del mondo occidentale sono di condanna della guerra e di solidarietà verso il popolo ucraino, a cui non vanno fatti mancare gli aiuti umanitari.

In contrasto a questo diffuso sentimento popolare contrario alla guerra, i vari Governi, compreso il nostro, si sono affrettati ad alimentare il conflitto, sostenendo lo sforzo bellico dell'Ucraina con finanziamenti, fornitura di armi e materiali bellici e sanzioni economiche alla Federazione Russa, ma i risultati ottenuti sul campo, Presidente, dopo due anni, sono decisamente fallimentari. Le sanzioni economiche sull'economia russa hanno, addirittura, causato un effetto boomerang sulle economie occidentali, a partire dalla crisi energetica, tuttavia sappiamo bene che esistono soggetti che traggono vantaggi enormi, profitti ed extraprofitti: mi riferisco ai fabbricanti e ai trafficanti di armi, con la loro attività lobbistica in seno a istituzioni, a enti pubblici e privati, non privi di conflitti di interesse. Purtroppo queste speculazioni non riguardano solo la guerra in Ucraina, ma anche la guerra di Israele contro Hamas, che, di fatto, è diventata una guerra, un massacro contro il popolo palestinese, con violazione palese dei diritti umanitari.

Il Doomsday clock, l'orologio dell'apocalisse, che, come sappiamo, anticipa la metafora del rischio di catastrofe nucleare, che al momento della sua ideazione, durante la Guerra Fredda, fu fissato convenzionalmente a 7 minuti dalla mezzanotte, cioè dall'olocausto nucleare, tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024 è stato spostato a 90 secondi dalla mezzanotte. Anche non paventando il rischio di un disastro nucleare, bisogna considerare che, a fronte dei danni collegati alle guerre, un viraggio concreto e genuino in senso pacifista delle politiche globali porterebbe enormi vantaggi all'umanità, alle Nazioni, agli operatori economici, basti considerare quali effetti potrebbero esserci se i 2.500 miliardi di dollari che vengono spesi in armamenti fossero dirottati e convogliati, piuttosto, sullo sviluppo tecnologico e a un uso pacifico, su investimenti in ambito di protezione civile, su investimenti volti all'istruzione delle masse, volti al miglioramento delle tecniche agricole e all'infrastrutturazione dei Paesi svantaggiati. Simili politiche, in definitiva, avrebbero l'effetto di distribuire la ricchezza su larga fascia della popolazione, riducendo povertà e disuguaglianze. Al contrario, le politiche del riarmo sono appannaggio di pochi appartenenti alle classi dirigenti e alimentano gli squilibri nella distribuzione della ricchezza.

Presidente, conflitti e ricerca di accordi rappresentano un'esigenza costante nella politica internazionale. Pensi che, nel XIII secolo avanti Cristo, nel 1259 avanti Cristo, venne concluso il primo accordo diplomatico fra Stati in contesa. Quali erano gli Stati in contesa? Erano rappresentati dal faraone Ramses II e dal re ittita Hattušili III. Ebbene, la storia ci insegna che, dopo ogni grande conflitto bellico, abbiamo assistito a grandi congressi succedanei, coltivando ogni volta la speranza non solo di tacitare e, ove possibile, soddisfare le varie e spesso contrapposte pretese statuali, ma di dettare una sorta di Costituzione materiale internazionale, la più duratura possibile, in grado di assicurare pace e stabilità. Ciò è avvenuto nei seguenti più importanti torni storici, che certamente tutti conosciamo: alla Guerra dei trent'anni seguirono i Trattati di Vestfalia, alla Guerra di successione spagnola seguirono i Trattati sottoscritti a Utrecht e Rastatt, alla Guerra dei sette anni seguirono i congressi e i Trattati di San Pietroburgo e Parigi. Il Congresso di Vienna si svolse a seguito dell'uragano napoleonico. Alla Grande Guerra seguì la Conferenza di Parigi, alla Seconda guerra mondiale seguì la conferenza di Yalta e tutto quello che sappiamo. Perché questo brevissimo excursus? Quello che mi preme dimostrare è che, come disse Mark Twain, la storia non si ripete, ma fa rima. Poiché è certissimo che prima o poi la guerra in Ucraina finirà con un trattato finale, allora mi chiedo e chiedo a voi perché continuare a inviare armi e soldi, causando ancora ulteriore morte e distruzione. Perché, invece, non adoperarsi fin da subito, ponendo in essere tutte le azioni e iniziative per anticipare tale momento? Questa è la domanda. La guerra in Ucraina finirà con un trattato, perché non negoziarlo subito? Perché non farlo subito, evitando ulteriori morti ed evitando ulteriori distruzioni? Un primo vero passo verso le politiche di pacificazione dovrebbe andare nella direzione di intraprendere serie iniziative diplomatiche volte a intavolare trattati di pace. In tal senso l'Italia potrebbe diventare capofila di un movimento a livello europeo, e soprattutto l'Italia potrebbe diventare promotrice di una maggiore integrazione fra i Paesi dell'Unione europea, che potrebbero porsi quali protagonisti e equilibratori degli scenari politici e geopolitici globali, piuttosto che, come accade oggi, quali soggetti subalterni agli USA nella continua contrapposizione e antagonismo tra questi e la Cina, tra questi e la Russia.

