La denuclearizzazione in rapporto con la riduzione delle spese militari

10.12.2023

Le armi nucleari sono obsolete? E lo è il cosiddetto nucleare "civile"?

Quando si affronta il problema delle spese militari, a differenza dei pacifisti satelliti del grande sindacato confederale, non si può non fare riferimento all'obbligo NATO di arrivare al 2% del PIL come base, un livello che dovremmo raggiungere nel 2028. (Questi amici "arcobaleno" nelle loro piattaforme ultradettagliate - persino, per certi aspetti, minuziose - riescono sempre a dribblare il nodo politico principale).In verità l'impegno che gli Stati membri assunto al vertice a Newport (Galles) riguarderebbe il 2024, ma noi abbiamo già deciso una proroga per il raggiungimento dello standard, di cui si va vanto in particolare il M5S. La motivazione ufficiale della NATO sarebbe quella di garantire la sicurezza collettiva e la solidarietà tra gli alleati di fronte alle minacce globali, come il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali e le crisi umanitarie. La NATO svolgerebbe anche un ruolo di deterrenza nei confronti della Russia, considerata una minaccia militare, soprattutto dopo l'annessione della Crimea nel 2014 e le tensioni in Ucraina, sfociate nel 2022 nella guerra tuttora in corso. Dopo l'invasione russa dell'Ucraina la NATO dice esplicitamente, e l'Italia con essa, che bisogna attrezzare lo strumento militare per combattere guerre ad alta intensità: di qui il considerare il 2% non un tetto ma un pavimento. Per l'Italia, raggiungere questo obiettivo significherebbe un aumento di spesa di quasi mezzo punto percentuale rispetto al suo PIL, che nel 2022 si è attestato all'1,51%. Secondo i dati Istat, il PIL italiano al 2022 ammonta a circa 1.900 miliardi di euro. Affidare il 2% di questa somma alle spese militari, significherebbe passare dai circa 28 miliardi di euro l'anno attuali, 29+3 previsti per il 2024, a 38 miliardi-40 miliardi l'anno, se si vivesse un improbabile trend di crescita (o emergesse parte della consistente quota che produciamo in nero).La prima proposta dovrebbe essere quella di rigettare questo obbligo come pure le spese per la cosiddetta condivisione nucleare, cioè circa mezzo miliardo di euri, e quelle per le missioni militari spacciate per interventi umanitari. Un movimento per la pace deve prospettare una politica estera di pace e, con questa stella polare, rivendicare un taglio consistente delle spese militari, a partire da quelle da considerare in contraddizione con il nostro art. 11 Cost. Quindi, come minimo, dovremmo tagliare i 10 miliardi di investimenti destinati a sistemi d'arma offensivi e nuclearizzati (si vedano ad esempio i caccia-bombardieri omologati per le missioni nucleari) da computare su un budget di 29 miliardi di euro circa (bilancio ufficiale del Ministero della Difesa) che aggiunge anche i 2 miliardi destinati all'industria militare nel bilancio del MIMIT (Ministero delle imprese e del made in Italy). Ed ancora 2 miliardi sarebbero da togliere agli aiuti militari all'Ucraina e alle missioni militari all'estero. Grosso modo, su 32 miliardi di spese militari, per restare nella Costituzione, dovremmo tagliarne circa 15-16, vale a dire la metà! Mezzo miliardo circa andrebbero comunque recuperati dal costo del mantenimento delle "atomiche" B-61 in via di ammodernamento a Ghedi ed Aviano. I Disarmisti esigenti hanno promosso a suo tempo un appello, con una dimensione europea in cui l'Italia deve necessariamente collocarsi, di cui riportiamo dei passi. Si tratterebbe di riprenderli, svilupparli e attualizzarli per una proposta che deve rappresentare la base programmatica di un orientamento volto a raccogliere la volontà maggioritaria del popolo italiano, attualmente non interpretata da nessuna forza politica e sindacale."Il primo punto di un programma pacifista dovrebbe essere il rifiuto della creazione di un esercito europeo, che sarebbe integrato nella NATO con gli Stati Uniti al comando. Uscire dalla guerra è la parola d'ordine centrale, senza però porre come obiettivo urgente lo scioglimento della NATO (che ogni soggetto convergente naturalmente è libero di coltivare e perseguire ma riconoscendo che lo stop alla guerra preliminarmente rappresenta la sconfitta della NATO). L'Europa dovrebbe promuovere la riforma dell'Onu e una politica attiva per il disarmo, con l'inclusione del Brasile, dell'India e del Sudafrica, nazioni che formano i BRICS, nel novero dei Cinque Membri Permanenti del Consiglio di sicurezza.
L'Europa ha interesse a sostenere l'opposizione del presidente brasiliano Lula alla supremazia mondiale del dollaro e a sottrarre la moneta e il debito al dominio delle banche private e alla speculazione liberista.
Si ritiene il sistema di guerra incompatibile con la democrazia e si vuole una scuola che non trasformi i ragazzi in capitale umano.
Nei fatti la guerra dovrebbe essere ripudiata come il patriarcato; e dovrebbero essere salvati per primi "gli ultimi", ad esempio i migranti che attraversano il Mediterraneo, perché solo in questo modo si salvano anche i primi. È l'articolo 11 della Costituzione sul "ripudio della guerra", anche nel suo secondo comma, esteso su scala europea e globale: il superamento della sovranità assoluta degli Stati per quelle "limitazioni della sovranità, in condizioni di parità, necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni".
L'Europa per la quale ci battiamo deve (e si tratta di obiettivi che hanno una loro plausibilità e fattibilità):

