Taglio delle spese militari e mobilitarsi a gennaio contro il "decreto legge ombrello"

20.12.2023

Ultime notizie da il Manifesto in edicola oggi sul "decreto ombrello" che è stato varato ieri dal Consiglio dei Ministri. Conclusione dell'articolo a pagina 4 di Giuliano Santoro: "Spinti dalla sollecitazioni del Pentagono a «mandare segnali» di sostegno a Kiev, si è scelto per il decreto di ieri, che finirà in aula entro febbraio e che porta anche una firma che assomiglia a un sigillo di garanzia per la coerenza della politica estera meloniana: quella del ministro dell'economia leghista Giancarlo Giorgetti".

DISARMISTI ESIGENTI da parte di Alfonso Navarra - coordinatore Disarmisti esigenti (cell. 340-0736871) Stamattina 20 dicembre a via dei Fori Imperiali, altezza via S. Pietro carcere, alle ore 11:00, Disarmisti esigenti e collaboratori, in primo luogo WILPF Italia, con l'adesione politica di Michele Santoro e di Associazione Servizio pubblico, teniamo la conferenza stampa su taglio delle spese difesa incostituzionali (almeno un terzo), contro l'obiettivo NATO del 2% del PIL, e per il no aiuti militari all'Ucraina e ai Paesi in guerra, di cui alla lettera, sotto riportata. Lanciamo la mobilitazione contro il "decreto ombrello" che è stato varato ieri dal consiglio dei ministri, il decreto legge che consente i dpcm quali atti amministrativi che scavalcano i voti parlamentari. (Ancora dobbiamo conoscere i termini precisi del testo. Ma il punto politico centrale è chiaro).Interverranno i "digiunatori della coerenza pacifista" Alfonso Navarra, Ennio Cabiddu, Cosimo Forleo; ed Enrica Lomazzi, di WILPF Italia. La conferenza segue un presidio al Pantheon che abbiamo organizzato, con circa 100 partecipanti, insieme ad organizzazioni e attiviste/ romani (pluralità di posizioni, inclusa l'uscita immediata dalla NATO), il giorno prima, cioè il 19 dicembre, contro l'invio di armi all'Ucraina, mentre il ministro Crosetto presentava al COPASIR l'ottavo pacchetto di aiuti militari al governo Zelensky. Per noi, Disarmisti esigenti, si è trattato, appunto, del "sesto digiuno di coerenza pacifista" perché riteniamo che battersi per il "cessate il fuoco", in una guerra che mai avrebbe dovuto accendersi, implica logicamente, politicamente, eticamente, non rifornire militarmente i combattenti di qualsiasi parte del fronte. (Al di là della necessaria condanna di chi abbia, più di recente, dato la parola alle armi).Con la conferenza stampa ed il presidio ci stiamo impegnando a dare voce alla maggioranza dell'opinione pubblica per come viene inquadrata dagli istituti di sondaggio: in essi appare, con il dissenso all'aumento delle spese militari e all'invio di armi all'Ucraina, che lo spirito costituzionale del "ripudio della guerra" è stato interiorizzato dal popolo italiano, deluso dalla politica istituzionale che non lo rappresenta. _________________________________________________________________ https://ilmanifesto.it/il-governo-prosegue-la-linea-draghi-armi-allucraina-per-decreto Il governo prosegue la linea Draghi: armi all'Ucraina per decretoIL LIMITE IGNOTO. Il consiglio dei ministri vara i rifornimenti a Kiev anche per tutto il 2024. Il dem Guerini, ex Copasir, approva: «Bene la continuità negli aiuti militari»Giuliano Santoro - il Manifesto 20-12-2023 pagina 4 Il consiglio dei ministri ieri ha deciso la proroga per tutto il 2024 «alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti alle autorità governative dell'Ucraina». Dal ministero della difesa sostengono che «il prolungamento del conflitto russo-ucraino, in uno scenario internazionale aggravato dalla crisi mediorientale e dalla guerra tra Israele e Hamas, impone al governo Meloni una scelta di coerenza, di sostegno e, dunque, di proroga degli aiuti all'Ucraina, in linea con gli impegni internazionali assunti dall'Italia in sede Ue e Nato». Lo scopo del decreto, proseguono, è quello di «supportare la popolazione Ucraina, impegnata a difendere la libertà e sovranità della sua nazione, mettendo loro a disposizione, come è stato fatto