stenografico approvazione finale alla Camera del DL 200/2023 armi al governo ucraino - 8 febbraio 2024

08.02.2024

ALFONSO NAVARRA

Camera dei deputati - seduta n. 241 dell'8 febbraio 2024- Seguito della discussione ed approvazione del disegno di legge: S. 974 - Conversione in legge del decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (Approvato dal Senato) (A.C. 1666) (Dichiarazioni di voto finale; votazione finale). Seguito della discussione del disegno di legge: S. 974 - Conversione in legge del decreto -legge 21 dicembre 2023, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (Approvato dal Senato) (A.C. 1666). PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1666: Conversione in legge del decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina. Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno. (Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1666) PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà. BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO- +EUROPA). Grazie, Presidente. Siamo ormai alla vigilia del secondo, tragico anniversario, due anni, dall'inizio delle operazioni brutali del regime putiniano contro l'Ucraina. Sui giornali di oggi vengono riportate le parole dell'ambasciatore russo in Italia, Paramonov, riprese da una lunga intervista che l'ambasciatore ha rilasciato all'agenzia russa TASS, in cui c'è un salto di livello nell'aggressività assertiva della Russia contro l'Italia. È un tema che, io credo, anche in quest'Aula, andrà affrontato. Certo, non rimpiango il precedente ambasciatore russo a Roma, ma queste parole segnano un salto di qualità: «Le vostre autorità sono sgarbate, relazioni come nel 1941-1943». Sono parole durissime, ovviamente meditate. La diplomazia russa, a partire dal Ministro Lavrov, ha tante caratteristiche di cattiveria, di cinismo ma, certamente, non di impreparazione. L'ambasciatore lancia anche un attacco netto all'Italia come Presidente del G7: «Con l'inizio della sua Presidenza del G7, l'Italia sta attivamente rivendicando il ruolo di "capo coordinatore" di questo quartier generale anti russo dell'Occidente». Sono parole molto gravi, che individuano in modo esplicito l'Italia come un bersaglio. Ricordiamo che la guerra ibrida russa ha nel suo arsenale una potenza di fuoco in termini di cybercrime, di hackeraggio e di possibilità di destabilizzare, attraverso la pirateria, con i sabotaggi in rete. Per cui, io sono certo che chi di dovere avrà preso nota di questo grave attacco. Siamo a due anni dall'inizio della guerra, la Russia non vuole considerare - forse comprensibilmente - per sé il ruolo di aggressore e Putin non ha mai spiegato le ragioni di questa aggressione brutale. Mentre noi parliamo, sull'Ucraina ancora arrivano missili che distruggono obiettivi civili e scuole e, quando io sento anche in quest'Aula parlare di un processo di pace - che, ovviamente, come e più di tutti i colleghi auspico -, ascoltiamo però anche le parole dell'ambasciatore. In realtà, può non essere bello, può essere una fatica ormai ripeterlo, ma c'è un solo interlocutore per chi voglia aprire un processo di pace significativamente e ragionevolmente sostenibile nel conflitto ucraino e l'unico interlocutore è Putin. Non ci sono altri interlocutori, non si può pensare che l'interlocutore di un processo di pace sia chi cerca faticosamente di difendere i propri cittadini, la propria terra e le proprie istituzioni da un'aggressione immotivata contro il diritto internazionale. Lo so che è faticoso - l'ha detto anche la Presidente del Consiglio nella famosa telefonata -, c'è una fatica che è esattamente quello su cui scommette Putin, che manda messaggi minacciosi all'Italia attraverso l'ambasciatore. Putin scommette sul fatto che in Occidente si cominci a dire: "ancora armi dopo due anni. Non vi basta quello che è successo"? A noi forse può bastare perché siamo lontani, ancora siamo lontani dal fronte - ancora -, ma a chi è sotto le bombe non può bastare il fatto che, siccome per due anni lo hanno bombardato, deve arrendersi e cedere all'aggressione e preparare l'aggressore a nuove aggressioni. Infatti, questa non è una congettura, questo è quello che è accaduto nella storia del regime putiniano dalla seconda guerra di Cecenia in poi. Voglio toccare solo in chiusura un altro punto e rinvio, come ho detto in discussione generale, alla bella intervista che il direttore del TG1, Chiocci, ha fatto a Zelensky: chi guarda con passione questa vicenda credo debba vedere questa intervista nella sua semplicità e nella sua drammaticità per capire perché non possiamo chiedere a Zelensky semplicemente di arrendersi, di stare un mese a prendere i missili senza rispondere con la contraerea per poi arrendersi e fare la fine, se va bene (ma non andrebbe così bene), della Bielorussia, cioè diventare un protettorato putiniano, con la cancellazione di qualsiasi autonomia istituzionale e di qualsiasi libertà per i cittadini. L'ambasciatore russo entra anche in un dettaglio a proposito del G7: "Non è da escludere che, su pressione dell'ala anglosassone, l'enfasi sia posta sull'elaborazione di misure antirusse, tra cui l'inasprimento delle sanzioni e la ricerca di una formalizzazione giuridica del sequestro illegale dei beni sovrani russi". Hanno capito che forse ci stiamo muovendo in una direzione importante, che è quella che chiedono gli ucraini e che noi, come +Europa, sosteniamo, cioè la confisca delle riserve - ci sono 200 miliardi nella sola Banca centrale del Belgio, se ho letto bene - con la confisca di questi asset finanziari. Il diritto internazionale consente di farlo - i giuristi sono in grande prevalenza a favore di questo - e vogliono farlo anche gli Stati Uniti con Biden, anche per superare il ricatto trumpiano di legare il sostegno all'Ucraina alle politiche migratorie, che segnano il cinismo della politica trumpiana. Biden ha cominciato a dire che ci sono 61 miliardi che possono essere utilizzati e ripeto che noi, nella mozione comune di Azione, Italia Viva e +Europa, abbiamo inserito questo punto, che è stato recepito dal Governo ed io mi auguro che l'Italia - come paventa l'ambasciatore russo in Italia -, nella sua leadership del G7, sappia portare sul tavolo questo tema. Ciò vale anche per gli asset bielorussi, che potrebbero essere utilizzati per sostenere il Governo bielorusso libero e democratico in esilio. Mi auguro che il G7, sotto la Presidenza italiana, ponga questo tema. Sembrava impossibile ma oggi è un tema sul tavolo negli Stati Uniti e in Europa, dove ci sono le reticenze della Banca centrale europea, che sono comprensibili dal suo punto di vista, volte a porre l'attenzione sul fatto che, se Stati Uniti ed Europa non agiscono insieme, c'è un rischio di sbilanciamento. Biden si sta muovendo in questo senso e mi auguro che, nell'ambito del G7, venga posta questa questione del make Russia pay: usiamo le risorse finanziarie russe nei forzieri, nelle banche e nelle istituzioni finanziarie europee per garantire uno sforzo e un sostegno all'Ucraina, che è stata devastata deliberatamente da un regime che non sopporta ai propri confini una democrazia che guarda all'Europa. Di questo si tratta e, senza nessuna volontà bellicista, ma semplicemente perché è un dovere etico-politico, noi voteremo a favore di questo provvedimento, cioè della prosecuzione del sostegno, non nonostante siano passati due anni, ma proprio perché sono passati due anni. Proprio per questo, è ancora più importante garantire agli ucraini la possibilità di difendersi dall'aggressione russa, perché Putin scommette esattamente sulla nostra fatica (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-+Europa, Azione Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe e Italia Viva-il Centro-Renew Europe). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Faraone. Ne ha facoltà DAVIDE FARAONE (IV-C-RE). Grazie, Presidente, signor Sottosegretario e onorevoli colleghi. Io credo che subiamo un paradosso in questo Paese, perché la definizione di pacifista è abbastanza surreale. Secondo la definizione di pacifista di questo Paese, Trump sarebbe un figlio dei fiori e si appresterebbe a partecipare alla marcia di Assisi, perché sta contrastando l'invio delle armi in Ucraina - lo sta facendo strenuamente - e si batte proprio per evitare che al popolo ucraino venga data una fornitura di armi che gli consenta di potersi difendere. Ma per fortuna, per questo pacifismo, non è il solo: si sta formando proprio una sorta di Internazionale pacifista, signor Sottosegretario, che naturalmente auspica il ritorno di Trump alla Presidenza degli Stati Uniti d'America. Un altro che può essere annoverato tra i componenti di questa Internazionale pacifista è sicuramente Orbán, che si è battuto per la pace qualche settimana fa, proprio perché non voleva che l'Europa destinasse le risorse economiche, che ha deciso per fortuna di destinare, all'Ucraina: ad Orbán va riconosciuto l'onore delle armi per essersi battuto fino all'ultimo per questa Internazionale pacifista. Anche Putin fa parte di questa internazionale pacifista, perché sta battendosi contro i nazisti e lo fa in nome della Internazionale, così come la destra israeliana, che auspica anch'essa il ritorno di Trump alla guida degli Stati Uniti d'America, perché si è rotta le scatole di Biden che gli ricorda i "due popoli in due Stati". E poi ci sono delle cellule di questo pacifismo anche in questo Paese: c'è Conte, che tiene alta la bandiera della pace, la bandiera arcobaleno, e che oggi voterà contro il decreto, con tutto il suo gruppo, e c'è Salvini, che vorrebbe votare contro ma non può, tutti for Trump, tutti for Trump perché ritorni alla Casa Bianca e, come diremmo qui, nel nostro Paese, "Donald, sta casa spetta te". Poi, c'è invece un gruppo di facinorosi, quelli come me e come tutti i colleghi che, oggi, decideranno di votare "sì" al decreto che riempirà di armi la resistenza ucraina, che hanno giudicato positivamente l'allargamento della NATO, che pensano che bisogna rispettare gli impegni con la NATO per maggiori risorse per una difesa possibile. Sono quelli che, alla domanda "chi scegli fra Biden e Trump?", rispondono "Biden" senza farfugliare. Naturalmente, questi facinorosi, come noi, hanno valutato positivamente l'invio di 50 miliardi che l'Unione europea ha deciso di destinare alla resistenza ucraina. Questi pazzi pensano che questo decreto che voteremo oggi - assolutamente sragionano - prevede risorse che servono più per la pace che per la guerra e naturalmente pensano che per sedersi a un tavolo eventuale per la pace con Putin bisogna essere in una posizione almeno di pari forza, altrimenti Putin punterà, più che a una mediazione, a ottenere la resa. Per questo mondo al contrario, noi siamo i guerrafondai e l'internazionale che tiene insieme Trump e i suoi tifosi rappresenta i pacifisti. Naturalmente, i pacifisti di casa nostra a me sembrano un po' come quei personaggi del film Independence Day - non so se lo ricorda, Sottosegretario - in cui, quando con l'astronave arrivarono gli UFO per distruggere il pianeta, 27 minuti, conto alla rovescia, c'erano quelli sui grattacieli coi cartelli che dicevano: portateci con voi. Io credo che questa sia un po' l'idea che hanno del pacifismo, perché mentre la Russia è diventata una fabbrica d'armi - ne producono in continuazione, giocano a scambiarsele pure con l'Iran e con la Nord Corea - noi dovremmo disarmarci e, naturalmente, mostrare il nostro volto umano e sperare che questi qui ci compatiscano. Oltre a questo pacifismo un po' sterile, io non capisco neanche che pace venga proposta, perché quando si dice "sì, sediamoci al tavolo della pace e della trattativa", cosa si propone? Di ritornare ai confini del 2014 in Ucraina e, quindi, che la pace si faccia sulla base del fatto che Putin riconosca che quell'invasione è stata illegittima, oppure di tornare ai confini di 2 anni fa e, quindi, di lasciare la Crimea? Tutti questi pacifisti che parlano di un tavolo per la pace cosa propongono in concreto per il popolo ucraino e per il rispetto del diritto internazionale? Perché se non fanno questo secondo passaggio, io non capisco che cosa voglia dire "tavolo per la pace". Il problema è che questo secondo passaggio innesca un'ipocrisia, che sostanzialmente è presente in chi dice, in maniera sterile, soltanto "pace" e presenta emendamenti per sopprimere l'articolo che, di fatto, tiene in piedi l'intero decreto che oggi voteremo. Dopo due anni da quando è iniziata la guerra, considerato che nelle trincee regna lo stallo, serve sicuramente una capacità politica che la stessa Europa - devo dire - ha dimostrato, perché quello che è stato fatto nei confronti di Orbán, e che viene sottovalutato, io lo reputo un fatto importantissimo. L'aver detto a Orbán, con forza politica "o tu fai questo, oppure io non ti trasferisco un euro" è una scelta politica e questa stessa intensità politica che abbiamo manifestato in quel passaggio dobbiamo manifestarla nella relazione che si mette in campo con la Russia. Va compreso, però, che tutto questo - la trattativa, la discussione - si può fare semplicemente a condizioni che però siano compatibili con il rispetto del nostro continente, perché c'è un aggressore che non mi sembra che abbia detto di volersi fermare. Tutti voi che dite "pace" avete sentito da Putin la volontà di rallentare la sua campagna nei confronti dell'Ucraina? Lo avete sentito dire "sediamoci per capire cosa dobbiamo mettere in campo"? Io non sottovaluterei le parole del Ministro tedesco Pistorius, quando dice che l'Europa potrebbe affrontare - io dico, sta già affrontando - in Ucraina i pericoli della Russia entro la fine del decennio. Putin minaccia la Finlandia, che ha aderito alla NATO, i Paesi baltici, la Moldavia, la Georgia. I Paesi europei non possono fischiettare rispetto a tutto questo, al mutato panorama geopolitico. Per questo serve l'Esercito europeo, anche perché gli Stati Uniti potrebbero cominciare - io dico che hanno già cominciato - ad allentare la loro presenza. Con il tema che ho posto poco fa, di Trump che bloccherebbe l'invio delle armi, di fatto sta allentando la sua presenza. Io credo che noi dobbiamo riuscire a comprendere come l'Europa acquisisca uno spazio autonomo. Ieri sentivo un collega del MoVimento 5 Stelle dire che, se oggi Biden dovesse dire "ritiriamoci tutti", qui dentro tutti cambieremmo idea e ci ritireremmo. Io credo che si sia verificato l'esatto contrario, sempre nel famoso 1° febbraio, con i famosi 50 miliardi. L'Europa ha deciso di destinare all'Ucraina quelle risorse e lo ha fatto quando gli Stati Uniti d'America hanno invece deciso di allentare il loro impegno a difesa delle democrazie europee. Quindi, per la prima volta, credo, dopo tantissimi anni o forse nella storia, che l'Europa autonomamente, a prescindere da quello che ha fatto il "gendarme" americano, a prescindere da quello che hanno deciso al Congresso americano, abbia deciso di agire e io credo che questo sia un fatto storico importantissimo che va assolutamente valorizzato e credo che su questo noi dobbiamo improntare la nostra azione, perché credo che non possiamo arrenderci a Putin, non possiamo accettare che una Nazione sovrana venga invasa senza che l'Europa reagisca, quando a pochi chilometri da noi tutto questo sta accadendo. PRESIDENTE. Concluda. DAVIDE FARAONE (IV-C-RE). Per questo voteremo a favore di questo decreto, perché crediamo che sia il miglior modo per lavorare per la pace (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà. PINO BICCHIELLI (NM(N-C-U-I)-M). Presidente, onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, la storia, molte volte, pone le Nazioni e i suoi governanti di fronte a scelte cruciali, dei veri e propri crinali dinnanzi ai quali prendere una posizione non è importante ma è necessario ed è fondamentale per poter recitare un ruolo centrale nel corso degli avvenimenti. Giustizia o ingiustizia, autodeterminazione dei popoli o legge del più forte, libertà e ideologia: ecco, la guerra russo -ucraina ha messo i Governi dinanzi a questi crinali, che sono crinali valoriali e politici. In tal caso, sia pure in un contesto brutale e disumano, il conflitto ha rappresentato l'occasione per l'Europa e per gli Stati europei per ribadire al mondo intero la scelta di fondo che è alla radice del processo di integrazione europea: no, alla guerra, sì, al dialogo, sì, alla pace, sì alla piena collaborazione tra Stati e popoli, anche di culture politiche e identitarie differenti. Il sogno europeo, signor Presidente, è nato proprio dalle rovine prodotte dai conflitti mondiali, dalla Seconda guerra mondiale e dalle brutalità che hanno contraddistinto il secolo scorso. Proprio per questo, la posizione che l'Europa e l'Italia, in particolare, hanno assunto di fronte alla guerra in corso non ha sofferto da parte nostra tentennamenti di sorta. Il Governo in carica, questa maggioranza e il gruppo che rappresento, quello di Noi Moderati, hanno sempre ribadito con forza la propria posizione di pieno sostegno all'Ucraina senza "se" e senza "ma". In questi giorni, come ha ripetuto più volte il Sottosegretario Perego di Cremnago - che ringrazio per il lavoro svolto in Commissione anche in questa fase - ha più volte anch'egli ribadito che il Governo Meloni, sin dal suo insediamento, ha mantenuto una linea precisa e ferma in politica estera, decisa in sede di Alleanza atlantica e di Unione europea, ma cambiando di fatto approccio. L'Italia, infatti, ha assunto sempre più un ruolo guida, sia nel Mediterraneo, sul tema dell'immigrazione, con il Piano Mattei, sia in Medio Oriente, con la guida della missione in Mar Rosso. È un tema, questo, che poi ci riguarda particolarmente da vicino. Il cambio di rotta delle navi merci comporta, come voi sapete, anche la scelta di porti diversi da quelli italiani, con impatti economici su tutta la filiera portuale e logistica. E quindi le tensioni internazionali stanno, di fatto, colpendo il sistema economico nei suoi punti nevralgici, ossia logistica ed energia. E quando uno o entrambi si inceppano, a cascata gli impatti negativi si riversano su tutte le fasi del processo economico e il peso maggiore, inevitabilmente, ricade sempre su coloro che sono già in difficoltà: famiglie e imprese. Lo abbiamo visto in questi anni di permacrisi, in cui più fattori endogeni al sistema economico hanno colpito il suo nucleo, ossia l'approvvigionamento di materie prime, merci ed energia. Oggi, a contribuire in maniera sostanziale a creare un quadro di instabilità, sono le tensioni internazionali nel centro Europa e in Medio Oriente che, minando la sicurezza energetica, rischiano di produrre un effetto inflazionistico generalizzato, e la precisione chirurgica degli attacchi Houthi - che stiamo vedendo - alle navi mercantili dirette al canale di Suez e, dunque, nel Mediterraneo, che già hanno prodotto ritardi, così come l'aumento dei costi del traffico merci, ne sono, di fatto, la dimostrazione. Costi che, inevitabilmente, si riverseranno poi sui prezzi finali che dovremo pagare. Signor Presidente, ho fatto questa escursione per dire che tentennare in situazioni come queste significherebbe non solo indebolire la nostra posizione sullo scenario internazionale ma, di conseguenza, indebolire anche tutta l'Europa. E quindi ringrazio il Presidente del Consiglio e il Governo per il lavoro che si sta portando avanti, su più livelli, su questo fronte. Il provvedimento che ci apprestiamo a votare va esattamente in questa direzione. Infatti, il decreto-legge n. 200 del 2023 proroga fino al 31 dicembre di quest'anno l'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina, già prevista dall'articolo 2-bis del decreto-legge n. 14 del 25 febbraio 2022. Un provvedimento che è perfettamente in linea con altri assunti nei mesi precedenti ai soli fini di sostenere l'Ucraina su più livelli nel conflitto in atto. Inoltre - e questo è un aspetto, a mio avviso, non del tutto secondario -, come si evince dalla relazione tecnica, dal provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che i materiali e mezzi oggetto di cessione sono già nelle disponibilità del Ministero della Difesa, mentre eventuali oneri ad essi connessi saranno sostenuti nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Signor Presidente, un Paese come il nostro, un'Italia che tiene la barra dritta sul fronte Ucraina rende ancora più forte l'Europa e il ruolo che quest'ultima sta giocando al fine di raggiungere il vero obiettivo di tutti: perseguire tutte le vie possibili per arrivare a una pace degna di questo nome. A tal proposito, ho ritrovato un discorso del 2001 dell'allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi che, rivolgendosi a una platea di ragazzi così diceva, cito testualmente: "È indispensabile, per il mantenimento dell'equilibrio globale e di pace, che l'Europa sia un interlocutore in grado di affermare la democrazia, i diritti umani, la solidarietà: è essenziale che tutti lo riconoscano. Non potremo essere di esempio agli altri se non sapremo sollecitare noi stessi". Rileggendo questo passo, io ne vorrei sottolineare l'attualità, ma, soprattutto, credo sia importante mettere in evidenza il monito finale: sollecitare noi stessi sui valori fondanti della nostra Italia e della nostra Europa, per essere da esempio per le future generazioni e per le altre Nazioni. E credo che questo sia il punto del nostro agire politico. Il punto è questo. Il crinale che ci mette dinanzi la storia oggi è proprio questo: ribadire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato non è mai un esercizio fine a se stesso, è sempre un'azione valoriale, è sempre un'azione politica, volta a dare braccia e gambe a ciò che è stato messo nero su bianco nella nostra Costituzione e nei trattati europei. Solo così, signor Presidente, si portano avanti i valori di un popolo, ossia mettendoli realmente in atto. Pertanto, come già abbiamo ribadito più volte, oserei dire che quelle in esame non sono norme oggi, ma sono atti di civiltà, che fanno da evidente e assoluto contraltare alle barbarie commesse da chi, invece, ha deciso di invadere un territorio sovrano, seminare morte e distruzione e radere al suolo intere città, come se questo fosse un atto dovuto. E quindi, per tutte queste ragioni, annuncio un atto dovuto, ossia il voto favorevole del gruppo di Noi Moderati. PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà. NICOLA FRATOIANNI (AVS). Grazie, signor Presidente. Siamo tutti, chi più chi meno, abituati al ritmo del lavoro parlamentare. Sappiamo che, quando la discussione con le dichiarazioni di voto comincia la mattina presto e non ci sono emendamenti, né voti da fare, l'Aula è vuota. Però, me lo faccia dire, fa venire un poco di disperazione, l'Aula vuota, quando il Parlamento discute della guerra, delle armi, di un conflitto drammatico come quello in corso in Ucraina da ormai quasi due anni, dopo l'aggressione russa al territorio ucraino. Fa venire la disperazione perché ha il sapore della normalizzazione della guerra, della sua naturalizzazione. Dà fino in fondo la misura del senso di impotenza e, dunque, anche della distrazione che ne deriva, in un'Aula come quella del Parlamento, che, in Italia, come in ogni altra parte del mondo, dovrebbe, invece, sentirsi fino in fondo caricata di una responsabilità: quella di fare i conti, minuto dopo minuto, di fronte alla guerra, alle guerre, in Ucraina come a Gaza, ovunque si combattano guerre che producono tragedie, lutti e disperazione. Dovrebbe sentirsi caricata della responsabilità di costruire, passo dopo passo, la strada di una via d'uscita pacifica dall'inferno della guerra. Quando questo non avviene più come accade ormai da troppo tempo anche nel nostro dibattito, quella normalizzazione si presenta davanti a noi come l'ineluttabile orizzonte del mondo che abbiamo davanti. E badate, questa questione ci dice molto di più di quanto non ci dica la fotografia di quest'Aula vuota. Ci dice del rapporto che una parte del mondo e delle sue classi dirigenti sta costruendo con l'orizzonte della guerra. Qualche settimana fa, un signore non notissimo alla cronaca del grande pubblico, Rob Bauer, presidente del Comitato militare dell'Alleanza atlantica, in una riunione di quel Comitato, ha dichiarato, senza che questa dichiarazione avesse grande risalto, che, a differenza di qualche tempo fa, non è più affatto improbabile o impossibile immaginare una guerra totale con la Russia nei prossimi vent'anni e che, dunque, dobbiamo prepararci. Ora, se qualcuno pensa che ci sia il rischio di una guerra totale contro una potenza nucleare, fa bene a prepararsi. Il punto è la frase successiva, e cioè la frase che descrive la modalità con cui si pensa di prepararsi all'ipotesi di una guerra totale con la Russia. Sapete qual è questa modalità? Non quella di lavorare senza sosta, notte e giorno, senza dormire, presi dalla disperazione di un orizzonte che potrebbe far sprofondare il mondo nella catastrofe nucleare, no, e dunque correre a cercare di sminare le ragioni possibili, costruire le condizioni diplomatiche, aumentare l'interlocuzione, sminare, incalzare, sanzionare, quel che volete, no! Produrre più armi - più armi! - più potenti, per prepararsi allo scontro, all'impatto militare. È questa la naturalizzazione della guerra, lo dicevo ieri, è quella che ci fa guardare all'Indo-Pacifico con rassegnazione, pronti a contare i resti di un mondo in frantumi nella guerra tra Cina e Stati Uniti, in un mondo che va riorganizzando le sue aree di potere, di influenza, i suoi interessi economici, gli scambi di mercato. È quello che accade a Suez, oppure facciamo finta di non vedere che quello che accade a Suez ha a che fare con questa dimensione? Non con i diritti, con le democrazie contro le autocrazie, con le balle che continuano a risuonare anche dentro quest'Aula, signor Presidente, a proposito della necessità di difendere valori liberali e democratici contro chi quei valori li calpesta nel suolo patrio e fuori dal suolo patrio, quando ne esce in armi per aggredire una Nazione sovrana. Già, giusto, è bene sempre difendere le Nazioni sovrane dalle invasioni altrui. Non lo abbiamo fatto, continueremo a non farlo con la Palestina (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra), perché, me ne dimenticavo, non è uno Stato sovrano, non lo abbiamo ancora riconosciuto. Primo, occorre ribellarsi a questa normalizzazione, occorre ribellarsi, non perché siamo pacifisti. Lo dico per suo tramite all'onorevole Faraone, era un po' che non sentivamo la caccia, l'elenco del pacifista cattivo con la doppia morale. Anche qui, siamo di fronte alle guerre, eviterei di fare della pace il problema, eviterei. Abbiamo un problema più grande, è la guerra. E allora, se ci ribelliamo alla normalizzazione, occorre provare a decostruire tutto ciò che si accompagna alla normalizzazione della guerra. Primo, la retorica dei diritti, perché non si può essere fermi nella difesa del diritto internazionale lì e sordi e distratti nella difesa del diritto internazionale in uno, due, tre, cento altri luoghi del mondo. Non si può essere, con l'Alleanza atlantica, impegnati nella difesa del mondo libero senza vedere che uno degli eserciti più potenti di quell'Alleanza è quello della Turchia, di un signore, Erdogan, definito anche recentemente in questo Parlamento da un importante Premier, sostenuto allora da quasi tutto il Parlamento, tranne che da un gruppo allora di opposizione, oggi il primo gruppo di questo Parlamento, e dal sottoscritto e pochi altri, il Premier Draghi, che qui, in quest'Aula, più o meno da quel banco, nel lato posteriore, definì Erdogan un dittatore. Non si può, non si può, perché non funziona, perché crolla miseramente, come un castello di carte mal costruito, tutto ciò che sa di retorica dei valori, quando quei valori non valgono sempre, in ogni contesto, anche quando a subirne la violazione sono i più deboli, sono coloro che hanno meno peso nella geopolitica, negli interessi commerciali, nella storia del sistema di alleanze al quale siamo legati da molti decenni. Dunque, primo, fateci il piacere, basta con la retorica, basta, basta con la retorica. E, allora, torniamo alla dimensione più materiale, l'efficacia, perché anche qui, sempre per suo tramite, ho ascoltato il collega Faraone. Ci ha spiegato, ma è un argomento che molti altri colleghi e colleghe usano sempre, "diteci cos'è questa pace, perché voi dite pace, ma poi non sapete dirci nulla. Noi invece sì che abbiamo le idee chiare". Poi i fatti, mi insegnò tanti anni fa un dirigente politico, hanno la testa più dura delle parole. Da due anni una strada abbiamo intrapreso e quella strada unica abbiamo seguito, quella delle armi, solo quella. E l'abbiamo intrapresa sulla base di una tesi, ripetuta anche oggi più volte, da Della Vedova, Faraone, e immagino che la ascolteremo ancora, ancora e ancora: senza le armi, non ci saranno mai le condizioni di forza sul terreno per imporre una trattativa. Sono due anni, la guerra è impantanata, ho ritrovato anch'io alcuni appunti proprio nel mio banco, sono quelli che ho preso quando il Ministro Crosetto ha reso comunicazioni in quest'Aula sulla situazione in Ucraina, proprio per ricevere, con le risoluzioni, l'orientamento politico che ha dato vita a questo decreto. Il Ministro Crosetto - arrivo rapidamente alla conclusione - diceva: dopo due anni la controffensiva è fallita, la guerra ha preso le caratteristiche di una guerra di posizione, ci sono 8 milioni di mine, l'Ucraina è devastata, l'obiettivo principale resta quello della liberazione di tutto il territorio, il ripristino dei confini, l'integrità territoriale piena, però - questo è il Ministro Crosetto, il "però" lo ha messo lui, non io - dobbiamo confrontarci con la realtà, è il momento di fare un'offensiva diplomatica decisa. Dov'è questa offensiva? Non c'è, non c'è, non c'è (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra). E con questo bisogna confrontarsi, perché altrimenti tutto quello che stiamo dicendo, altro che i pacifisti non hanno un'idea, noi, un'idea, ce l'abbiamo. Provate a fare qualcosa di diverso, poi fatelo voi, siete al Governo, voi e tutta la larga maggioranza che sostiene la follia dell'escalation militare da due anni. Fatelo voi, ma fate qualcosa, perché quello che state facendo è soltanto la riproposizione dell'escalation militare. L'assenza, il mutismo, l'afonia di un'Europa incapace di costruire il proprio profilo, la propria autonomia sulla politica estera, sulla difesa, porterà l'Europa alla sua fine e il mondo sempre più sull'orlo, anzi, oltre l'orlo di un baratro, quello della guerra. Noi non ci stiamo e non ci rassegniamo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà. ETTORE ROSATO (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Tra pochi giorni, saranno due anni dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, ed è vero, ho ascoltato con attenzione le parole del collega Fratoianni, di cui non condivido nulla, ma di cui apprezzo la chiarezza e la serietà, ci vuole coraggio per continuare questa guerra, ci vuole coraggio, ci vuole determinazione. È una guerra faticosa, che costa, costa vite umane, ma non è il nostro coraggio che serve, è il coraggio degli ucraini che serve. Sono loro che pagano il prezzo, sono loro che sono sotto i bombardamenti, sono loro che vedono il loro Paese straziato da un invasore che, ricordiamo le violenze che abbiamo visto in quei giorni di due anni fa, ha devastato quel Paese, ha devastato quel popolo, ha esercitato una ferocia che non ricordiamo da più di mezzo secolo nel centro dell'Europa. A noi costa un euro al giorno, ai cittadini italiani costa un euro al giorno questa guerra. È vero, è pesante dal punto di vista dell'impegno che questo Paese sta mettendo, ma costa un euro al giorno. A loro costa centinaia di vite al giorno. Gli ucraini oggi sono una barriera del diritto, oltre alla difesa del loro Paese. Non è solo solidarietà quello che ci spinge, l'Ucraina fa parte geograficamente e culturalmente dell'Europa. Chi ha girato per le città ucraine sa che fanno parte culturalmente dell'Europa. È vero, c'è anche un'Ucraina più rurale, ma c'è anche una Polonia più rurale, c'è anche una Romania più rurale e c'è anche un'Italia più rurale. L'Ucraina è un pezzo dell'Europa che si integrerà con gli anni e con la fatica che dobbiamo avere davanti a noi. Dicevo che non è solo solidarietà, è un principio da tutelare, e, se non lo facciamo con la Russia, consentiremo che qualsiasi Paese abbia qualche carro armato in più del suo vicino possa pensare che la situazione si risolva invadendo quel Paese, e renderemo il mondo più insicuro, se non abbiamo la fermezza e la determinazione di sostenere un Paese che è aggredito. Ed è vero che la difesa del diritto è faticosa e costosa. Ricordo un periodo nero del nostro Paese, il periodo della lotta alla mafia. È stato un periodo terribile, in cui sangue e violenza hanno devastato pezzi del nostro territorio, perché c'è stata la determinazione dello Stato di non consentire che quella presenza criminale potesse governare quei pezzi di terra. È un paragone forte? Ma è la stessa cosa. Si poteva tollerare la mafia? Si può tollerare un invasore? Sono i principi del diritto internazionale che ci motivano a tenere il punto. La reazione dell'Europa, questa sì, almeno è stata forte e coesa, anche se attraversata dai ricatti, i ricatti non dell'Ungheria ma i ricatti del Governo ungherese - è una cosa diversa - che hanno costretto l'Unione europea a compromessi. Ma dobbiamo rivendicare la forza con cui l'Europa ha saputo reagire e lo dico perché in ballo c'è anche il tema della capacità di indipendenza e di autonomia dell'Europa. Non è solo una questione di Trump e Biden: in linea generale ormai gli Stati Uniti guardano con più interesse a quello che succede nell'Indo-Pacifico rispetto a quello che succede in Europa. Chi segue queste cose dovrebbe avere la consapevolezza che sempre di più la difesa dell'Europa sarà un problema degli europei e deve essere un problema degli europei. Anche per questo è importante - e lo dico al Governo che ha e avrà anche la responsabilità di guidare il G7 in questo semestre - che l'Unione europea faccia passi avanti in questi ultimi mesi prima delle elezioni per rafforzare le sue istituzioni e, in particolare, quelle di politica estera e di politica della difesa. È un mandato che dobbiamo lasciare alla prossima legislatura del Parlamento europeo e lo vediamo proprio sul confine con l'Ucraina e forse ancora di più lo vediamo nella difesa degli interessi che abbiamo nel Mar Rosso. Anche lì abbiamo bisogno degli Stati Uniti per tutelare i nostri interessi. C'è questo dibattito straordinario sul se dobbiamo andare o non dobbiamo andare a difendere i nostri interessi lì. E come facciamo a non difendere i nostri interessi lì? Provate a guardare la crisi delle nostre imprese e dei nostri porti a motivo di ciò che sta avvenendo. Purtroppo, questo mondo è caratterizzato da alcuni Governi, che non sono Governi, ma vi sono dittatori, che hanno una caratteristica, ossia il dittatore per restare tale - e Putin ne è un esempio straordinario - ha bisogno di tre cose: ha bisogno della violenza nel suo Paese e, quindi, di piegare qualsiasi voce dissonante; ha bisogno di affamare il suo popolo; ha bisogno di un nemico esterno. Putin sta facendo esattamente questo e non è l'unico che sta facendo esattamente questo. Se l'Occidente non è capace di reagire e di reagire con una capacità di sintonia, noi resteremo schiavi di un sistema dove i dittatori saranno più forti delle democrazie e le democrazie devono dimostrare in questo la loro capacità di essere più forti e di saper reagire. C'è qualcuno che pensa che ci si possa difendere a mani nude. Io non riesco veramente a capire come si possa pensare di non sostenere un popolo che si sta difendendo anche con le armi. Lo abbiamo vissuto nella nostra storia. Non voglio essere retorico ricordando la Resistenza, ma da sempre se fai la guerra hai bisogno di qualcuno che ti dia gli strumenti per fare la guerra. Quella dell'Ucraina non è una guerra di aggressione; è una guerra di difesa. L'Europa si era impegnata a mandare un milione di munizioni - cito solo questo esempio - e ne ha mandate 300.000 anche per l'incapacità di questi Paesi di rappresentare all'opinione pubblica come sia importante mantenere gli impegni assunti con un Paese che è in guerra. Io penso che, quando affrontiamo queste cose, non possiamo mai dimenticare quello che quel popolo oggi sta affrontando. Il collega Della Vedova ha letto le dichiarazioni che l'ambasciatore russo in Italia ha fatto. La minaccia russa aumenterà nel nostro Paese. Non è che Putin si accontenterà di continuare con il percorso dell'Ucraina. Aumenterà la tensione e il fatto di aumentare la tensione ha prodotto, a livello internazionale, che la sua alleanza con altri attori globali del terrorismo si sia incrementata e consolidata, a cominciare dall'Iran che ha tutto l'interesse a destabilizzare. Allora, è vero: lavoriamo per la pace e lo dico al collega Fratoianni e lo dico ai colleghi che interverranno dopo annunciando politiche di pace, ma la pace si fa con qualcuno che la vuole fare. La pace la si fa con qualcuno che si vuole sedere. Con Hitler, nel 1942, non si poteva fare la pace. Con Hitler, nel 1942, bisognava combattere. Non vedo la disponibilità di Putin a fare la pace. Se Kiev decidesse di non sparare più un colpo di cannone stamattina, la Russia non si ferma; la Russia arriva al confine con la Polonia. Noi possiamo pensare - lo pensa qui qualcuno - di disarmare gli ucraini, possiamo pensare di affamare gli ucraini, come pensa Orbán, possiamo rompere il loro senso di solidarietà, come tanti pensatori e tanti commentatori europei fanno, e ne abbiamo un grandissimo esempio in chi scrive libri, anche in questo Paese, in cui facciamo perdere il senso della solidarietà a quel popolo, ma non possiamo pensare di farli arrendere, perché non si arrenderanno. Allora, noi continueremo a fare la nostra parte. Per quanto ci compete, continueremo a sostenere l'azione che questo Governo, in maniera coerente, sta portando avanti anche rispetto al percorso del Governo Draghi e lo faremo con la fermezza di chi pensa che abbiamo una responsabilità e dinanzi alle responsabilità non ci si può tirare indietro (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bagnasco. Ne ha facoltà. ROBERTO BAGNASCO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Presidente, colleghi, signor Sottosegretario, la ringrazio, all'inizio di questo mio intervento, per l'attenzione con la quale ha seguito questa situazione delicatissima in Commissione e ovviamente, come tutti avete potuto constatare, anche in Aula. Il confronto tra Governo e Parlamento è un fatto essenziale in democrazia e quando