L'11 gennaio è l'appuntamento per contestare il decreto ombrello per l'invio delle armi all'Ucraina

21.12.2023

La mobilitazione per l'11 gennaio contro l'invio delle armi al governo Ucraino scatta in seguito alla notizia che ci dà oggi il Fatto Quotidiano. Ho già sentito Alessandro Peri e gli ho proposto di tentare stavolta di manifestare sotto Montecitorio: la Questura deve finirla di accampare il Covid come pretesto.Questo il link all'articolo citato, giustamente polemico contro le ambiguità del "pacifismo" del PD.

Ora riporto il mio commento a caldo su Whatsapp"Apprendiamo da questo articolo che il voto alla camera sul decreto ombrello che autorizza il governo alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine ci sarà l'11 gennaio dell'anno prossimo, il 2024. Ecco la data del prossimo presidio per i digiunatori della coerenza pacifista organizzati dai Disarmisti esigenti. Ed ovviamente per tutte le attiviste e gli attivisti romani seriamente pacifisti, ciascuno con le sue posizioni e le sue modalità di azione pacifica. Alle elezioni europee bisognerà chiarire chi intende rappresentare la maggioranza dell'opinione pacifista degli italiani, che ha interiorizzato il ripudio costituzionale della guerra, e chi invece si ingegna a prenderli in giro alimentando la fuga dal voto e dalla politica partecipata dal basso. Quindi ottavo presidio, dal nostro punto di vista, con l'invito a tutte e tutti di darsi da fare, sperando di essere stavolta oltre i cento che si sono ritrovati il 19 dicembre al Pantheon (uno su centomila rispetto alle vuote adunate oceaniche in cui ci si fa guidare da strumentalizzatori politici solo per potere rassicurare sé stessi sul fatto di esistere). _______________________________________________________________- Riporto infine l'articolo di Marinella Correggia su Peacelink, che resoconta sulla nostra conferenza stampa del 20 dicembre in via dei Fori Imperiali.Il link è :

Alfonso Navarra: Coordinatore dei Disarmisti esigenti 

No all'invio di armi

Iniziativa contro il decreto varato dal consiglio dei ministri che ha deciso la proroga per tutto il 2024 alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti al governo di Kiev. Una ulteriore conferma del coinvolgimento italiano in questa guerra.20 dicembre 2023Marinella Correggia

La rete dei Disarmisti esigenti (parte della rete internazionale Ican) e la Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà (Wilpf) hanno tenuto il 20 dicembre una conferenza stampa per il taglio delle spese militari e per il no agli aiuti in armi a paesi in guerra, contro il decreto varato dal consiglio dei ministri che ha deciso la proroga per tutto il 2024 alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti al governo di Kiev. Un coinvolgimento italiano in una guerra sanguinosa che (come rivelato ormai anche da media statunitensi) manda soldati al macello come nelle trincee '15-'18; oltre al rischio di ulteriore escalation.

I pacifisti, che con altri gruppi hanno dato vita martedì a una manifestazione a piazza del Pantheon, chiamano alla mobilitazione prima che, in una data da definirsi di gennaio o forse febbraio, il Parlamento sia chiamato a ratificare il decreto. Contro la ratifica, che si annuncia scontata, i pacifisti invocano l'articolo 11 della Costituzione e la volontà popolare che, ha spiegato Alfonso Navarra, "non è rappresentata dalla politica istituzionale: dai sondaggi risulta il dissenso della maggioranza degli italiani rispetto all'aumento delle spese militari e alle armi all'Ucraina".

"Fermate subito i combattimenti, intervenga l'Onu per negoziare una tregua" recitava lo striscione dei pacifisti. I Disarmisti esigenti hanno mandato giorni fa una lettera a tutti i parlamentari e senatori, impegnati nella discussione della legge di bilancio per il 2024, chiedendo "la conversione delle spese militari e gli aiuti di guerra in investimenti socialmente ed ecologicamente utili".

Come ha spiegato Ennio Cabiddu, da tempo attivo nell'opposizione alla fabbrica di armi Rwm in Sardegna, ai politici vengono proposti dieci punti per la pace. Fra questi: rifiuto del famoso obiettivo Nato, il 2% del Pil per le spese militari; legge nazionale per convertire al civile le produzioni militari; drastica riduzione delle missioni militari convertendo gran parte dei loro fondi per il servizio civile universale (da riformare) e i corpi civili di pace; accoglienza e asilo politico per i giovani in fuga dalle guerre; triplicare i fondi per la cooperazione allo sviluppo per arrivare ad almeno l'1% del Pil; legge per l'opzione fiscale (come da campagna Sei per la pace sei per mille); investimenti nelle spese civili, potenziando anche l'educazione civica e alla pace - a contrasto con le attività che che permettono di pubblicizzare l'opzione militare nelle aule, come ha denunciato l'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole. E poi sostenere il progetto Donne pace sicurezza, in attuazione della risoluzione Onu 1325, tanto più che, come ha ricordato Antonella Nappi, il ruolo delle donne è centrale per sviluppare una politica di vita anziché di guerra e morte.

Quanto alla Nato, in ossequio alla quale ospitiamo illegalmente armamenti nucleari nelle basi militari, va semplicemente sciolta perché contrasta con lo stesso preambolo anti-guerra dello Statuto dell'Onu, ha sottolineato Navarra; qualunque alleanza militare si proponga un aumento delle capacità militari è dunque contro l'Onu.

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