L'Europa deve contribuire alla fine della guerra. Più in generale oggi, piuttosto che nelle circostanze storiche citate, il mondo è in piena anarchia. E, pur auspicando di non potersi configurare un'ennesima guerra costituenda a causa della presenza di circa 30.000 testate nucleari sparse per il mondo, tuttavia ciò non impedisce che si senta come indispensabile, quasi vitale, come in passato, progettare e convocare velocemente un congresso mondiale, evidentemente emancipato dai veti del Consiglio di sicurezza dell'ONU, per il quale forse è maturo il tempo della sua democratizzazione, ovvero di coinvolgere l'umanità intera e rappresentarla. A tale congresso sarebbe utile che partecipassero, oltre ai grandi attori internazionali già noti, Europa, USA, Russia, Cina e India, anche rappresentanti sia del mondo arabo sia dell'Africa sia dell'America iberica. Obiettivo di tale congresso, come in passato, dovrebbe essere occuparsi di appianare le controversie in atto e quelle pronte a deflagrare - per esempio, mi riferisco a Formosa -, ma soprattutto dovrebbe essere capace di formulare i princìpi per il futuro. Insomma, quello che voglio sottolineare è che la decisione di proseguire ad inviare risorse in Ucraina e ultimamente infilarsi militarmente nel Golfo Persico serve solo a distogliere risorse da altri fini, come la sanità, la scuola, gli aiuti umanitari, ritardare, come già detto, l'imprescindibile soluzione diplomatica e, non da ultimo, acuire le tensioni.

Noi tutti in quest'Aula siamo consapevoli di rappresentare uno Stato, l'Italia, che, nonostante l'illusoria prosopopea nazionalista di qualcuno, ha scarsissima influenza nell'area e nell'arena mondiale, sia in termini economici sia politici che militari. Cosicché, se proseguiamo contribuendo ad armare il mondo, invece che a pacificarlo, e nel tempo residuo ad occuparci di treni fermati inopportunamente e di quadri che appaiono e scompaiono, fra un secolo nessun libro di storia dedicherà un solo rigo a noialtri. Viceversa, per storia e tradizione l'Italia può mettere sul piatto una indiscutibile vis storica, culturale e diplomatica, come ho già avuto modo di ricordare in un precedente intervento in quest'Aula. Pensate all'influenza che ebbe Roma non solo nel Mediterraneo - persino la Casa Bianca, o il Campidoglio, degli Stati Uniti sono un retaggio romano - con il diritto, il Rinascimento, il Machiavelli.

In conclusione, mi chiedo, Presidente, perché non osare e avere l'ardire di affermare, come Fantozzi, che "la corazzata Potemkin è una c… pazzesca", ovvero che l'uso delle armi è pura follia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non credete che avrebbe una tale eco nel mondo che, come nel film, susciterebbe miliardi di applausi liberatori?

Mi piacerebbe che tutti in quest'Aula, a prescindere dall'orientamento politico nazionale, cominciassimo ad avvertire dolori intestinali al solo pensiero che i principi relativi alle relazioni internazionali descritti nella Guerra del Peloponneso di 2.500 anni fa siano i medesimi ancora in vigore oggi, nonostante gli innegabili sviluppi della storia, della cultura e della civiltà in genere, con l'affermazione di diritti umani, tutela dei più deboli, dei fragili. Per paura o per interesse di pochi si spendono oltre 2.500 miliardi di dollari all'anno in armi. L'Europa finora ha dato oltre 41 miliardi di euro in armi all'Ucraina e solo 8,3 miliardi in aiuti umanitari. In tutto, l'Occidente ha inviato in 2 anni a Kiev circa 95 miliardi in armi. È osceno, potrei perfino dire, come in un film di Coppola, è stupido, stupido, stupido, pensando a cosa l'umanità potrebbe realizzare in alternativa con importi simili. Ci sono momenti nella storia che richiedono un'accelerazione, Presidente e perché non cominciare proprio noi, oggi, in quest'Aula, affermando tutti insieme con forza: basta armi, tutte le armi compresi - azzardo dire, visti i tempi che corrono - i coltelli da cucina. Questo è il più bel regalo che possiamo fare ai nostri successori.

Consentitemi una battuta nel finale. Potremmo così smentire quella diceria che circola fra gli astronauti, ovvero che la dimostrazione che vi sono forme di vita intelligenti nell'universo deriva dal fatto che non sono mai venute qui (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Come ha ricordato il Sottosegretario in apertura del suo intervento, nella notte Kiev ha subito un durissimo bombardamento che ha prodotto altre distruzioni. Metà città è senza collegamenti energetici ed elettrici, altre vittime hanno pagato l'aggressione russa. È la dimostrazione del fatto che la Russia non sta demordendo e che continua a perseguire l'obiettivo di vincere questa guerra, come fin dall'inizio la Russia ha annunciato e ha praticato.

È una guerra che si trascina da 2 anni, certo, 2 anni di distruzioni, di vittime, di barbarie. Non dimentichiamo il massacro di Bucha e di altre città. È una guerra che ha dissestato gli equilibri internazionali, facendo saltare gli Accordi di Helsinki, facendo maturare una divaricazione, che via via si è allargata, tra l'Occidente e quello che viene chiamato il Global South, determinando l'accelerazione di una condizione di anarchia internazionale che già c'era. Credo che noi non possiamo prescindere da questo contesto nel valutare il conflitto e anche quello che stiamo decidendo.

Certamente, c'è una condizione di stallo militare. Nonostante i molti tentativi, l'esercito ucraino non riesce a recuperare più di tanto del terreno occupato dai russi e i russi, pur avendo una potenza di fuoco molto più grande, stentano ad andare oltre quello che hanno occupato fin qui. Il rischio è una condizione di guerra di trincea che possa continuare ancora per un lungo periodo. Di fronte a questo scenario giustamente ci si pone una domanda.

Se gli amici del MoVimento 5 Stelle permettono, potremmo anche intervenire…

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, vi prego.

PIERO FASSINO (PD-IDP). …anche perché vorrei interloquire con l'intervento che il collega Quartini ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e del deputato Deidda).

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Fassino, per l'interruzione. Prego.

PIERO FASSINO (PD-IDP). Quindi, è giusto chiedersi, come ci chiediamo tutti, quale sia la via d'uscita dopo due anni di una guerra che rischia di protrarsi senza vincitori né vinti. Qual è la via d'uscita e che cosa si fa per costruire le prospettive di un superamento della guerra e di una soluzione politica? È assolutamente giusto e non è in dubbio il fatto che bisogna non rassegnarsi alla guerra e tentare in ogni modo di trovare una via d'uscita politica. Ieri, il Sottosegretario ha evocato una serie di tentativi che sono in corso, compresa l'evocazione, che è stata fatta da più parti, della convocazione di una conferenza di pace. Però, il problema è: perché la costruzione di una via d'uscita è così difficile? Io penso che si sia sottovalutato un passaggio di questa guerra e di questa crisi che è decisivo ed è la decisione di Putin di annettere i territori occupati.

Fin quando con l'esercito occupi un territorio non tuo e poi si arriva a un negoziato, nel negoziato puoi anche decidere di ritirarti. Invece, quando annetti tu dici: quella cosa lì adesso è mia, è irreversibile il processo di integrazione di questi territori e discutiamo a partire da questo. Tanto è vero che sia Putin, sia il Ministro Lavrov, sia il portavoce Peskov dichiarano che sono pronti a discutere a partire dallo stato di fatto e lo stato di fatto è l'annessione della Crimea, già fatta e addirittura sancita con un referendum organizzato da Mosca, e l'annessione delle due repubbliche del Donbass, Lugansk e Donetsk, in cui i testi scolastici sono i testi russi, il prefisso telefonico è il prefisso russo, i cittadini di quei territori sono a tutti gli effetti considerati cittadini russi e parteciperanno, in quanto tali, alle elezioni presidenziali che ci saranno tra qualche mese. Per Putin quei territori sono a tutti gli effetti parte della Federazione Russa e non ha alcuna intenzione di dismetterli.

Allora, la domanda che pongo - e la pongo, per esempio, all'amico Quartini - è la seguente: questo accordo di pace che si deve perseguire, lo si persegue per arrivare a quali conclusioni? Quali sono le frontiere che noi consideriamo fondamentali? Valgono ancora le frontiere dell'Ucraina del 24 febbraio 2022 o partiamo dall'idea che non valgono più? Perché questa è la questione, questo rende difficile l'attivazione di un negoziato. Putin sostiene infatti che quelle frontiere non valgono più e dice: io ho annesso i territori occupati, quelli sono miei e se volete discutere bisogna ridiscutere di frontiere nuove. Gli ucraini dicono legittimamente: scusate, quello era territorio del nostro Paese. Io vorrei sapere - lo chiedo qui e lo chiedo a voi - qual è il dirigente ucraino che può accettare di andare a sedersi a un tavolo di negoziato sapendo che va lì per firmare un accordo in cui rinuncia a un pezzo del suo Paese. È questa la difficoltà e non dobbiamo far finta che non ci sia. Dopodiché, dicendo tutto questo io non mi rassegno. Penso che dobbiamo lavorare per costruire le condizioni per arrivare a un negoziato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) sapendo che questo è il contesto ed è un contesto particolarmente complesso e difficile, perché quello che vuole l'uno è esattamente l'opposto di quello che vuole l'altro e la mediazione non è così agevole e facile come pare a noi in quest'Aula.

Non solo. Infatti, dimentichiamo il motivo per cui Putin ha invaso l'Ucraina. Putin l'ha fatto per molte ragioni ma, essenzialmente, per tre. In primo luogo, per riaffermare un ruolo di potenza della Russia nel momento in cui un crescente bipolarismo Washington-Pechino metteva la Russia nell'angolo.

Quindi, per riaffermare la potenza russa e la potenza si riafferma naturalmente, come ci insegnano i secoli, attraverso le guerre; in secondo luogo, per una cosa che io credo non vada mai sottovalutata, perché nelle classi dirigenti russe - e non solo in Putin - c'è un'idea, cioè hanno la sindrome dell'accerchiamento, c'è la paura di essere accerchiati e di essere accerchiati dall'Occidente, il che la storia conferma perché gli unici rischi che ha corso la Russia alla sua sovranità sono sempre arrivati dall'Occidente, dai Templari a Hitler. Però, il punto è che questa sindrome oggi è infondata, perché da quando è caduto il muro di Berlino non c'è stato alcun atto di ostilità dell'Occidente nei confronti della Russia.

Ricordo che in questo Paese, in un celebrato - forse anche con enfasi eccessiva - vertice a Pratica di Mare si istituì il Consiglio di consultazione NATO-Russia. Non c'è stato un solo atto di ostilità né della NATO né dell'Unione europea nei confronti della Russia dalla caduta del muro di Berlino ad oggi. Allora, questa idea di doversi difendere da un accerchiamento può avere qualche ragione guardando alla storia e ai secoli passati, ma oggi non ne ha nessuna e quella motivazione è del tutto infondata.

Infine, Putin ha scatenato questa guerra per un problema di consenso interno. Va alle elezioni, si presenta come Presidente, si presenta dopo molti mandati, ha un problema di rilegittimazione; è chiaro che invocare la guerra patriottica, come ha invocato, e parlare dell'Ucraina come di un Paese para-nazista, eccetera, eccetera, aiuta a condurre una campagna elettorale che, però, è finalizzata essenzialmente ad accrescere il consenso interno e in nome di questo ha scatenato una guerra, ha disdetto accordi sugli armamenti nucleari, ha messo sotto sopra un equilibrio internazionale, in particolare il rapporto tra Russia e Occidente con quello che questo rappresenta negli equilibri mondiali. Io penso che tutto questo lo dobbiamo vedere e non possiamo, in nome della necessità di una pace che tutti condividiamo, negare e ignorare le dinamiche di questa crisi, le responsabilità di questa crisi ed evitare di arrivare alla fine a pensare che l'aggredito e l'aggressore pari sono, perché questa è una guerra in cui c'è un Paese che è stato aggredito e c'è un Paese che lo ha aggredito.