questo confronto si manifesta in maniera così chiara, così continua e così puntuale non possiamo non prenderne atto in maniera assolutamente positiva. Colleghi, a quasi due anni dall'inizio del conflitto il dibattito politico sulla guerra tra Russia e Ucraina infuoca ancora gli animi di quest'Aula e questo sarebbe ben poca cosa perché, purtroppo, genera ogni giorno lutti. Qualcuno ha detto che agli italiani costa un euro al giorno, ma a quei popoli, purtroppo, costa qualcosa di più, qualcosa di drammaticamente grave che ogni giorno porta lutti nelle famiglie, anche quando ormai si pensava che questa situazione potesse essere superata. L'invasione da parte della Russia ci ha obbligati a una riflessione rispetto alla concezione tradizionale di sicurezza e di difesa comune dell'Unione europea a cui eravamo abituati e, più in generale, al ruolo che l'Europa è chiamata a svolgere oggi e in futuro non solo per difendere la sicurezza dei suoi cittadini e dei suoi confini ma anche di fronte alle richieste di aiuto militare da parte dei Paesi vicini. Proprio di questi giorni e di queste ore è il dibattito nel nostro principale alleato, gli Stati Uniti d'America, sull'aiuto o meno al popolo ucraino e il fatto stesso che l'Europa stia prendendo una posizione chiara, decisa e determinata, indipendentemente evidentemente, pur guardando con grande attenzione a quello che succede oltreoceano, dagli Stati Uniti, è un fatto assolutamente positivo che deve essere puntualizzato e, in qualche modo, valorizzato, perché è un punto importante nella costruzione di quell'Europa di cui tanto parliamo ma che, purtroppo, in molti casi diventa solamente una chimera. La deliberazione della fornitura di armi a uno Stato aggredito militarmente in Europa costituisce uno spartiacque rispetto al passato e si pone come un primo passo in avanti verso il futuro della difesa comune. La difesa comune, qual è l'alleanza tra Paesi democratici, è un progetto da realizzare necessariamente affinché l'Unione europea rafforzi la sua capacità di difesa e lo ha ricordato recentemente anche il nostro Ministro degli Affari esteri. Del resto, la difesa comune - lo dico, ovviamente, con soddisfazione, ma non con particolare enfasi - è stata per tanti anni uno dei cavalli di battaglia del presidente Berlusconi. La difesa comune è un fatto fondamentale per il continente europeo. La differenza fra aggressore e aggredito, che più volte abbiamo ribadito, non lo dobbiamo mai dimenticare, non è un preambolo cerimoniale ma è il discrimine decisivo che giustifica totalmente il nostro sostegno incondizionato alla causa del popolo ucraino, un popolo invaso, e conferma il nostro impegno a difendere la libertà, i principi democratici e ad assicurare un futuro di pace a tutta l'Europa. L'invasione russa ha rappresentato una gravissima violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali, dei più fondamentali valori europei e non riguarda soltanto l'Ucraina ma rappresenta un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basati sul diritto. Del resto, l'Ucraina, lo sappiamo tutti, è geograficamente ma anche culturalmente legata totalmente alla nostra Europa. Certo, il conflitto si sta rivelando purtroppo anche più sanguinoso di quanto non fosse previsto, sta diventando una guerra di attrito, di posizione, con forte impegno anche di uomini senza, ad oggi, una soluzione in vista. Qualcuno diceva: fateci il piacere, basta con la retorica della pace. Sì, lo dico anch'io, lo diciamo anche noi: basta con la retorica della pace. Senza un progetto, non si può parlare di pace, si può parlare di pace solamente quando tutti e due i contendenti, in qualche modo, vedono la pace come una soluzione possibile. Ad oggi, questo non succede e, quindi, parlare di pace è pura ed esclusiva retorica. Basta con la retorica della pace, lo diciamo noi e lo diciamo con grande chiarezza. La pace che tutti ci auguriamo dovrà essere giusta ed equilibrata, si, giusta ed equilibrata. L'inviato del Santo Padre Francesco in Ucraina è il cardinale Zuppi che è anche il presidente della Conferenza episcopale italiana. Ebbene, il cardinale Zuppi - è chiaro, le posizioni della Santa Sede tutti noi le conosciamo con grande chiarezza, le rispettiamo e le condividiamo anche - ha parlato più volte di pace ma, parlando di pace, ha aggiunto anche due aggettivi importanti e significativi: giusta e sicura, la pace deve essere giusta e sicura. Dunque, non si parla di pace ma si parla solamente di una prevaricazione degli uni rispetto agli altri. La pace resta, ovviamente, la via maestra da seguire, la stella polare che ci deve orientare e va difesa e conquistata con la diplomazia e, se necessario, anche purtroppo, lo dico senza infingimenti, con la forza delle armi. Il presidente Zelensky e il popolo ucraino sanno che l'Italia è con loro e lo sarà in tutta questa lunga battaglia per la conservazione della sovranità, perché abbiamo il dovere di tutelare due princìpi essenziali della Carta delle Nazioni Unite: sovranità e integrità territoriale, ben riflesse nella recente dichiarazione finale dei leader del G20 a Nuova Delhi. Tuttavia, una riflessione sullo stato e le conseguenze della guerra deve essere fatta. Intanto, è lecito chiedersi a che punto sia la guerra. È difficilissimo dirlo e l'unica certezza è la probabilità di avvenimenti imprevisti. Le informazioni sicure sono poche e le dichiarazioni ufficiali, rispettive, di aggressori e aggrediti hanno in comune il proposito di cautelarsi rispetto a qualunque accusa di debolezza e\o cedimento. Di fronte a questa incertezza, anche dovuta al fatto che per lungo tempo si è parlato di una guerra lampo che invece si sta trascinando, è legittimo essere preoccupati, oggi più che mai, ed esprimere condanna nei confronti del Governo russo. Come già in passato ho avuto modo di ribadire, esprimiamo condanna, innanzitutto, per la situazione della sicurezza nella centrale nucleare di Zaporizhzhia e dobbiamo continuare a sostenere gli sforzi dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica che chiede di ispezionare - è di questi giorni - i nuclei dei reattori e i depositi di combustibile nucleare esausto. A tal proposito mi auguro che il capo dell'agenzia nucleare delle Nazioni Unite, Rafael Grossi, sia riuscito oggi a visitare la centrale finalmente, visita impedita per mesi dal Governo russo, proprio per verificare le condizioni dell'impianto dallo stesso definite come molto delicate. Il rischio è un'altra Chernobyl. Ancora, l'Italia condanna la Russia per l'attacco ai siti religiosi e culturali e per questo la ricostruzione dell'Ucraina sarà una delle massime priorità della presidenza italiana del G7, abbiamo anche questa occasione. L'Italia sarà in prima linea nel progetto di ricostruzione che rappresenta il nucleo della rinascita sociale e spirituale di un popolo martoriato dalla guerra. Sono certo che il nostro Paese lotterà sempre per la pace e sarà pronto a fare quella vera, quella giusta, a fare la sua parte ovunque sia chiamato a farla, perché crediamo fortemente nella libertà che rappresenta il pilastro essenziale di una società che voglia definirsi davvero democratica. Per questo esprimo a nome di Forza Italia parere favorevole al decreto oggi in votazione, che dispone la proroga della autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Pellegrini. Ne ha facoltà. MARCO PELLEGRINI (M5S). Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, sono ormai passati due anni dalla folle aggressione di Putin nei confronti dell'Ucraina, due anni di guerra, devastazioni, dolore, perdita di centinaia di migliaia di vite umane. Nel 2022 è stato giusto e doveroso aiutare l'Ucraina, per permetterle di difendersi ai sensi dell'articolo 51 della Carta dell'ONU. Questo Parlamento aveva però sottolineato, in occasione dell'approvazione del primo invio di armi e aiuti umanitari, che parallelamente dovesse essere intrapresa una seria e coraggiosa azione diplomatica per giungere al termine del conflitto il prima possibile. Noi del MoVimento 5 Stelle auspicavamo, proprio ai sensi e per gli effetti di quel mandato parlamentare ed anche in virtù della storia dell'Italia e dei principi contenuti nell'articolo 11 della Costituzione, che l'Italia diventasse leader o tra i maggiori promotori dell'iniziativa diplomatica. Però, purtroppo, così non è stato. Anzi, l'unico tentativo negoziale tra Russia e Ucraina fu promosso nel marzo 2022 da Turchia e Israele. Le risultanze di quella bozza di accordo, che prevedevano tra l'altro il cessate il fuoco, non hanno avuto seguito anche o soprattutto per l'opposizione ferma del Presidente Biden e del premier Johnson ma anche per la debolezza estrema dell'Europa e di questo io sono certo che la storia chiederà conto. Per due anni si è andati avanti con un continuo invio di armi, sempre più letali. La propaganda bellicista ci raccontava che i russi erano a corto di armi e di proiettili, che combattevano a badilate, che, grazie alle sanzioni che erano state comminate, la Russia avrebbe fatto default in poche settimane, che Putin aveva malattie gravi e che quindi la vittoria sarebbe arrivata in poco tempo. Bastava, secondo loro, inviare armi più potenti e letali per vincere subito. Ora avrei gioco facile a rileggere le fandonie - perché tali sono - di questo tenore propalate dai principali mezzi di informazione e da molti leader italiani, europei ed americani. Potrei citare gli insulti e gli attacchi forsennati contro tutti coloro che, come noi, esprimevano dubbi sull'utilità di puntare tutto sull'opzione militare e dubbi, tra l'altro, proprio riguardo al fatto che fosse la cosa giusta per l'interesse dell'Ucraina innanzitutto. Purtroppo, tutte le armi che abbiamo fornito insieme ad altri Paesi occidentali non sono state affatto decisive, perché la controffensiva del 2023 è stata, ahinoi, un fallimento e la linea del fronte è rimasta sostanzialmente immutata ed è ferma dal novembre 2022, da quando il generale Mark Milley, il capo di stato maggiore delle forze armate degli Stati Uniti, aveva avvisato che si stava andando verso una guerra di posizione, una guerra di trincea, e che quindi occorreva trovare una soluzione diplomatica al conflitto, sfruttando l'inverno che stava arrivando in quel momento. Era il novembre del 2022, 14 mesi fa: quindi, sono stati 14 mesi di massacri e devastazioni che si sono rivelati, purtroppo, inutili. Analoghe valutazioni erano state fatte anche dal Capo di stato maggiore delle Forze ucraine, che parlava, anch'egli, di una guerra di trincea che può durare anni, "ma lo Stato ucraino, a differenza della Russia, non ha una riserva umana quasi illimitata". Ho letto le parole testuali del Capo di stato maggiore ucraino. Un realismo e un pragmatismo espressi dai due Capi di stato maggiore tipici di chi conosce la guerra, di chi sa come si fa, come si conduce, che conosce le forze in campo, i mezzi, la logistica, le possibilità di vittoria o di sconfitta. Un realismo che contrastava con le ferme convinzioni del Presidente Zelensky che, non a caso, vuole destituire il suo generale. Il 26 gennaio, The Washington Post - ricordo a me stesso che è un giornale che ha una tradizione di inchieste: fece scoppiare lo scandalo Watergate e il caso Pentagon Papers, quindi non è certo un giornale propagandistico - ha rivelato che è in atto un radicale cambio di strategia dell'amministrazione Biden per l'Ucraina dopo il fallimento della controffensiva del 2023. Gli Stati Uniti - secondo The Washington Post - ritengono ormai impossibile riconquistare i territori occupati dalla Russia, ma vogliono puntare sulla difesa delle posizioni attuali. Non ne siamo felici, ovviamente, ma questo riporta questa inchiesta. Al di là delle rivelazioni giornalistiche, il MoVimento 5 Stelle sostiene da sempre che la via di uscita non può essere militare, ma deve essere negoziale e, per averlo detto, in ogni occasione siamo stati derisi, accusati di disfattismo e, addirittura, di collaborazionismo con il nemico russo, forse per aver commesso il delitto di leso bellicismo del partito trasversale della guerra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non pretendiamo, certo, oggi che ci venga data ragione, ma pretenderemmo di essere ascoltati quando facciamo proposte alternative. Se ci ostinassimo ad alimentare con altre armi la prosecuzione di questa sanguinosa guerra di logoramento, con l'Ucraina che è in estrema difficoltà, la posizione militare e, quindi, negoziale di Kiev può solo peggiorare, anche perché si fa sempre più concreta la possibilità che gli Stati Uniti si defilino, quindi con il conseguente tracollo dell'Ucraina, come è già successo, per quanto riguarda gli Stati Uniti, poco tempo fa in Afghanistan e decenni fa in Vietnam. Sono cose già successe ed è abbastanza probabile che succedano ancora. Chi vuole il bene dell'Ucraina deve provare a fermare a ogni costo questa guerra, prima che la situazione peggiori a vantaggio ulteriore della Russia. E l'unico modo di difendere l'Ucraina è risparmiare a essa altri mesi o anni di guerra, aiutandola diplomaticamente in tutti i modi, al fine di ottenere quanto più possibile dai negoziati con la Russia, ovviamente sostenendola nella ricostruzione. Non è mandando più armi che salveremo l'Ucraina, ma fermando questa guerra, che rischia di distruggerla. I fautori dell'invio a oltranza delle armi sostengono che, se smettessimo di inviarle, faremmo vincere Putin, perché l'Ucraina presto non potrebbe più difendersi dagli attacchi e, quindi, le sue Forze armate sarebbero costrette a soccombere. Vero, anche se questo dipenderebbe più dalla carenza di uomini, visto che le Forze armate ucraine sono state decimate dagli attacchi russi, che non da carenza di armi e di munizioni. Ma, comunque, chi critica la nostra posizione contraria all'invio delle armi e usa questa banale - perché tale è - argomentazione, cercando di farci passare per pazzi incoscienti, velleitari paci-finti o, peggio, come dei cinici filo-putiniani, ignora di proposito l'altra gamba su cui si regge la nostra proposta, cioè la richiesta di un cessate il fuoco immediato, di una tregua delle ostilità che impegni anche russi e ucraini, i quali, quindi, non avrebbero più bisogno di difendersi. Se le armi tacciono, non occorre inviarne altre. Giusto? Credo che possiamo essere d'accordo tutti su questo. Ma come arriviamo a un cessate il fuoco? Come convinciamo Putin e Zelensky a concordare una tregua? Certamente non continuando a mandare armi e a escludere ogni negoziato, ma, invece, proponendo a Ucraina e Russia una soluzione che soddisfi entrambe le parti, come diceva la Presidente Meloni al telefono pensando di parlare con un esponente africano e, invece, parlava con dei comici russi. Le soluzioni concrete possono essere diverse: stop agli attacchi russi in cambio di ritiro di sanzioni, missioni di peacekeeping per monitorare la tregua composta da forze neutrali accettate da entrambe le parti, un tavolo negoziale permanente per discutere del futuro status militare dell'Ucraina e del futuro status dei territori oggi occupati. Sono tante le soluzioni, saranno le due parti, sostenute dalla comunità internazionale, a decidere durante il negoziato. Mi avvio a concludere. È tempo che la politica italiana ed europea si tolga l'elmetto e discuta di questo orizzonte. La politica deve riprendere il suo spazio e il suo ruolo, che è quello di ragionare con pragmatismo sulle soluzioni più razionali e più convenienti per il bene degli ucraini e dei nostri popoli. Fino ad oggi, l'Italia e l'Europa sono state timorose e passive, incapaci di proporre una soluzione diplomatica, ostinandosi a seguire la ricetta anglo-americana del supporto militare a oltranza e prefigurando, tra l'altro, anche uno scontro diretto con la Russia, come dicono in queste settimane alcuni esponenti, anche importanti, della NATO. PRESIDENTE. Concluda. MARCO PELLEGRINI (M5S). Concludo, Presidente. Noi non vogliamo negare agli ucraini il diritto di difendersi, come scioccamente sostiene qualcuno. Noi, al contrario, vogliamo negare ai sostenitori della guerra a oltranza, ai bellicisti di professione il diritto di continuare a prendere in giro gli ucraini e tutti noi, sostenendo l'insostenibile e, cioè, che il terzo anno di guerra porterà vittorie militari impossibili da ottenere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Per tutti questi motivi, Presidente, annuncio il voto contrario a questo provvedimento, che giudichiamo profondamente sbagliato e nefasto per l'Ucraina (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà. PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. A distanza di un mese dall'ultimo dibattito dedicato al conflitto russo-ucraino, nulla purtroppo è cambiato. Come ci ha ricordato il Ministro della Difesa, l'aggressione russa all'Ucraina prosegue e la resistenza ucraina non ha possibilità di successo senza gli aiuti occidentali, anche quelli italiani. La situazione non accenna a migliorare, al punto che, per sopperire alle proprie accresciute necessità difensive, i vertici militari ucraini stanno considerando di reclutare mezzo milione di uomini per evitare che il riorganizzato dispositivo russo abbia la meglio. Non è, quindi, il momento di cedere, i russi non si fermerebbero, ma procederebbero alla conquista totale dell'Ucraina, sradicandone la statualità. Non ci sono motivi per illudersi: Putin ha chiarito, nella conferenza stampa di fine anno, che gli obiettivi della Russia in Ucraina non sono mai cambiati. Mosca, quindi, non combatte per rettifiche territoriali o per la tutela delle minoranze russofone del Donbass, ma per denazificare, denuclearizzare e smilitarizzare l'Ucraina ovvero sopprimerne la sovranità, oggi come il 24 febbraio 2022. I russi si stanno avvalendo della loro superiorità demografica e del successo di alcune misure militari di riassetto. Se non compensiamo con aiuti efficaci Kiev, la sconfitta sarà questione di tempo. Ecco perché non possiamo abbandonare l'Ucraina: avremmo una seconda Kabul, ma questa volta nel cuore dell'Europa. Abbiamo già confermato la posizione della Lega-Salvini Premier a questo riguardo, lo faremo di nuovo oggi, votando a favore della conversione in legge del decreto-legge dello scorso 21 dicembre. La comunità internazionale dovrà commisurare deterrenza e diplomazia, come ci ha detto in quest'Aula il Sottosegretario Perego Di Cremnago. Continueremo ad aiutare gli ucraini, senza che questo, peraltro, significhi rinunciare a profondere, con tutte le nostre energie, ulteriori sforzi diplomatici per arrivare alla cessazione delle ostilità. Proseguirà anche l'assistenza umanitaria alla popolazione ucraina e si assicurerà il supporto italiano a tutte le iniziative per la ricostruzione di un Paese martoriato dalla guerra, in piena sintonia con Unione europea e NATO. L'Ucraina ha ancora bisogno di noi, è necessario continuare a sostenerla. Dopo quasi due anni dall'attacco russo all'Ucraina, non possiamo non notare che, dopo la Russia, anche l'Iran, tramite le milizie filoiraniane, sta destabilizzando il Medio Oriente, il canale di Suez, dove gli Houthi attaccano i mercantili occidentali, risparmiando i mercantili russi e cinesi. Ma la libertà di navigazione non è in pericolo solo in quell'area: è sempre più in pericolo anche nel Mar Cinese meridionale, dove la Cina mostra assertività nel rivendicare il controllo di quelle rotte fondamentali per il commercio globale. Non è più la sola integrità territoriale dell'Ucraina a essere messa in discussione, ma l'intero sistema di regole costruito dall'Occidente. Viva la libertà, viva la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Non dobbiamo permettere alle autocrazie di distruggere il nostro futuro e di ledere l'interesse nazionale italiano da Suez, alla Libia, al Sahel, fino allo Stretto di Taiwan (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascani. Ne ha facoltà. ANNA ASCANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il nostro gruppo esprimerà voto favorevole al decreto che proroga l'autorizzazione al Governo a cedere materiali, mezzi ed equipaggiamenti militari all'Ucraina e lo farà tenendo fede all'impegno assunto in quest'Aula il 25 febbraio 2022, quando, a poche ore dall'aggressione criminale della Federazione Russa ai danni di un Paese libero, sovrano ed indipendente, dichiarammo insieme agli altri gruppi che non avremmo mai voltato le spalle al popolo ucraino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e che, insieme ai nostri partner europei e dell'Alleanza atlantica, l'avremmo sostenuto nella resistenza e aiutato ad esercitare il legittimo diritto alla difesa. Si trattava di un'invasione - è utile ricordarlo per chi sembra mancare di memoria - anche se, con sprezzo del ridicolo e protervia tipica dei regimi, veniva qualificata come "operazione militare speciale". Una potenza nucleare invadeva con carri armati e mezzi blindati con migliaia di militari uno Stato confinante per annientare il Governo e le istituzioni democratiche, per annetterlo. Putin voleva cancellare l'Ucraina dalla cartina geografica con la menzogna della denazificazione: questa è la storia di questa vicenda e questa storia non può essere scritta che così. Un folle disegno neoimperialista ha riportato qui, sul vecchio continente, fosche tenebre di guerra e morte che credevamo cancellate definitivamente, un tragico balzo nel passato, che neppure nelle più distopiche immaginazioni aveva trovato posto. Sotto attacco era l'Ucraina - certo - ma con essa i fondamenti delle nostre libere società e i pilastri su cui si sono poggiati decenni di pace, democrazia e giustizia nell'Europa riemersa dalla catastrofe della Seconda guerra mondiale, quella nella quale tutti si erano impegnati affinché prevalesse la forza del diritto e non più - mai più - il diritto della forza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Ce lo ha ricordato di recente il Presidente Mattarella: "La libertà e l'indipendenza dell'Ucraina" - ha detto - "sono tutt'uno con i valori fondanti dell'Europa". Noi dunque decidevamo di aiutare il popolo ucraino a difendersi, ma nel contempo stavamo difendendo noi stessi e il modello di società che donne e uomini hanno conquistato, anche pagando con la vita, 80 anni fa, sconfiggendo totalitarismi e scellerate ideologie. Stavamo difendendo - ho detto - e stiamo difendendo, colleghe e colleghi, anche con il voto di oggi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), anche due anni dopo, anche ora che la speranza di una rapida controffensiva si è scontrata con la complessità del campo di battaglia e un'innegabile stanchezza nelle nostre opinioni pubbliche comincia ad affiorare. Stanchezza che impallidisce, però, se si pensa alla fatica concreta del popolo ucraino, al desiderio che anima ogni cittadino in quel pezzo di Europa di vedersi restituita la pace. Una stanchezza diversa, la loro, che è conseguenza della lotta quotidiana per la libertà, non letta sui giornali, ma combattuta sulla propria pelle, vedendo morire persone care e allontanarsi, giorno dopo giorno, anche il ricordo dei tempi di quiete, cancellati dalla violenza immane di un invasore capace persino di deportare migliaia di bambini; bambini che abbiamo il dovere di riportare a casa, di restituire alle loro madri, alle loro famiglie e al loro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Nel nostro sistema di valori, colleghi e colleghe, è chiaro il ripudio della guerra. Tra questi banchi - ne sono convinta - in nessuno scranno di quest'Aula siede una donna o un uomo intossicato da spirito bellicista. Noi speriamo e vogliamo che questa guerra finisca, che cessi la sofferenza di un intero popolo, in cui in milioni non hanno più nulla: una famiglia su 3 ha dovuto lasciare la propria casa, 6 milioni di cittadini sono dovuti fuggire in altri Paesi e altrettanti non riescono a mangiare tutti i giorni. E poi ancora bombe, missili e droni continuano a piovere su obiettivi civili, mietendo nuove vittime, spesso bambini. Ieri, 44 missili, 20 droni e 4 morti anche oggi, ogni giorno. E vogliamo che si ponga fine anche alla morte di decine di migliaia di giovani in divisa, una strage mostruosa: non è retorica, è realtà. Da subito abbiamo chiesto la fine del conflitto, abbiamo chiesto che tacessero le armi e vincesse la pace, abbiamo chiesto che venisse percorsa la via negoziale e noi oggi votiamo con quello stesso spirito, con quella stessa speranza e determinazione, perché una pace giusta e sicura sia possibile. Ed è per questo - lo abbiamo scritto esplicitamente nella risoluzione votata poco più di un mese fa - che riteniamo urgente uno sforzo diplomatico, rinnovato e incisivo dell'Unione europea e chiediamo al Governo di impegnarsi su questa linea e, sempre al Governo, di adoperarsi in ogni sede internazionale per una pace giusta, che si faccia carico delle ragioni dell'aggredito. Lo abbiamo chiesto a un Governo che - c'è da dire - non fa corrispondere a una narrazione baldanzosa sul proprio ruolo nei consessi internazionali altrettanta capacità di iniziativa ed orientamento e quest'assenza, questo vuoto pesano. Dinanzi al bene supremo della pace, occorre muoversi sul sentiero della franchezza; per questo dobbiamo dire e riconoscere che anche la voce dell'Europa è stata debole. Non nelle prime ore, in realtà, quando la risposta, per quanto difficile, c'è stata, plasticamente rappresentata dalla fotografia dei tre Presidenti Draghi, Macron e Scholz, in viaggio verso Kiev; fotografia che, non a caso, ha infastidito molto la Presidente Meloni. Alla reazione forte e risoluta al tentativo di Putin di dividere l'Unione, non ha fatto seguito però nel tempo una linea altrettanto forte e risoluta che ponesse l'Europa tra gli attori protagonisti della costruzione di una via d'uscita negoziale e diplomatica dal conflitto. Non dobbiamo certo ridimensionare l'importanza della decisione assunta lo scorso dicembre di aprire le porte dell'Unione a Kiev con l'avvio del percorso di adesione, né tantomeno l'approvazione, nei giorni scorsi, del nuovo pacchetto d'aiuti - approvazione purtroppo, come sappiamo, ritardata dal veto ungherese -, ma l'Europa politica, l'Europa che sa tradurre la solidità dei suoi valori in azione coraggiosa e tenace non si è vista. Eppure è quella l'Europa che serve oggi, anche perché - è inutile nasconderlo - una direzione isolazionista degli Stati Uniti, legata all'eventuale infausta affermazione di Trump, non resterebbe senza effetti sul terreno degli equilibri e dei pesi internazionali e di questa guerra naturalmente. Certo, la strada è impervia, anche perché in Europa esistono forze, come quella di Zemmour, e partiti di Governo, come quello di Viktor Orbán, entrambi prossimi aderenti al gruppo dei conservatori della Presidente Meloni, che la considerano luogo di mera contrattazione degli interessi nazionali e non casa comune di popoli affratellati da un destino condiviso e che in questa vicenda hanno assunto posizioni - per dirla con un eufemismo – "ambigue". Ma se l'Europa non dovesse in questo tempo compiere un salto di qualità, comprendendo che siamo a un tornante della storia, ritrovando quel realismo profetico dei padri fondatori, allora il suo stesso futuro rischierebbe di essere condizionato, come quello di chi cammina verso una meta desiderata, frenato da pesanti catene. Signor Presidente, colleghi e colleghe, troppe vite spezzate, troppe rovine, troppe sofferenze frutto di atroce disegno di conquista devono spingere tutti fino a togliere il sonno alla ricerca del cessate il fuoco, ma sapendo bene una cosa, ossia che non ci può essere pace se essa è disgiunta dalla parola sorella "libertà" (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Non vive in pace un popolo se non è libero; in quel caso, c'è un altro nome: "schiavitù". Libertà e pace: questi sono i doni che abbiamo ricevuto da donne e uomini coraggiosi, saggi e illuminati all'indomani della Seconda guerra mondiale e su cui è nata l'Europa ed è questo quindi il destino che anche noi dobbiamo contribuire a restituire al popolo ucraino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). PRESIDENTE. Saluto una delegazione dell'Assemblea nazionale francese, che è in visita in Italia e che sta assistendo ai lavori dell'Aula dalle tribune del pubblico. Benvenuti (Applausi). Saluto anche i docenti e gli studenti dell'Istituto d'istruzione superiore Arturo Prever, di Pinerolo, Torino. Grazie e benvenuti (Applausi). Ha chiesto di parlare l'onorevole Gardini. Ne ha facoltà. ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, oggi votiamo la conversione in legge del decreto -legge n. 200 del 21 dicembre 2023. È un atto, per Fratelli d'Italia, di particolare importanza, mentre ci avviciniamo al secondo tragico anniversario dell'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte della Federazione Russa. Sì, sono passati ormai due anni dal 24 febbraio 2022, quando la storia è tornata a bussare alle nostre porte e noi abbiamo il dovere di dimostrarci all'altezza delle sfide che ci vengono poste. Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia non hanno avuto esitazioni, hanno subito condannato l'invasione della Russia, si sono subito schierati dalla parte dell'Ucraina, dalla parte dell'aggredito, dalla parte di chi difende democrazia e libertà e questo abbiamo fatto dai banchi dell'opposizione come, coerentemente, dai banchi della maggioranza. Non possiamo dire lo stesso per altri che, a seconda degli scranni su cui siedono, cambiano orientamento o perdono la memoria (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Signor Presidente, oggi siedono all'opposizione ma, allora, in maggioranza, dicevano: non si tratta di usare le armi per aggredire, si tratta di dare la possibilità a un popolo di difendersi e ha dell'incredibile l'appello che abbiamo ascoltato di nuovo ieri e ancora oggi a non sostenere l'Ucraina, a non inviare armi che permettano agli ucraini di difendersi e di così negoziare una pace giusta. Oxana Pachlovska, docente di ucrainistica all'università Sapienza, ha scritto su Limes, riferendosi proprio a questa specificità tutta italiana di marce per la pace, con l'appello a cessare l'invio di armi all'Ucraina, che una tal presa di posizione manca di visione strategica sulle sue conseguenze geopolitiche e mette sullo stesso piano aggressore e aggredito, per cui la violenza russa viene giustificata e il diritto all'autodifesa negato. É interessante leggere anche quanto scrive, invece, la stessa docente del Presidente Meloni. Scrive, infatti, che la società ucraina ha guardato con timore alle ultime elezioni in Italia - chissà perché, chissà che cosa avevano letto, chissà che cosa avevano sentito, chissà quali becere insinuazioni e da parte di chi - ma che, poi, è avvenuto qualcosa di estremamente interessante, la ferma e decisa posizione della Premier italiana nei confronti dell'Ucraina che ha cambiato non solo l'immagine della politica ma dell'Italia tutta e, oserei dire, non solo agli occhi dell'Ucraina ma della parte più solida delle democrazie occidentali. Si può dire, senza esagerare, che la Meloni ha cambiato l'immagine dell'Italia, vista ora come uno Stato forte e coerente. Tantissime persone in Ucraina seguono con attenzione e ammirazione il Governo italiano. Da quei banchi vedono e parlano solo di armi, di soldi e ancora di armi, ma non è così. Ieri, un altro autorevole giornale, The New York Times, ha definito Giorgia Meloni leader credibile e influente e ha pubblicato un articolo nella sezione World News, dedicata alle più importanti notizie del panorama mondiale, nel quale sottolinea l'autorevolezza sempre maggiore di Giorgia Meloni in Europa, un lungo articolo nel quale si ricostruisce l'azione del Presidente Meloni per convincere Orbán sugli aiuti all'Ucraina. È stato un grande momento per l'Europa ma è stato anche un grande momento per Meloni, che ha suggellato la sua credibilità come persona in grado di svolgere un ruolo influente ai massimi livelli tra i leader europei. Quindi, grazie proprio a questo lavoro di mediazione di Giorgia Meloni, si sono sbloccati i fondi europei per l'Ucraina per i prossimi quattro anni e, grazie al lavoro del Presidente del Consiglio italiano, l'altro ieri abbiamo letto il comunicato stampa del Consiglio europeo che annunciava proprio che Consiglio e Parlamento hanno trovato l'accordo sulla creazione di un nuovo strumento per sostenere la ripresa, la ricostruzione e la modernizzazione dell'Ucraina. Quindi, si tratta di 50 miliardi che non vanno alle armi, signor Presidente, lo riferisca all'opposizione. Lo strumento per l'Ucraina avrà un budget, appunto, di 50 miliardi di euro, per il periodo 2024-2027. Come vedete, si lavora su più fronti e da tempo. Non può essere sfuggito a nessuno che il Presidente Meloni, lo scorso maggio, ha partecipato al 4° vertice del Consiglio d'Europa a Reykjavik, in Islanda. In quell'occasione è stata presa la storica decisione di istituire il registro dei danni causati dalla guerra di aggressione condotta dalla Russia contro l'Ucraina, sotto l'egida del Consiglio d'Europa. Avrà sede all'Aja, con un ufficio satellite in Ucraina, e sarà la base per istituire un meccanismo di risarcimento per le vittime dell'aggressione russa. È già al lavoro, conformemente al diritto internazionale. Certo, la contabilità dei danni di guerra è sempre deprimente, ma necessaria. La guerra non è solo una immane tragedia umana ma fa anche danni giganteschi ed è proprio sul piano della ricostruzione che si vince la pace, ossia con la possibilità di dare un assetto il più possibile sicuro e stabile una volta terminata la guerra. Ci sarà molto da ricostruire, i danni arrecati alle infrastrutture fisiche, secondo la Banca Mondiale, sono stimati in 135 miliardi di dollari - anzi, sono stime già superate - concentrati soprattutto nelle oblast dove si combatte di più, nomi che ci sono, ahimè, diventati familiari: Donetsk, Kharkiv, Kherson, Luhansk, Kiev. Ricostruzione vuol dire anche rimozione delle macerie, bonifiche dei terreni, sminamento. A questo proposito, il Ministro Crosetto, nell'informativa del 10 gennaio scorso, ha già dato delle cifre, ha parlato di oltre 8 milioni di mine. Pensiamo a cosa vorrà dire liberare il territorio dalle mine che sono state disseminate, 8 milioni. Ma come potremo mai porre rimedio alla perdita di vite umane, al danno demografico, al mancato ritorno di una quota della massiccia emigrazione? L'Ucraina, oggi, dipende totalmente dall'estero, per questo l'aiutiamo. Tutti abbiamo sperato che non accadesse, anche contro gli avvertimenti che dicevano che sarebbe accaduto. Dice l'ambasciatore della Repubblica italiana in Ucraina che se le operazioni militari non hanno avuto successo bisogna dire che la Russia è riuscita a distruggere l'economia ucraina, che oramai dipende interamente dagli aiuti internazionali, siano questi provenienti dagli americani, dagli istituti finanziari internazionali o dalla stessa Unione europea. Anche l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha agito su un altro tema, drammaticamente attuale: l'urgente necessità di affrontare la situazione dei bambini ucraini trasferiti con la forza nei territori temporaneamente occupati dell'Ucraina, della Federazione russa e della Bielorussia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ad oggi, la piattaforma Children of War - ascoltate bene, Presidente, ascolti e riferisca perché è una cosa terribile - ha raccolto informazioni su quasi 20.000 bambini segnalati come trasferiti con la forza da varie località e di questi, ad oggi, solo 388 sono tornati a casa. Tornando alle istituzioni dell'Unione europea, ieri, l'Alto rappresentante Borrell, in visita a Kiev, ha ribadito al Primo Ministro ucraino che per l'Unione europea l'Ucraina rimane una priorità assoluta, perché questa guerra influisce direttamente anche sulla nostra sicurezza. Ha dovuto, purtroppo, porgere le condoglianze al Primo Ministro, perché nella notte, come abbiamo appreso anche noi dai media, c'erano state altre vittime civili, a seguito di altri attacchi indiscriminati da parte dei russi. L'Alto rappresentante ha, poi, fornito alcuni dati che smentiscono le cifre che vengono continuamente date dai banchi dell'opposizione. L'Unione europea - parole dell'Alto rappresentante - ha dato all'Ucraina un sostegno, negli ultimi due anni, di circa 88 miliardi di euro e, di questi 88 miliardi di euro, solo 28 miliardi sono stati dati in sostegno militare. A questi vanno aggiunti i 50 miliardi di cui abbiamo detto, che saranno probabilmente, anzi, sicuramente, votati definitivamente entro la fine del mese. Ebbene, mi sembra chiaro, e concludo, che nostro dovere, anche, forse prima di tutto, verso noi stessi, sia sostenere l'Ucraina. Come ha detto il Ministro Crosetto, questo Governo prosegue nel solco del precedente Esecutivo e pone la classifica di segretezza sugli aiuti inviati a Kiev, ma il Governo ha confermato che anche questo ottavo pacchetto di aiuti militari è costituito da equipaggiamenti e sistemi d'arma volti a rafforzare,solo e soltanto, le capacità difensive delle Forze armate ucraine. E permettetemi proprio di chiudere con le parole del Ministro Crosetto, pronunciate in quest'Aula: "C'è una Nazione che ogni giorno, ogni mattina, ogni pomeriggio, ogni sera, è attaccata e si deve difendere da centinaia di bombe che cadono su obiettivi civili e militari e questo da quasi due anni. Quando saranno passate 24 ore senza che questi attacchi partano e arrivino, potremo iniziare a parlare di pace. In attesa che questo accada, dobbiamo impedire a quelle bombe di cadere sui territori, di cadere sugli asili, sugli ospedali, sugli obiettivi civili ucraini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ed è quello che abbiamo fatto in questi due anni, fornendo pacchetti che hanno salvato migliaia di vite ucraine da un attacco russo. Per questo, ringraziando il Governo e il Presidente Meloni per la ritrovata centralità dell'Italia negli scenari internazionali, annuncio il voto favorevole del gruppo di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). 

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale. (Votazione finale ed approvazione - A.C. 1666) 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale. Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1666: S. 974 - "Conversione in legge del decreto-legge 21 dicembre 2023, n. 200, recante disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina" (Approvato dal Senato). Dichiaro aperta la votazione. (Segue la votazione). Dichiaro chiusa la votazione. La Camera approva (Vedi votazione n. 1). Votazione n.1 Nom. DDL 1666 - VOTO FINALE 260 presenti - 260 votanti - 0 astenuti - 131 maggioranza richiesta - 218 voti favorevoli - 42 voti contrari - 70 deputati in missione - Decreto Approvato

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