1) Denuclearizzare

2) Convertire le spese militari in investimenti sociali (beni comuni e pubblici) e per la conversione ecologica

3) Predisporre un modello di difesa che attui il transarmo progressivo verso la resistenza nonviolenta quale capacità di opporsi all'ingiustizia con mezzi costruttivi, basati sulla forza dell'unione popolare.

Alcune campagne dei movimenti di base vanno sostenute da una sponda istituzionale più salda, sicura, convinta:

1- La proibizione delle armi nucleari che va messa in rapporto con il No First Use.

2- La denuclearizzazione sia militare che civile.

3- Object War per il diritto internazionale al non partecipare direttamente ai combattimenti armati.

4- L'obiezione di coscienza nelle sue varie forme e modalità: oltre a quella già citata al servizio militare, le obiezioni alle spese militari, alle banche armate, alle produzioni e ai traffici bellici.

5- Il contrasto alla militarizzazione della scuola, dell'università, della ricerca scientifica. Questa proposta può essere presentata nell'occasione della mobilitazione contro il rinnovo del decreto per l'invio degli aiuti militari all'Ucraina, che verrà fatto votare entro la fine dell'anno, in qualche maniera collegata alla legge di bilancio. Riprendiamo quanto già scritto nell'appello, sottoscrivibile online al seguente link: 

Le armi - è vero - devono tacere se si vuole davvero opporsi alla guerra. Ma perché questo accada bisogna impedire l'invio di forniture assassine dall'Italia ai teatri di guerra. C'è chi propone e pratica, come i portuali di Genova, l'azione diretta nonviolenta bloccando la produzione e il trasporto degli strumenti di morte. Senza necessariamente arrivare subito a tanto, si può almeno rimproverare il governo e il parlamento quando decidono di passarle a coloro che sparano, di rifornirli di pallottole e di addestrarli se non riescono a fare funzionare sistemi complicati. Quale occasione migliore di una manifestazione nazionale a Roma per interloquire con il governo e le forze politiche, richiamando la loro responsabilità sulla via maestra della Costituzione che stanno abbandonando proprio con le forniture di armi che hanno deciso e continueranno a decidere? Ecco perché noi Disarmisti esigenti chiamiamo a darsi appuntamento per fine dicembre 2023: invitiamo a contestare il rinnovo del decreto Draghi per gli aiuti militari al governo ucraino: questo è il modo di premere per il cessate il fuoco e uscire dalla guerra! Dobbiamo tenerci pronti per una mobilitazione pacifica quando il Parlamento, insieme al bilancio che aumenta le spese militari, voterà il decreto Draghi, già rinnovato nel 2022 dal governo Meloni, che consente gli aiuti militari al governo ucraino attraverso semplici Dpcm. E' un suicidio del ruolo istituzionale del Parlamento, che si lascia informare solo tramite il COPASIR, in violazione della Costituzione che ripudia la guerra; ed in dispregio della volontà maggioritaria del popolo italiano contrario su questo come su altri punti di militarizzazione. Armi, spese militari, nuove "atomiche", sanzioni, rifiuto di porsi come mediatori, ostano alla fuoriuscita dell'Italia da questo "grande" conflitto che può sciaguratamente avvitarsi in escalation incontrollabili. I digiunatori per coerenza pacifista, che - onorando la memoria della scomparsa Antonia Sani - sono stati più volte (6 volte) presenti in piazza, unici a protestare, invieranno le loro comunicazioni e faranno da punto di riferimento con il seguente striscione, immutato dal 5 novembre 2022 (sperando che risponda all'appello un millesimo di quelli che si mobilitano per certe adunate oceaniche che non mettono in rapporto le parole con la realtà dei fatti decisivi): OGGI NON ESISTONO GUERRE GIUSTE (PAPA FRANCESCO) Fermate subito i combattimenti, intervenga l'ONU per negoziare una tregua e prevenire una escalation nucleare Custodiamo, esseri umani cooperanti, la Terra sofferente Riconvochiamoci, quando si vota in Parlamento, per protestare contro l'invio di nuove armi all'esercito ucraino. 

Primi firmatari: Emanuela Baliva - Daniele Barbi - Michele Boato - Milly Bossi Moratti - Angelo Cifatte - Cosimo Forleo -Luigi Mosca - Giuseppe Musolino - Antonella Nappi -Cristina Rinaldi - Laura Marcheselli - Pino Arancio - Sandra Cangemi - Amalia Navoni - Andrea Bulgarini - Marco Zinno - Mario Di Padova - Antonio De Lellis

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