finora, non solo armi, ma anche equipaggiamenti, gruppi elettrogeni e quanto necessario a sostenere le operazioni militari a difesa di civili inermi». SE GIÀ ERA stato considerato anomalo il decreto con il quale il governo Draghi, fin dal primo giorno di conflitto, garantiva l'invio di armi e attrezzatura ad oltranza, adesso ci limita a disporre una proroga, che dovrà passare una volta sola al vaglio del parlamento. L'ombrello predisposto dal governo Draghi, intanto, vale fino alla fine dell'anno. È ancora in virtù di quel dispositivo che proprio ieri il comitato parlamentare di controllo dei servizi di sicurezza ha audito Crosetto, il quale per un'ora e mezza ha illustrato l'ottavo elenco secretato dei materiali, che pare questa volta contenga anche sistemi contraerei e antidrone. È questo l'espediente che consente di coinvolgere formalmente il parlamento senza affrontare a ogni invio una discussione in aula e un voto alla Camera e al Senato. Non è un caso che il primo a esprimere apprezzamento sia il dem ed ex presidente del Copasir Lorenzo Guerini: «Bene la continuità negli aiuti militari all'Ucraina decisa oggi in consiglio dei ministri per il 2024 – afferma Guerini – Il sostegno all'Ucraina è necessario per giungere a una pace giusta e rispettosa della sovranità territoriale e della libertà del popolo ucraino». Crosetto si mostra un po' preoccupato sulle prospettive future: «I paesi occidentali non pensavano alla guerra e quindi le loro riserve non sono infinite – spiega prima di entrare al Copasir – L'Ucraina sta pagando questo, da una parte, e il fatto che non abbiamo economie di guerra. Non abbiamo trasformato le nostre produzioni in produzioni di armi, cosa che ha fatto la Russia. È uno temi che dovremmo porci nei prossimi incontri alla Nato e all'Unione europea». Secondo i dati del Kiel Institute, il paese che ha investito di più in armi per Kiev sono gli Stati uniti, con 44 miliardi di euro, seguiti dalla Germania (17,1) e dal Regno Unito (6,6). L'Italia, che ha speso 700 milioni, occupa il tredicesimo posto. Ma Roma è ancora più in basso nella graduatoria sulla trasparenza in relazione ai dati disponibili in quest'ambito: ha un indice di 2.2 rispetto a quello massimo di 4.9 raggiunto da Commissione europea, Germania e Islanda: è ventottesima su quarantadue paesi. LA PARTITA è evidentemente anche politica. Non è un mistero che dentro la Lega ci siano alcuni mal di pancia sull'invio di armi. Se davvero il partito di Salvini dovesse votare in blocco si andrebbe dritti a una crisi di governo, visto che lo schieramento atlantico è considerato vitale da Meloni per l'esistenza e il posizionamento internazionale del suo esecutivo. Però ci sono alcuni indizi che fanno pensare a delle piccole forme di precauzione da parte. Il primo è che all'inizio l'ordine del giorno del consiglio dei ministri non contemplava la questione delle armi. Il progetto iniziale pare fosse quello di infilare il testo sul sostegno all'Ucraina dentro il Milleproroghe. Poi però sono subentrate questioni di opportunità politica (una misura talmente importante avrebbe fatto più rumore se nascosta nel gran calderone di inizio anno) e di tattica parlamentare (quella collocazione non forniva comunque sufficienti garanzie). E allora, anche spinti dalla sollecitazioni del Pentagono a «mandare segnali» di sostegno a Kiev, si è scelto per il decreto di ieri, che finirà in aula entro febbraio e che porta anche una firma che assomiglia a un sigillo di garanzia per la coerenza della politica estera meloniana: quella del ministro dell'economia leghista Giancarlo Giorgetti.

_________________________________________________________________

OGGETTO: CONVERTIRE LE SPESE MILITARI E GLI AIUTI DI GUERRA IN INVESTIMENTI SOCIALMENTE ED ECOLOGICAMENTE UTILI

Cara/o Parlamentare, impegnato nella discussione e nell'approvazione della Legge di Bilancio per il 2024

Riteniamo che ci siano serie motivazioni per rifiutare e comunque non rispettare l'obiettivo del 2% del PIL per le spese militari stabilito come standard NATO.