Quindi, io penso che tutto questo vada tenuto in conto e, dunque, per questo anche sostenere l'Ucraina: intanto perché, come è stato ricordato da altri, l'Ucraina non combatte soltanto per la propria libertà e la propria sovranità ma combatte per una questione di diritto fondamentale che riguarda ciascuno di noi, perché se passa l'idea che sulla base di un atto di forza si manomette l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale di un Paese da domani chiunque è legittimato a mettere in campo qualsiasi politica di aggressione e noi non possiamo accettarlo, se davvero crediamo che vadano tutelate e difese la convivenza e la coesistenza nel mondo. Ma poi, proprio se si vuole aprire la strada a una soluzione politica, è fondamentale che l'Ucraina resista, perché se l'Ucraina non resiste e viene travolta non c'è negoziato, non c'è accordo e c'è soltanto la resa e la sconfitta e nel momento in cui c'è il rischio che il Congresso americano non rifinanzi gli aiuti all'Ucraina - e speriamo che non avvenga - c'è una responsabilità ancora maggiore nostra, perché se vogliamo aprire la strada a una soluzione politica è fondamentale ed è prerequisito che non cambino i rapporti di forza sul terreno e che, quindi, l'Ucraina sia messa nella condizione non di invadere la Russia, perché non la può invadere ovviamente, ma di difendere i propri territori, di reggere di fronte all'urto della Russia che, invece, vorrebbe invadere l'Ucraina.

Quindi, chi vuole la pace, chi vuole aprire la strada a un possibile negoziato non può non vedere che oggi è fondamentale garantire che l'Ucraina sia messa nelle condizioni di resistere e difendersi, perché se l'Ucraina resiste, forse si può aprire una prospettiva per una soluzione politica, se l'Ucraina non resiste, non c'è soluzione negoziale, c'è solo la resa e la sconfitta.

E allora il cardinale Zuppi, a cui come sappiamo il Papa ha assegnato un compito di mediazione umanitaria, nel commentare la sua attività ha più volte pronunciato una formula, che io credo debba essere per noi un punto di riferimento. Una pace giusta e sicura, non qualsiasi pace è giusta e sicura.

Nel 1938, quando Chamberlain tornò a Londra dopo aver sottoscritto con Hitler, Mussolini e Daladier il Patto di Monaco, fu accolto all'aeroporto di Londra dai cittadini con i cartelli che lo salutavano come il salvatore della pace. Dieci mesi dopo, Hitler invadeva la Polonia e avviava quella tragedia che noi conosciamo, la seconda guerra mondiale, l'Olocausto, e tutto quello che ha rappresentato. Non qualsiasi pace è giusta in sé. Si è fatto riferimento alla Conferenza di Versailles. La Conferenza di Versailles non fu una pace giusta, tanto è vero che creò le condizioni perché, negli anni successivi, si producesse una crisi drammatica degli equilibri in Europa. Non qualsiasi pace è giusta e sicura. E' giusta e sicura una pace che riconosce il diritto, lo assicura, è una pace condivisa, è una pace in cui ciascuno ha la possibilità di riconoscersi. E allora, certo, dobbiamo lavorare per la pace, ma una pace giusta e sicura. E oggi, spero, per una pace giusta e sicura è fondamentale sostenere l'Ucraina, e fare in modo che l'Ucraina non venga travolta dall'offensiva russa.

Per queste ragioni, noi condividiamo il provvedimento che è stato presentato qui e lo sosterremo con un voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Maria. Ne ha facoltà.

ANDREA DE MARIA (PD-IDP). Signor Presidente, colleghi e colleghe, rappresentante del Governo, oggi la Camera è chiamata a confermare la scelta di sostenere la difesa del popolo ucraino contro l'invasione russa, anche attraverso la fornitura di armamenti. Certo, non è un voto che si può dare a cuor leggero. Intanto, perché il dover rinnovare questo impegno significa che la guerra è ancora in corso, con le sue vittime civili, i suoi profughi, i soldati che muoiono, le sofferenze della popolazione dell'Ucraina. E poi per chi come me, nel suo percorso politico, si è battuto tante volte per la pace, per il dialogo, per la soluzione non violenta dei conflitti, questo voto non era e non è facile. Ma non credo ci siano alternative a continuare il sostegno all'Ucraina. Quel Paese si sta difendendo da un'aggressione che ne ha violato la sovranità, esercitando il suo diritto all'autodifesa, secondo quanto previsto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite.

Come sappiamo tutti, nell'articolo 11, la nostra Costituzione afferma che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Ebbene, la guerra scatenata da Putin contro l'Ucraina risponde esattamente a quanto scritto in quell'articolo della nostra Costituzione. Viene combattuta per togliere la libertà al popolo ucraino e può risolvere con le armi una controversia internazionale. Con altri colleghi eravamo qui nella scorsa legislatura i giorni dell'invasione russa, quando sembrava imminente la caduta del legittimo Governo ucraino sotto i colpi dell'esercito invasore. In quei giorni, fu un intero popolo che si oppose all'aggressione per difendere la propria indipendenza nazionale. Poi vi erano gli aiuti militari degli Stati Uniti e dell'Unione europea. Allora, l'obiettivo di Putin era imporre un cambio di regime nel Paese. Oggi, fallito quell'obiettivo, il regime russo vuole realizzare l'annessione dei territori ucraini. Peraltro, l'annessione formale del Donbass alla Russia rappresenta un ostacolo molto serio rispetto alle prospettive della riapertura di una trattativa di pace e lo ha ricordato poco fa l'onorevole Fassino.

Se oggi venisse meno il nostro sostegno all'Ucraina, l'aggressione russa avrebbe successo legittimando l'uso della forza al di fuori del diritto internazionale. Una legittimazione che aprirebbe la prospettiva di nuove aggressioni e nuovi conflitti, di cui comprendiamo tutti la pericolosità, se ad esempio venissero coinvolti direttamente i Paesi della NATO. E' stata ricordata, sempre dall'onorevole Fassino, la Conferenza di Monaco.

È stata ricordata, sempre dall'onorevole Fassino, la Conferenza di Monaco. Ricordo che, commentandola, Winston Churchill disse - cito a memoria - "potevate scegliere fra il disonore e la guerra; avete scelto il disonore e avrete la guerra". Dire questo non vuol dire non essere consapevoli che il conflitto in Donbass era in corso prima dell'invasione, ma sapere che la guerra di Putin al popolo ucraino è stato tutto il contrario della messa in campo di un percorso di dialogo per risolvere quel conflitto e non ha fatto altro che alzare il muro di odio, di fronte alle tantissime vittime civili e militari. In questa guerra sono solo i civili ucraini ad essere colpiti e poi tanti giovani dei due Paesi sono trascinati in guerra e muoiono ogni giorno, giovani che combattono al fronte in condizioni terribili. Peraltro, voglio ribadire qui il nostro sostegno a chi in Russia, subendo la repressione del regime, ancora ha il coraggio di alzare la voce contro la politica di guerra di Putin. È fondamentale, di fronte a tutto questo, che non si rinunci ad ogni sforzo per riaprire una prospettiva di pace. Abbiamo chiesto e chiediamo al Governo italiano un maggiore impegno in questa direzione e crediamo serva un maggiore protagonismo dell'Unione Europea. È vero fino ad ora alcuni tentativi di dialogo venuti dall'Europa - penso anche alle iniziative del Presidente francese Macron - hanno proprio trovato in Putin un'assoluta chiusura. Lo sforzo per la pace e il dialogo, però, non deve venire meno. Dobbiamo avere chiaro, però, che proprio il sostegno alla difesa dell'Ucraina è la condizione perché una trattativa di pace possa aprirsi. Senza aiuti l'Ucraina cadrebbe e da allora non si potrebbe parlare di pace ma della vittoria dell'aggressore.

Nel nostro dibattito parlamentare sento evocare una possibile vittoria di Trump nelle prossime elezioni presidenziali americane che porterebbe alla fine del sostegno all'Ucraina. Si dice, quindi, che il sostegno militare oggi va messo in discussione, perché tanto verrebbe meno domani. Certo l'esito di quelle elezioni sarà fondamentale per il mondo e credo che i rischi di una vittoria di Trump non riguarderebbero solo il contesto della guerra in Ucraina. Ma anche e proprio per questo dall'Unione europea deve venire un segnale chiaro di sostegno a chi contrasta l'aggressione e di difesa dei valori democratici. Senza polemiche retrospettive dobbiamo sapere che i legami tra forze populiste europee, Putin e lo stesso Trump, hanno rappresentato una pagina oscura degli anni che abbiamo alle spalle ed hanno contribuito a rafforzare la politica aggressiva di Putin, come con molta probabilità il ritiro dell'Occidente dall'Afghanistan, che è sembrato quasi una fuga, ha rappresentato un via libera a chi voleva mettere in atto azioni di aggressione in altre aree del mondo. Le due guerre che abbiamo ai nostri confini ed i tanti conflitti locali in corso ci richiamano ad aprire una riflessione sulla fase storica che stiamo vivendo. È evidente che siamo di fronte a un contesto che vede la mancanza di un ordine mondiale in qualche modo stabile, è finito il cosiddetto equilibrio del terrore e della Guerra Fredda e anche la stagione dell'egemonia degli Stati Uniti. A inizio anni Ottanta, quando era in campo un grande movimento per il disarmo - quando ho iniziato a fare politica, ne ho parlato all'inizio di questo intervento - contro l'installazione di nuove armi nucleari all'Est e all'Ovest dell'Europa, Enrico Berlinguer disse: se vuoi la pace prepara la guerra, dicevano certi antenati e, invece, la penso come tutti i pacifisti del mondo, se vuoi la pace, prepara la pace.

Ebbene, dobbiamo interrogarci su come costruire la pace quarant'anni dopo, in un contesto di relazioni internazionali così diverso e che ha subito trasformazioni così rilevanti. Un mondo di pace si costruirà se si troveranno le ragioni di un assetto multilaterale delle relazioni internazionali e si rilancerà il ruolo delle organizzazioni sovranazionali. Non è un obiettivo facile, ma è l'unica strada percorribile, perché una dinamica di guerre e conflitti non porti via via a drammi maggiori e a pericoli sempre crescenti. Se pensiamo anche al conflitto in Ucraina è evidente che nelle opinioni pubbliche del mondo, in tante realtà, le democrazie occidentali sono il nemico e comunque non rappresentano un riferimento positivo.

C'è certo il tema della presenza di regimi autoritari, che esplicitamente negano la credibilità delle istituzioni democratiche, un tratto inquietante della stagione che stiamo vivendo, che non possiamo sottovalutare. Comunque, spetta anche a noi dimostrare che il nostro obiettivo non è esercitare una qualche forma di egemonia, ma promuovere un assetto delle relazioni internazionali basato sulla pace e sul rispetto reciproco. Se pensiamo alla storia dell'Europa questo può essere il messaggio che il nostro continente può mandare al mondo. I popoli europei si sono massacrati per secoli in guerre terribili e come sappiamo bene le due guerre mondiali del secolo scorso sono nate in Europa. Il nostro continente ha trovato la strada della pace e della libertà quando si è unito, non perché un popolo si è imposto sugli altri con la forza delle armi, ma perché i popoli europei si sono riconosciuti tra loro e hanno condiviso la strada della democrazia e del riconoscimento delle diverse culture e identità. Un'Unione europea che rilanci il suo progetto di unità e che metta finalmente in campo una politica di difesa comune è fondamentale se si vuole costruire un nuovo equilibrio globale e fermare la spirale dei conflitti che è in atto. Di fronte alla sfida del COVID, l'Europa ha risposto nel modo giusto, con l'acquisto comune dei vaccini, col sostegno della BCE ai debiti sovrani, con il Next Generation EU. Oggi, di fronte al dramma della guerra nel cuore dell'Europa e alle porte del Mediterraneo, è evidente una difficoltà ad essere in campo con la stessa determinazione ed efficacia. Credo che non sia davvero più rinviabile il salto di qualità di una messa in campo di una politica estera e di difesa comune, che è la condizione anche per promuovere la pace e il dialogo nei luoghi di conflitto, con la giusta autorevolezza e la necessaria forza politica e per garantire la nostra sicurezza rispetto a qualsiasi evoluzione dello scenario internazionale.

Un'Europa capace di mettere in campo un'iniziativa di politica estera più forte ed unitaria e una difesa comune sarebbe anche nelle condizioni di chiedere che si riapra la prospettiva del disarmo e del contrasto alla proliferazione delle armi nucleari che, purtroppo, non è più nell'agenda delle relazioni internazionali. Un'Unione europea che speriamo abbia al più presto l'Ucraina tra i suoi Stati membri. Si sta discutendo ancora dell'opportunità della scelta, presa dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine dei regimi del socialismo reale, dell'allargamento ad est dell'Unione europea, ebbene, pensiamo a quanto il quadro europeo sarebbe stato più frammentato, più insicuro e più fragile senza quella scelta lungimirante ed oggi quel processo di allargamento può e deve proseguire. Certo, per farlo, rafforzando nello stesso tempo l'Unione europea, serve una nuova governance delle istituzioni europee, che superi il diritto di veto dei singoli Stati. Insomma, l'Europa è chiamata a un salto di qualità, se vuole essere all'altezza della fase storica che stiamo vivendo ed evitare il rischio di drammatici arretramenti anche rispetto ai risultati raggiunti fino a qui. Le politiche europee per tanti anni hanno diviso il dibattito italiano, penso che oggi dobbiamo avere tutti chiaro che, se si vogliono ricostruire le ragioni di un mondo dove prevalgano le ragioni della pace, se si vuole garantire la difesa dei principi democratici, se si vogliono contrastare la guerra e l'uso della forza al di fuori del diritto internazionale, se si vuole garantire la nostra stessa sicurezza, la priorità che dobbiamo condividere è il rafforzamento delle istituzioni europee e la messa in campo di una politica estera e di difesa comune dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fabio Porta. Ne ha facoltà.

FABIO PORTA (PD-IDP). Signor Presidente, signor Sottosegretario, colleghi, preparando questo intervento ricordavo che quasi due anni fa, era il 30 marzo del 2022, intervenivo a Palazzo Madama, al Senato, proprio sul primo decreto del Governo Draghi sull'Ucraina e, oggi, purtroppo, a due anni di distanza, il rumore dei missili - è di stanotte, come è stato ricordato da alcuni colleghi, l'ultimo bollettino di guerra: almeno 4 morti, a seguito di un'ondata di ordigni abbattutasi sulla capitale ucraina; sembra siano stati almeno 64, tra missili e droni, gli ordigni che hanno colpito Kiev -, ancora oggi, quel rumore occupa il pensiero di chi spera nell'avvio di un processo di pace in Ucraina, per far vincere le ragioni della vita e del buonsenso rispetto a quelle delle armi. Nel frattempo, il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, mette al centro dell'agenda del suo viaggio a Washington di questi giorni la questione Ucraina, in un momento di grande incertezza per gli Stati Uniti sul futuro del sostegno di questo Paese a Kiev.

Avremmo voluto vedere un'Unione europea che, all'unisono, così come fece all'inizio di questa guerra, nel periodo che evocavo iniziando questo intervento, assumesse un'iniziativa più forte, più unitaria, per portare la pace in quell'area a noi vicina e cara, ma un'azione così sinergica, purtroppo, non la vediamo da mesi, un'iniziativa diplomatica forte che vada nella direzione di una soluzione giusta e pacifica.

Invece, in questi giorni, in queste ore, piovono ancora bombe sulla capitale dell'Ucraina, con morti e feriti.

Ecco, signor Presidente, oggi, purtroppo, sono ancora validi gli argomenti di due anni fa a sostegno dell'Ucraina contro l'aggressore russo e lo ribadiamo con convinzione, senza rinunciare, però, a spingere il Governo a cercare con tutte le forze strategie adeguate per arrivare a quella pace giusta che restituisca all'aggredito i territori occupati dall'aggressore. Lo abbiamo già affermato poco più di un mese fa, nella risoluzione connessa alla proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative ucraine e oggi, cari colleghi, ribadiamo - credo che dovremmo farlo tutti insieme, tutto il Parlamento - la necessità di un ruolo più incisivo dell'Italia e dell'Unione europea sul piano diplomatico, in un contesto atlantico e multilaterale, per arrivare a porre le basi di una pace giusta, duratura, capace di generare sicurezza in tutta l'area.

Signor Presidente, oggi la democrazia globale è in crisi a causa di vari conflitti sullo scenario internazionale e quello dell'Ucraina è fondamentale per il futuro delle nostre democrazie, perché è in gioco il diritto di un Paese ad esistere. Allora, la nostra risposta obbedisce ad un altro diritto che si affaccia sulla scena globale, cioè il diritto emergenziale per il quale siamo chiamati a continuare a non rimanere impassibili di fronte all'aggressione russa verso l'Ucraina, aiutando quest'ultima a difendersi, come abbiamo fatto sin dall'inizio e come dobbiamo continuare a fare, in maniera unitaria e a livello europeo, sul piano politico, militare ed economico, per fare in modo che l'Ucraina possa trovarsi prossimamente - lo speriamo - a un tavolo di trattative ma in condizioni paritarie per negoziare una pace giusta. Il Partito Democratico, in questi due anni, ha mantenuto una linea coerente sul sostegno al popolo ucraino, fin dal primo giorno, quando, lo ricordiamo, nell'incertezza, nello stupore, rispetto a quell'attacco che speravamo o pensavamo non sarebbe mai avvenuto, ci siamo trovati invece ad affrontare un'aggressione brutale di una potenza nucleare come la Russia, nel cuore dell'Europa. Molti di noi immaginavano che Putin sarebbe entrato a Kiev con estrema facilità, viste anche le premesse non migliori del contesto internazionale: il ritiro affrettato dall'Afghanistan, il ritiro dalla Siria, l'isolamento dei curdi, un disimpegno americano che era iniziato con Trump. Invece, come europei abbiamo dato, almeno in quel primo momento, una prova di unità. Lo abbiamo fatto con il Governo Draghi, dando un'immagine di serietà e di credibilità che, come sapete, in politica estera, vale più di mille promesse e di mille parole.

È vero che oggi la situazione sul terreno, a due anni di distanza, è più complicata, c'è una fase di stallo, la controffensiva non ha funzionato come volevano i generali e lo stato maggiore ucraino e anche le sanzioni probabilmente non hanno funzionato fino in fondo, con l'eccezione di sanzioni individuali nei confronti di Mosca e della Russia. Tutto questo, tuttavia, non può essere una scusante, non può essere un elemento che fa venir meno il nostro chiaro sostegno, senza "se" e senza "ma", lo ripetiamo, a fianco del popolo ucraino che è stato brutalmente aggredito. Di fronte all'aggressione, come sancito dalle convenzioni internazionali e, in particolare, dall'articolo 51, più volte richiamato, della Carta delle Nazioni Unite, l'aggredito ha il diritto-dovere di difendersi, esigendo in tutte le sedi e lottando in tutti i modi per il rispetto della sovranità nazionale che mai, dico mai, può essere oggetto di invasioni o aggressioni arbitrarie. Ecco, in questo senso, secondo questi princìpi, il decreto oggetto della discussione di oggi proroga l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti a favore dell'Ucraina. Un'autorizzazione - lo ripetiamo, non casualmente, in quest'Aula - concessa nei termini e nelle modalità stabilite dalla normativa richiamata e previo atto di indirizzo delle Camere. Una richiesta che è stata più volte sottolineata dal nostro gruppo parlamentare. Nell'atto votato da questo Parlamento il 10 gennaio 2024, la Camera, in seguito alle comunicazioni del Ministro della Difesa, ha approvato chiare risoluzioni in merito, compresa quella presentata dal nostro gruppo parlamentare, a firma della nostra capogruppo Chiara Braga, nella quale il Partito Democratico ha chiesto, in particolare, al Governo di impegnarsi a sostenere il ruolo dell'Italia in un rinnovato e più incisivo impegno diplomatico e politico dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati NATO in un quadro multilaterale, anche con l'auspicio di poter ospitare una futura conferenza di pace proprio qui a Roma, per mettere in campo tutte le iniziative utili al perseguimento di una pace giusta e sicura. Abbiamo anche chiesto di continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessaria, al fine di assicurare quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Solidarietà e assistenza attiva, quindi, e sostegno all'autodifesa: ecco quello che noi chiediamo. Voglio dire anche ai colleghi che si sono espressi in maniera differente in quest'Aula che non si tratta affatto di bellicismo, un termine, credo, usato a sproposito, mancando anche di rispetto a coloro che, come me e come la comunità del partito e del gruppo parlamentare che rappresento, si riconoscono pienamente nell'articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali. Credo che nessuno di noi pensi che la guerra sia il mezzo per risolvere questa controversia ma, con altrettanta coerenza e convinzione, nessuno di noi crede che l'Ucraina non debba esercitare il suo diritto a difendersi e che la comunità internazionale, Europa in primis, non possa aiutare con tutti i mezzi possibili l'eroica resistenza del popolo ucraino. Il sostegno militare e umanitario - non dimentichiamoci l'accoglienza ai tantissimi profughi ucraini nel nostro Paese - deve quindi camminare di pari passo con la ricerca della pace. Le due cose non sono affatto in contraddizione tra di loro, anzi. Serve un'iniziativa diplomatica degna di questo nome, serve che il Governo italiano faccia quello che, come ha candidamente ammesso il nostro Ministro della Difesa, finora non ha mai fatto, cioè determinare l'Europa a farsi carico di un'iniziativa politica, anche per rendere chiaro che quanto sta accadendo oggi, nello stesso Medioriente e nel Mar Rosso, non ci può e non ci deve distogliere dal nostro sostegno all'Ucraina.

Cosa aspettiamo, allora? Aspettiamo le elezioni europee? Aspettiamo le elezioni americane? Sarebbe sbagliato perché, a prescindere dagli equilibri a Strasburgo e dalla posizione degli Stati Uniti, questa guerra è alle porte di casa nostra ed è una guerra contro un Paese candidato all'ingresso nell'Unione europea. Una forte iniziativa politica è necessaria prima che le varie tensioni che hanno trovato la stura dopo l'aggressione all'Ucraina si saldino reciprocamente, dando vita a quella che, amaramente, Papa Francesco ha chiamato la Terza guerra mondiale a pezzi. Già oggi, dal Mar Rosso, passando per l'Africa e arrivando fino all'Indopacifico, si vedono sullo sfondo gli stessi attori, le stesse alleanze, le stesse strategie e finalità, che diventano sempre più convergenti e a tutti noi segnalano un ritardo, un limite, una mancanza dell'Europa.

Vi è, infine, un altro tema. L'Italia quest'anno ha la Presidenza del G7 e in questo consesso credo che abbiamo il dovere di prendere un'iniziativa concreta in direzione di una pace giusta. Dobbiamo costruire le condizioni per discutere di architettura della sicurezza europea. Sarebbe anche interessante sapere cosa pensa in proposito il nostro Governo, visto che la Russia ha fatto saltare tutti i trattati precedenti di non proliferazione delle armi.

Dovremmo capire se c'è un piano italiano dentro il G7 per capire come riaprire un confronto sull'architettura di sicurezza europea e come costruirlo. Il Partito Democratico, nel suo DNA, ha il tema della costruzione europea. Più volte, abbiamo chiesto a un Governo che si è autoproclamato sovranista cosa pensa in proposito. Noi pensiamo che tutte le partite, anche questa, si vincano e che anche gli interessi nazionali si vincano passando dall'Europa. E guardate, noi non ce lo auguriamo, ma se il prossimo anno Donald Trump dovesse vincere le elezioni negli Stati Uniti, si aprirebbe una partita nuova, perché con il noto disimpegno di Trump, dai forum multilaterali e dalla diplomazia multilaterale, sarebbe ancora più difficile cucire in un momento di fragili divisioni come questo. E allora ci vorrà qualcuno che tiene insieme le fila della diplomazia internazionale. E vorremmo sapere, anche in prospettiva del G7, cosa pensa di fare e quali iniziative pensa di mettere in campo il nostro Governo, perché, se Trump ci dovesse lasciare da soli con questa responsabilità, cosa potrebbe fare un'Europa rispetto a una sfida sempre più aggressiva da parte di Putin, che potrebbe anche riguardare gli equilibri nella politica estera europea?

E mi rivolgo, infine, anche a tutta l'Assemblea, rispetto al tema della guerra. Sappiamo tutti, l'ho detto, che l'Italia ripudia la guerra e vogliamo tutti ribadire la nostra coerenza con questo principio. Nessuno di noi pensa neanche lontanamente che l'uso delle armi possa servire come risoluzione dei contenziosi che esistono in questo pianeta. A questo principio, però, ci atteniamo anche votando questo disegno di legge, perché non stiamo alimentando un conflitto con il nostro imperialismo. Al contrario, stiamo aiutando un popolo a difendere il suo territorio, perché questo popolo è stato invaso dai russi. E ho la sensazione, cari colleghi, che nel furore della polemica politica non ci si ricordi sempre una realtà semplice, e cioè che non c'è una guerra tra Ucraina e Russia, ma un'invasione della Russia del territorio dell'Ucraina.

Noi potremmo anche aderire a un pacifismo unilaterale, ma allora dobbiamo essere chiari e sapere che questo eventuale rifiuto a dare le armi agli ucraini per difendersi, significherebbe lasciare via libera a Putin con tutto quello che è stato, a dispregio del diritto internazionale e dei princìpi elementari.

Concludo, ricordando che, un mese fa, la segretaria del nostro partito, Elly Schlein, intervenendo proprio sul voto alla risoluzione sull'Ucraina, confermava con queste parole la determinazione e la coerenza della posizione del nostro partito, del nostro gruppo parlamentare, ribadendo che il Partito Democratico ha votato compattamente la sua risoluzione, in cui c'era tutto quello che ci doveva essere. Abbiamo sostenuto il prosieguo di ogni forma di assistenza al popolo ucraino, necessario alla sua difesa da un'invasione criminale che subisce da due anni a questa parte, ma abbiamo aggiunto, nella stessa risoluzione, una cosa per noi estremamente importante, cioè la richiesta, la necessità di uno sforzo diplomatico dell'Unione europea per riuscire a creare le basi che portino alla cessazione di questo conflitto e a una pace giusta e sicura innanzitutto per l'Ucraina.

Signor Presidente e cari colleghi, aiutiamo allora l'Ucraina, guardando al mondo e a noi stessi per riaffermare il valore della democrazia, che non è un'illustre sconosciuta, ma è quella grande forma di convivenza che è nata proprio dal pensiero politico europeo.

Allora, questo provvedimento - e concludo davvero - è un atto che si inserisce in questo solco, si inserisce nella nostra sincera ricerca di pace e sicurezza, è un contributo alla storia, avendo davanti, con il cuore e la mente, la prospettiva della pace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1666)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione affari esteri, l'onorevole Giangiacomo Calovini.

GIANGIACOMO CALOVINI , Relatore per la III Commissione. Grazie, Presidente. Non ho nulla da aggiungere alla discussione, che è già stata particolarmente articolata, e, pertanto, siamo pronti a passare all'esame delle proposte emendative.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la Commissione difesa, Paolo Bicchielli.

PINO BICCHIELLI, Relatore per la IV Commissione. Grazie, Presidente. Siamo pronti per passare all'esame delle proposte emendative.

PRESIDENTE. Sottosegretario Perego di Cremnago, in rappresentanza del Governo? Vuole replicare? Prendo atto che vi rinuncia.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei capigruppo, è stato convenuto che a partire dalle ore 19,30 della seduta odierna avrà luogo l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno riferiti al disegno di legge n. 1666 - Conversione in legge del decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (approvato dal Senato – scadenza: 19 febbraio 2024). Nella seduta di domani, giovedì 8 febbraio, a partire dalle ore 9, avranno luogo le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale.

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