La premessa è che possiamo anche non considerarlo un impegno vincolante, diversamente da come comunemente si crede.

Va considerato – e lo si può fare legittimamente - che la decisione di un paese di rispettare o meno l'obiettivo del 2% del PIL in spese militari deve dipendere dall'esame di una serie di fattori, tra cui la sua situazione economica, le sue priorità politiche e la sua posizione geopolitica.

I Disarmisti esigenti, membri ICAN, rete internazionale insignita nel 2017 del premio Nobel per la pace, ed i loro collaboratori politici, per quanto riguarda le spese militari italiane, propongono una stretta attinenza ai valori e agli obiettivi costituzionali di "ripudio della guerra", che rimandano non ad un modello offensivo e nuclearizzato, meno che mai all'"attrezzarsi per combattere guerre ad alta intensità", come ci comanda, in sostanza, l'ultimo vertice NATO, bensì ad un orientamento difensivo, con primi passi verso il disarmo, e in transizione verso una componente importante di difesa popolare nonviolenta.

Sulla base di tale orientamento strategico e valoriale, che oltretutto gli istituti di sondaggio danno per maggioritario nel popolo italiano, già nel 2024 potremmo operare il taglio di 1/3 della spesa passando dagli oltre 30 (più o meno) previsti dalla legge di Bilancio per il 2024 ai 20 miliardi di spesa annua.

In questa linea risulta più che ovvio opporsi agli aiuti militari ai Paesi in guerra, l'Ucraina per prima, adesso anche Israele.

L'Italia ha fornito un aiuto all'Ucraina che, assommante a un miliardo di euro secondo una recente intervista del ministro Taiani, deve comunque cessare nella sua forma militare.

Reputiamo che siate in grado, molto meglio di quanto possiamo fare noi, con la vostra competenza e con le strutture tecniche di supporto di cui disponete, di tradurre benissimo in emendamenti puntuali e accoglibili, le (SOTTOELENCATE) 10 PROPOSTE DEI DISARMISTI ESIGENTI e dei loro partners politici:

1- Taglio dei fondi per la condivisione nucleare NATO.

2- Taglio del "Fondo per la realizzazione di programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale" e dei programmi militari del MIMIT.

3- Drastica riduzione delle missioni militari (circa 1.500 milioni di euro di spesa) e conversione di gran parte dei loro fondi al Servizio Civile Universale (comunque da riformare), con particolare attenzione ai Corpi Civili di Pace.

4- Una legge nazionale per convertire al civile le produzioni militari. Un caso urgente è la riconversione della RWM.

5- Accoglienza dei giovani in fuga dalle guerre cui concedere asilo politico (campagna Object war)

6- Cooperazione allo sviluppo da portare all'1% del PIL(quindi da triplicare come importo) e consistente contributo al fondo previsto dalle COP per il clima (con la logica della restituzione del debito ecologico)

7- rifinanziare Donne Pace Sicurezza in attuazione della risoluzione Onu n. 1325

8- una legge per l'opzione fiscale (come da campagna SEI PER LA PACE SEI PER MILLE, collegata all'obiezione alle spese militari per la difesa nonviolenta). In generale bisognerebbe trovare il modo di sostenere tutte le obiezioni al "sistema di guerra", nel senso di venire incontro alle loro richieste di alternativa. Segnaliamo in proposito tutta la problematica della finanza etica e della obiezione bancaria.

9- Abbiamo a suo tempo promosso, durante l'imperversare della pandemia da Covid19, un appello on line dal titolo: NO ARSENALI SI OSPEDALI.

10- Investimenti nella pubblica istruzione, indirizzati alle strutture scolastiche, edifici, sicurezza, laboratori scientifici, non virtuali e digitali. L'obiettivo di potenziare l'educazione civica e alla pace va perseguito nel contrasto alle attività che permettono di pubblicizzare l'opzione militare nelle scuole.

GUERRE & PACE La Rivista di informazione internazionale alternativa
Tutti i diritti riservati 2019
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia